‘Ho passato i 9 mesi peggiori della mia vita, e tutti erano felici per me’.
Simona Redana è un’amica: ci siamo conosciute tra i banchi dell’università, dove abbiamo frequentato la stessa specializzazione. Per un po’ ci siamo perse di vista, ma poi ci siamo rincontrate per motivi di lavoro: è a lei che devo il mio ingresso nel mondo del gossip:). E’ mamma di Emma, 2 anni, chiamata affettuosamente “la gnoma”: sul suo arrivo e sulla sua avventura nella maternità ha cominciato a scrivere nel blog “Una mamma in più”, che ha molto successo perché è scritto con verità, senza filtri. Ecco quello che mi ha raccontato.
Simona, una domanda di rito che faccio a tutte le mamme: com’è andata la tua gravidanza? E una volta nata la tua bambina la mamma ideale e la mamma reale sono andate subito d’accordo o si sono prese a “cazzotti”?
La mia è stata una gravidanza assolutamente normale, “fisiologica” come amano dire i medici. Erano normali le nausee, era normale arrivare a pesare 46 kg per 170 cm d’altezza a forza di vomitare, erano normali tutti quei doloretti al basso ventre dei primi mesi, era normale la stanchezza, era normale la sonnolenza, erano normali gli sbagli d’umore, era normale la sciatica, erano normali i dolori atroci ogni volta che mi stendevo, era normale l’insonnia, erano normali perfino le coliche renali (“ma sì signora, in gravidanza capita”). Ho passato i 9 mesi peggiori della mia vita, e tutti erano felici per me. La cosa sembrava un controsenso solo a me? Questo mi sono chiesta quando ho deciso, al sesto mese di gravidanza, di aprire il mio blog unamammainpiu.it. Ed è proprio grazie al mio piccolo spazio online che ho scoperto di non essere certo l’unica donna al mondo a sostenere che… la gravidanza fa schifo. Se poi, come me, non si è nemmeno dotate del famoso – e diciamolo, sopravvalutato – istinto materno, la dolce attesa non potrebbe essere meno dolce. Io poi, da sempre terrorizzata dal parto ho passato praticamente 9 mesi a pensare esclusivamente a quel momento. Quando ho visto quelle due lineette sul test di gravidanza non ho pensato “oddio, avrò un figlio” ma “oddio, questo vuol dire che dovrò partorire!”.
Quella “mamma ideale” di cui mi chiedi, Valentina, per me non è mai esistita. Non mi sono mai immaginata nelle vesti di madre né prima né durante la gravidanza. “Ci penserò quando la bambina sarà nata” dicevo, quando mi veniva chiesto se avevo paura/voglia di diventare mamma. Quando è nata Emma ho imparato a conoscere due emerite sconosciute: quel fagottino, e la mamma che l’aveva partorito. Entrambe mi hanno sorpreso, sia in positivo che in negativo. Ma non avendo mai pensato a loro prima, non avendo nessuna aspettativa, non sono rimasta nemmeno delusa. Da nessuna delle due.
Attraverso il tuo blog hai spesso parlato del tuo percorso di mamma: c’è qualcosa di cui non hai scritto e che tornando indietro, soprattutto in rapporto alla nascita di Emma, vorresti invece dire per condividerlo con le madri che ti seguono?
No, anzi, il mio blog piace – a chi piace – proprio perché dice tutto, ma proprio tutto. Io piaccio – a chi piaccio – proprio perché non inzucchero la pillola e racconto cose che, tra madri, di solito si omettono. Quando chiacchieriamo con le altre mamme al parchetto parliamo della marca di pasta cambio usata, e non del fatto che quel tubetto di crema lo abbiamo comprato solo perché “è una cosa che va fatta” ma in realtà lo abbiamo usato una mezza volta, e giusto perché il bambino stava praticamente andando a fuoco. Parliamo di quanto sono intelligenti e precoci i nostri figli, e non di quanto siano scassacazzi fastidiosi. Da qualche parte, nel mio blog compare persino la frase che ogni mamma pensa e che nessuna dice ad alta voce: “Ma chi me l’ha fatto fare?”.
Hai frequentato il corso pre parto? Ti è servito?
Sì, l’ho frequentato. E non perché pensavo che mi avrebbero rivelato qualcosa che una buona ricerca su Google non mi potesse già dire. Semplicemente perché, come spiegato prima, durante la gravidanza non mi sono mai preoccupata di lei, di Emma. E allora ho pensato di “forzarmi” a dedicare un’oretta a settimana a quella bambina che di lì a poco avrebbe cominciato a far parte della mia vita. Ho lavorato per tutta la gravidanza, fino a tre ore prima del parto, e ho sempre avuto una vita piuttosto attiva. Grazie al corso pre parto avevo una buona scusa per fermarmi, sedermi, e dedicarmi a lei. Il corso mi è servito solo a quello, perché, come capita in molti ospedali, le ostetriche che lo tengono e che descrivono il parto come un poetico momento intimo da vivere in piena libertà, consapevolezza e in armonia con il proprio corpo… non sono le stesse che poi effettivamente ti seguiranno al momento del parto, e che ti metteranno fretta dicendoti “signora le dico io come mettersi così 5 minuti e abbiamo finito che ho altro da fare”.
Ti ritenevi una mamma informata mentre eri incinta? E secondo te – visto che dirigi anche un sito dedicato alle mamme – le mamme di oggi lo sono sufficientemente anche sugli aspetti negativi come la depressione post partum?
Il parto, nel mio caso, è stato proprio come me lo ero immaginato durante la gravidanza. Orribile, doloroso, umiliante. Ma ogni parto è a sé, ho sentito anche di donne che l’hanno vissuto come un momento meraviglioso. Sicuramente, però, noto in molte future mamme primipare una pericolosa tendenza a “vedere tutto rosa”. E non parlo solo del parto – spesso le stesse che si rifiutano di fare la visita per l’epidurale e che si dicono pronte e felici a “partorire con dolore” sono quelle che dopo 20 minuti di travaglio pregano in ginocchio le ostetriche di chiamare l’anestesista – ma anche del post parto. Nemmeno io, con la mia tendenza a vedere tutto nero, riuscivo a immaginarmi come sarebbe stato davvero il dopo.
Ho sempre creduto sulla parola a parenti, amici e mamme in rete che mi raccontavano come ogni dolore svanisse magicamente dopo l’ultima, definitiva spinta. Ci ho creduto davvero. Perché è vero, per alcune donne funziona proprio così. Peccato che le altre, quelle che passano le ore successive al parto contorcendosi nel letto per i dolori all’utero, quelle che non riescono a camminare per giorni e a sedersi senza sentire dolore per settimane, quelle che piangono ogni volta che vanno a fare pipì e quelle che combattono con le conseguenze di una lacerazione/episiotomia per mesi… peccato che quelle donne scelgano spesso di tenere per sé tutto questo. Il motivo? Vergogna, forse. Quando la zia Pina va a trovarle in ospedale e chiede loro come va, si aspetta il classico “Bene zia, sono al settimo cielo!” e non “a zi’, riesco solo a pensare che in questo momento mi scappa la cacca e ho una paura fottuta ad andare in bagno perché temo che mi si riaprano i punti”. Che, si può rispondere così a zia Pina? No. Si opta per la prima risposta e ci si becca la classica pacca sulla spalla.
Per molte donne il post parto è lungo e doloroso, e gli effetti non si fermano al solo puerperio. Ma spesso, nonostante sia proprio quella del post parto la fase più delicata che deve vivere una mamma, ci si preferisce concentrare su gravidanza e parto, dando per scontato che il “dopo” sarà una vera passeggiata. Nei confronti di una donna in dolce attesa c’è fin troppa premura. “Stai seduta tranquilla, ti passo io il sale”, “non ti affaticare, ti raccolgo io le chiavi”, “ma cosa ci fai in piedi? Siediti subito e riposati” ci dicono premurosi parenti e amici, facendoci vivere per 9 mesi nella bambagia. Tutte attenzioni spesso non necessarie, perché una donna incinta preferirebbe che qualcuno le spiegasse come far sparire le emorroidi piuttosto che preoccuparsi di passarle il sale. Ma fa niente, in fondo le coccole non sono mai abbastanza. Peccato che poi, quando nel post parto anche solo sedersi a tavola diventa un’impresa e avremmo davvero bisogno che qualcuno ci passasse il sale, tutti diano per scontato che non siamo più bisognose di aiuti e attenzioni e che l’unico ad averne bisogno sia il bebè. Per non parlare del fatto che, se durante la gravidanza avevamo il tempo di concederci un lungo bagno caldo per alleviare sciatica e stanchezza, durante il puerperio non troviamo neanche il tempo di farci una doccia veloce. Perché c’è lui, il bambino. E giustamente lui ha la priorità.
Io sono convinta che a volte sia proprio questo netto stacco tra la bambagia in cui siamo abituate a vivere durante la gravidanza e il brusco ritorno alla realtà del post parto a poter causare baby blues e depressione.
Hai raccontato di aver vissuto una sorta di depressione pre parto. Ce ne puoi parlare?
Credo di poter dire di aver vissuto una specie di depressione pre-parto. Fin da subito mi sono sentita una madre degenere, concentrata solo sui propri fastidi e sulla dannata paura del parto e per nulla interessata a quel cosino che, nel frattempo, stava aspettando di venire al mondo.
Secondo te come si parla di maternità oggi in Rete?
Di maternità – come ormai di qualsiasi altro argomento – in rete si parla tanto, tantissimo. Ho aperto il portale CiaoMamme.it dedicato a gravidanza, parto, post parto e vita da mamma proprio perché io stessa, durante la “dolce” attesa, mi sono affidata quasi esclusivamente alla rete per reperire notizie e trovare risposte alle mie tante domande. Spesso dubbi, paure e perplessità sorgono quando ci siamo appena chiuse alle spalle la porta del medico per la consueta visita mensile, e allora ci affidiamo al web. Certo è che, anche se quando cerchiamo informazioni su Google sono spesso i forum a primeggiare nei risultati della ricerca, sarebbe meglio affidarci a siti e portali più autorevoli. Per quanto le esperienze e le opinioni di altre mamme possano esserci utili – soprattutto dal punto di vista psicologico – quando si tratta di salute è vietato basarci su dei “secondo me”, “io credo” e “a mia cugina è successo che”. Affidatevi a fonti sicure e, ovviamente, al vostro medico di fiducia. Certo, a meno che non vogliate porre la più classica delle domande che nessuna donna incinta riesce proprio a trattenere: “Ma partorire fa davvero così male?”. In quel caso leggere le opinioni e le esperienze di altre donne può essere interessante. Utile no, ma interessante.
Qual è secondo te la più grossa bugia che si dice sulla maternità?
“Il parto è il momento più bello della vita di una donna”. Mi sono sempre chiesta che diavolo di vita abbia fatto chi si ostina a ripeterlo. Sarò precisina, ma secondo me sarebbe meglio correggere la frase in “Diventare mamma è l’esperienza più bella della vita di una donna”. E quel “diventare mamma” può essere interpretato in diversi modi, ovviamente. C’è chi quel momento meraviglioso lo vive quando il bebè le viene posato per la prima volta in braccio, chi, come me, ci mette un po’ di più e chi, causa depressione post-parto, diventa mamma un po’ più in là. Prima o poi, comunque l’amore arriva, e ci travolge come un treno in corsa. La vita cambia, le priorità cambiano, tutto cambia.
Ma non ditemi che succede durante il parto perché io non ci credo. E soprattutto non ci credo se me lo dite prima o dopo aver partorito. Facciamo così. Entrate in travaglio, aspettate di arrivare a 10 cm – niente epidurale eh? non barate – date due o tre spinte, aspettate che la testa del bambino vi laceri e poco prima dell’ultima spinta, quando ancora la testa si trova metà dentro e metà fuori, digitate il mio numero, aspettate che io risponda – scusate ci metto sempre quei due o tre minuti, sapete, con una bambina… – e allora, solo allora, ditemi che state vivendo l’esperienza più bella della vostra vita. Giuro che se lo farete vi crederò sulla parola.
Tu e tuo marito lavorate da casa: quanto questa organizzazione famigliare è stata utile o meno al nuovo ruolo di genitori?
Tanto, tantissimo. Lavorando da casa e ricominciando a lavorare a pochi giorni dal parto non sarei MAI riuscita a gestire da sola una neonata e le mie 8 ore di lavoro quotidiane. Avere anche mio marito Lorenzo accanto è stato fondamentale. Come tanti papà moderni, Lorenzo si è da subito occupato della bambina: le cambiava il pannolino, le faceva il bagnetto, la cullava durante le notti insonni. L’unica esclusiva che avevo – per ovvie ragioni – era l’allattamento. Per il resto Emma è stata da subito figlia mia e figlia sua allo stesso identico modo.
Avere l’ufficio in casa per una neo mamma ha i suoi vantaggi: pratici (non riuscendo quasi a camminare le prime settimane, andare in ufficio sarebbe stato alquanto difficoltoso), economici (ho potuto ricominciare a lavorare – e quindi a fatturare – a una settimana dal parto), psicologici (per come sono io, fare “solo” la mamma sarebbe stato troppo estraniante, ritornare da subito ad avere a che fare con altri adulti e non vivere di soli rigurgiti e popò mi ha aiutato a sentirmi da subito donna, amica, moglie, professionista oltre che madre). Per non parlare del fatto che ogni qual volta mia figlia aveva bisogno dei suoi genitori o io o mio marito eravamo lì, accanto a lei, pronti a soddisfare ogni sua necessità.
Ma lavorare da casa con una bambina ha ovviamente anche i suoi svantaggi: a differenza della mamma che lavora in ufficio mi è più difficile trovare la giusta concentrazione perché vengo continuamente interrotta da richieste/capricci/bisogni della bimba. Quando Emma ha raggiunto un’età in cui tenerla chiusa in casa per 8 ore in attesa che mamma e papà finissero di lavorare era impossibile – e ingiusto – abbiamo deciso di mandarla al nido per mezza giornata. In questo modo noi abbiamo 5 ore di silenzio assicurato e lei può sfogarsi, giocare all’aria aperta e stare con altri bambini. Il pomeriggio Emma torna a casa, si fa un sonnellino e si sveglia quando noi siamo già a buon punto col lavoro. Insomma, piano piano stiamo riuscendo a far combaciare lavoro, figlia e tempo libero. Non avendo poi una sede lavorativa fissa, possiamo anche prendere i nostri portatili e lavorare dal mare o dalla montagna. Una libertà che ha il suo prezzo (niente lavoro assicurato, niente malattie, niente maternità, tasse da pagare e contratti lavorativi che non ci permettono nemmeno di chiedere un prestito per un’auto in banca), ma alla quale non rinunceremmo mai.
Simona Unamammainpiù: “Troppe attenzioni in gravidanza, ma è il post parto il momento più delicato”
‘Ho passato i 9 mesi peggiori della mia vita, e tutti erano felici per me’.
Simona Redana è un’amica: ci siamo conosciute tra i banchi dell’università, dove abbiamo frequentato la stessa specializzazione. Per un po’ ci siamo perse di vista, ma poi ci siamo rincontrate per motivi di lavoro: è a lei che devo il mio ingresso nel mondo del gossip:). E’ mamma di Emma, 2 anni, chiamata affettuosamente “la gnoma”: sul suo arrivo e sulla sua avventura nella maternità ha cominciato a scrivere nel blog “Una mamma in più”, che ha molto successo perché è scritto con verità, senza filtri. Ecco quello che mi ha raccontato.
Simona, una domanda di rito che faccio a tutte le mamme: com’è andata la tua gravidanza? E una volta nata la tua bambina la mamma ideale e la mamma reale sono andate subito d’accordo o si sono prese a “cazzotti”?
La mia è stata una gravidanza assolutamente normale, “fisiologica” come amano dire i medici. Erano normali le nausee, era normale arrivare a pesare 46 kg per 170 cm d’altezza a forza di vomitare, erano normali tutti quei doloretti al basso ventre dei primi mesi, era normale la stanchezza, era normale la sonnolenza, erano normali gli sbagli d’umore, era normale la sciatica, erano normali i dolori atroci ogni volta che mi stendevo, era normale l’insonnia, erano normali perfino le coliche renali (“ma sì signora, in gravidanza capita”). Ho passato i 9 mesi peggiori della mia vita, e tutti erano felici per me. La cosa sembrava un controsenso solo a me? Questo mi sono chiesta quando ho deciso, al sesto mese di gravidanza, di aprire il mio blog unamammainpiu.it. Ed è proprio grazie al mio piccolo spazio online che ho scoperto di non essere certo l’unica donna al mondo a sostenere che… la gravidanza fa schifo. Se poi, come me, non si è nemmeno dotate del famoso – e diciamolo, sopravvalutato – istinto materno, la dolce attesa non potrebbe essere meno dolce. Io poi, da sempre terrorizzata dal parto ho passato praticamente 9 mesi a pensare esclusivamente a quel momento. Quando ho visto quelle due lineette sul test di gravidanza non ho pensato “oddio, avrò un figlio” ma “oddio, questo vuol dire che dovrò partorire!”.
Quella “mamma ideale” di cui mi chiedi, Valentina, per me non è mai esistita. Non mi sono mai immaginata nelle vesti di madre né prima né durante la gravidanza. “Ci penserò quando la bambina sarà nata” dicevo, quando mi veniva chiesto se avevo paura/voglia di diventare mamma. Quando è nata Emma ho imparato a conoscere due emerite sconosciute: quel fagottino, e la mamma che l’aveva partorito. Entrambe mi hanno sorpreso, sia in positivo che in negativo. Ma non avendo mai pensato a loro prima, non avendo nessuna aspettativa, non sono rimasta nemmeno delusa. Da nessuna delle due.
Attraverso il tuo blog hai spesso parlato del tuo percorso di mamma: c’è qualcosa di cui non hai scritto e che tornando indietro, soprattutto in rapporto alla nascita di Emma, vorresti invece dire per condividerlo con le madri che ti seguono?
No, anzi, il mio blog piace – a chi piace – proprio perché dice tutto, ma proprio tutto. Io piaccio – a chi piaccio – proprio perché non inzucchero la pillola e racconto cose che, tra madri, di solito si omettono. Quando chiacchieriamo con le altre mamme al parchetto parliamo della marca di pasta cambio usata, e non del fatto che quel tubetto di crema lo abbiamo comprato solo perché “è una cosa che va fatta” ma in realtà lo abbiamo usato una mezza volta, e giusto perché il bambino stava praticamente andando a fuoco. Parliamo di quanto sono intelligenti e precoci i nostri figli, e non di quanto siano scassacazzi fastidiosi. Da qualche parte, nel mio blog compare persino la frase che ogni mamma pensa e che nessuna dice ad alta voce: “Ma chi me l’ha fatto fare?”.
Hai frequentato il corso pre parto? Ti è servito?
Sì, l’ho frequentato. E non perché pensavo che mi avrebbero rivelato qualcosa che una buona ricerca su Google non mi potesse già dire. Semplicemente perché, come spiegato prima, durante la gravidanza non mi sono mai preoccupata di lei, di Emma. E allora ho pensato di “forzarmi” a dedicare un’oretta a settimana a quella bambina che di lì a poco avrebbe cominciato a far parte della mia vita. Ho lavorato per tutta la gravidanza, fino a tre ore prima del parto, e ho sempre avuto una vita piuttosto attiva. Grazie al corso pre parto avevo una buona scusa per fermarmi, sedermi, e dedicarmi a lei. Il corso mi è servito solo a quello, perché, come capita in molti ospedali, le ostetriche che lo tengono e che descrivono il parto come un poetico momento intimo da vivere in piena libertà, consapevolezza e in armonia con il proprio corpo… non sono le stesse che poi effettivamente ti seguiranno al momento del parto, e che ti metteranno fretta dicendoti “signora le dico io come mettersi così 5 minuti e abbiamo finito che ho altro da fare”.
Ti ritenevi una mamma informata mentre eri incinta? E secondo te – visto che dirigi anche un sito dedicato alle mamme – le mamme di oggi lo sono sufficientemente anche sugli aspetti negativi come la depressione post partum?
Il parto, nel mio caso, è stato proprio come me lo ero immaginato durante la gravidanza. Orribile, doloroso, umiliante. Ma ogni parto è a sé, ho sentito anche di donne che l’hanno vissuto come un momento meraviglioso. Sicuramente, però, noto in molte future mamme primipare una pericolosa tendenza a “vedere tutto rosa”. E non parlo solo del parto – spesso le stesse che si rifiutano di fare la visita per l’epidurale e che si dicono pronte e felici a “partorire con dolore” sono quelle che dopo 20 minuti di travaglio pregano in ginocchio le ostetriche di chiamare l’anestesista – ma anche del post parto. Nemmeno io, con la mia tendenza a vedere tutto nero, riuscivo a immaginarmi come sarebbe stato davvero il dopo.
Ho sempre creduto sulla parola a parenti, amici e mamme in rete che mi raccontavano come ogni dolore svanisse magicamente dopo l’ultima, definitiva spinta. Ci ho creduto davvero. Perché è vero, per alcune donne funziona proprio così. Peccato che le altre, quelle che passano le ore successive al parto contorcendosi nel letto per i dolori all’utero, quelle che non riescono a camminare per giorni e a sedersi senza sentire dolore per settimane, quelle che piangono ogni volta che vanno a fare pipì e quelle che combattono con le conseguenze di una lacerazione/episiotomia per mesi… peccato che quelle donne scelgano spesso di tenere per sé tutto questo. Il motivo? Vergogna, forse. Quando la zia Pina va a trovarle in ospedale e chiede loro come va, si aspetta il classico “Bene zia, sono al settimo cielo!” e non “a zi’, riesco solo a pensare che in questo momento mi scappa la cacca e ho una paura fottuta ad andare in bagno perché temo che mi si riaprano i punti”. Che, si può rispondere così a zia Pina? No. Si opta per la prima risposta e ci si becca la classica pacca sulla spalla.
Per molte donne il post parto è lungo e doloroso, e gli effetti non si fermano al solo puerperio. Ma spesso, nonostante sia proprio quella del post parto la fase più delicata che deve vivere una mamma, ci si preferisce concentrare su gravidanza e parto, dando per scontato che il “dopo” sarà una vera passeggiata. Nei confronti di una donna in dolce attesa c’è fin troppa premura. “Stai seduta tranquilla, ti passo io il sale”, “non ti affaticare, ti raccolgo io le chiavi”, “ma cosa ci fai in piedi? Siediti subito e riposati” ci dicono premurosi parenti e amici, facendoci vivere per 9 mesi nella bambagia. Tutte attenzioni spesso non necessarie, perché una donna incinta preferirebbe che qualcuno le spiegasse come far sparire le emorroidi piuttosto che preoccuparsi di passarle il sale. Ma fa niente, in fondo le coccole non sono mai abbastanza. Peccato che poi, quando nel post parto anche solo sedersi a tavola diventa un’impresa e avremmo davvero bisogno che qualcuno ci passasse il sale, tutti diano per scontato che non siamo più bisognose di aiuti e attenzioni e che l’unico ad averne bisogno sia il bebè. Per non parlare del fatto che, se durante la gravidanza avevamo il tempo di concederci un lungo bagno caldo per alleviare sciatica e stanchezza, durante il puerperio non troviamo neanche il tempo di farci una doccia veloce. Perché c’è lui, il bambino. E giustamente lui ha la priorità.
Io sono convinta che a volte sia proprio questo netto stacco tra la bambagia in cui siamo abituate a vivere durante la gravidanza e il brusco ritorno alla realtà del post parto a poter causare baby blues e depressione.
Hai raccontato di aver vissuto una sorta di depressione pre parto. Ce ne puoi parlare?
Credo di poter dire di aver vissuto una specie di depressione pre-parto. Fin da subito mi sono sentita una madre degenere, concentrata solo sui propri fastidi e sulla dannata paura del parto e per nulla interessata a quel cosino che, nel frattempo, stava aspettando di venire al mondo.
Secondo te come si parla di maternità oggi in Rete?
Di maternità – come ormai di qualsiasi altro argomento – in rete si parla tanto, tantissimo. Ho aperto il portale CiaoMamme.it dedicato a gravidanza, parto, post parto e vita da mamma proprio perché io stessa, durante la “dolce” attesa, mi sono affidata quasi esclusivamente alla rete per reperire notizie e trovare risposte alle mie tante domande. Spesso dubbi, paure e perplessità sorgono quando ci siamo appena chiuse alle spalle la porta del medico per la consueta visita mensile, e allora ci affidiamo al web. Certo è che, anche se quando cerchiamo informazioni su Google sono spesso i forum a primeggiare nei risultati della ricerca, sarebbe meglio affidarci a siti e portali più autorevoli. Per quanto le esperienze e le opinioni di altre mamme possano esserci utili – soprattutto dal punto di vista psicologico – quando si tratta di salute è vietato basarci su dei “secondo me”, “io credo” e “a mia cugina è successo che”. Affidatevi a fonti sicure e, ovviamente, al vostro medico di fiducia. Certo, a meno che non vogliate porre la più classica delle domande che nessuna donna incinta riesce proprio a trattenere: “Ma partorire fa davvero così male?”. In quel caso leggere le opinioni e le esperienze di altre donne può essere interessante. Utile no, ma interessante.
Qual è secondo te la più grossa bugia che si dice sulla maternità?
“Il parto è il momento più bello della vita di una donna”. Mi sono sempre chiesta che diavolo di vita abbia fatto chi si ostina a ripeterlo. Sarò precisina, ma secondo me sarebbe meglio correggere la frase in “Diventare mamma è l’esperienza più bella della vita di una donna”. E quel “diventare mamma” può essere interpretato in diversi modi, ovviamente. C’è chi quel momento meraviglioso lo vive quando il bebè le viene posato per la prima volta in braccio, chi, come me, ci mette un po’ di più e chi, causa depressione post-parto, diventa mamma un po’ più in là. Prima o poi, comunque l’amore arriva, e ci travolge come un treno in corsa. La vita cambia, le priorità cambiano, tutto cambia.
Ma non ditemi che succede durante il parto perché io non ci credo. E soprattutto non ci credo se me lo dite prima o dopo aver partorito. Facciamo così. Entrate in travaglio, aspettate di arrivare a 10 cm – niente epidurale eh? non barate – date due o tre spinte, aspettate che la testa del bambino vi laceri e poco prima dell’ultima spinta, quando ancora la testa si trova metà dentro e metà fuori, digitate il mio numero, aspettate che io risponda – scusate ci metto sempre quei due o tre minuti, sapete, con una bambina… – e allora, solo allora, ditemi che state vivendo l’esperienza più bella della vostra vita. Giuro che se lo farete vi crederò sulla parola.
Tu e tuo marito lavorate da casa: quanto questa organizzazione famigliare è stata utile o meno al nuovo ruolo di genitori?
Tanto, tantissimo. Lavorando da casa e ricominciando a lavorare a pochi giorni dal parto non sarei MAI riuscita a gestire da sola una neonata e le mie 8 ore di lavoro quotidiane. Avere anche mio marito Lorenzo accanto è stato fondamentale. Come tanti papà moderni, Lorenzo si è da subito occupato della bambina: le cambiava il pannolino, le faceva il bagnetto, la cullava durante le notti insonni. L’unica esclusiva che avevo – per ovvie ragioni – era l’allattamento. Per il resto Emma è stata da subito figlia mia e figlia sua allo stesso identico modo.
Avere l’ufficio in casa per una neo mamma ha i suoi vantaggi: pratici (non riuscendo quasi a camminare le prime settimane, andare in ufficio sarebbe stato alquanto difficoltoso), economici (ho potuto ricominciare a lavorare – e quindi a fatturare – a una settimana dal parto), psicologici (per come sono io, fare “solo” la mamma sarebbe stato troppo estraniante, ritornare da subito ad avere a che fare con altri adulti e non vivere di soli rigurgiti e popò mi ha aiutato a sentirmi da subito donna, amica, moglie, professionista oltre che madre). Per non parlare del fatto che ogni qual volta mia figlia aveva bisogno dei suoi genitori o io o mio marito eravamo lì, accanto a lei, pronti a soddisfare ogni sua necessità.
Ma lavorare da casa con una bambina ha ovviamente anche i suoi svantaggi: a differenza della mamma che lavora in ufficio mi è più difficile trovare la giusta concentrazione perché vengo continuamente interrotta da richieste/capricci/bisogni della bimba. Quando Emma ha raggiunto un’età in cui tenerla chiusa in casa per 8 ore in attesa che mamma e papà finissero di lavorare era impossibile – e ingiusto – abbiamo deciso di mandarla al nido per mezza giornata. In questo modo noi abbiamo 5 ore di silenzio assicurato e lei può sfogarsi, giocare all’aria aperta e stare con altri bambini. Il pomeriggio Emma torna a casa, si fa un sonnellino e si sveglia quando noi siamo già a buon punto col lavoro. Insomma, piano piano stiamo riuscendo a far combaciare lavoro, figlia e tempo libero. Non avendo poi una sede lavorativa fissa, possiamo anche prendere i nostri portatili e lavorare dal mare o dalla montagna. Una libertà che ha il suo prezzo (niente lavoro assicurato, niente malattie, niente maternità, tasse da pagare e contratti lavorativi che non ci permettono nemmeno di chiedere un prestito per un’auto in banca), ma alla quale non rinunceremmo mai.
Foto credits: Simona Redana
unamammainpiu.blogspot.it
Valentina Colmi
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