‘Non avevo pazienza, mi sentivo prigioniera di un neonato. Vivevo malissimo la limitazione della mia libertà personale (…) La relazione con lui era iniziata in modo difficile e solo dopo tre o quattro mesi mi sono sentita veramente la sua mamma’.
Veronica Viganò è conosciuta in rete con il suo blog Manager di me stessa; in realtà lei manager lo era davvero, fino a quando ha lasciato il lavoro ed è diventata una blogger professionista. Dal 2008 – anno in cui è nato il suo secondo figlio – è tra le altre cose web writer, social media specialist e curatrice di una rubrica radiofonica intitolata “Mamma Manager”. Ecco che cosa mi ha raccontato della sua esperienza di maternità.
Veronica, una domanda di rito che faccio a tutte le mamme con cui parlo: come sono andate le tue gravidanze e com’è stato l’incontro con i tuoi figli? La mamma ideale e la mamma reale sono andate subito d’accordo oppure vi siete prese a pugni?
Nonostante tutto quello che mi avevano detto e gli allarmismi di certi articoli sulle riviste, le mie gravidanze sono andate benissimo, anzi, in entrambi i casi ero fisicamente in uno stato di grazia.
Ho capito che non dovevo farmi influenzare troppo dalle opinioni e dalle esperienze negative intorno a me. Ciascuno di noi fa caso a sè. Non mi sono mai fasciata la testa prima del tempo, l’importante era farmi trovare pronta e serena di fronte a ciò che sarebbe accaduto.
In effetti, non avere alcuna idea del tipo di mamma che sarei stata mi ha aiutata molto. Avrei recitato a soggetto. Quando mi assaliva qualche dubbio mi confortava pensare che miliardi di donne avevano dato alla luce ed allevato figli prima di me e che perciò ce l’avrei fatta anch’io, in modo naturale.
Ciò nonostante, anche se non avevo una mamma ideale in testa, la realtà è stata molto dura. Dopo un cesareo e cinque giorni di degenza tremendi, sono uscita dall’ospedale piangendo disperata. Mio figlio non ne voleva sapere di attaccarsi e i medici erano stati inflessibili: nessuna aggiunta di latte artificiale. Il bambino piangeva affamato, io per la mancanza di sonno e latte. Un disastro.
La presenza di mio marito è stata fondamentale. Dopo una settimana di sfinimento è stato lui a decidere di comprare quel benedetto latte artificiale e la vita è ripresa con ritmi più umani.
Hai mai avuto momenti di sconforto, tanto da dire “chi me lo ha fatto fare”?
Assolutamente sì, quando il mio primogenito era un neonato nervoso ed urlante.
Ricordo benissimo una mattina afosa d’estate. Il bambino ha iniziato a piangere e io non capivo se avesse caldo, fame o sete. Siccome era reduce da un periodo di coliche a causa delle quali continuava a piangere e io dovevo consolarlo per ore, ero esasperata. L’ho preso dal lettino e ho imprecato: “Quanto mai ti ho messo al mondo!”.
Mio marito, che era impegnato in un’altra stanza, è uscito immediatamente e mi ha dato della pazza. Cosa mi permettevo di dire? Non stavo esagerando?
Mi sono vergognata così tanto di quella frase, sebbene giustificata dalla stanchezza, che da allora il mio atteggiamento nei confronti di mio figlio è cambiato radicalmente.
Non avevo pazienza, mi sentivo prigioniera di un neonato. Vivevo malissimo la limitazione della mia libertà personale, non mi piaceva tenerlo troppo in braccio e lui voleva solo quello. Se almeno fosse stato più tranquillo… La relazione con lui era iniziata in modo difficile e solo dopo tre o quattro mesi mi sono sentita veramente la sua mamma.
Hai frequentato il corso preparto? Pensi che ti sia stato utile?
Ho frequentato il corso preparto dell’ospedale in cui ho partorito, per conoscerlo meglio e sentirmi più preparata. A posteriori non lo rifarei nè lo consiglierei, anche se sono passati un po’ di anni e forse oggi è diverso.
Al corso le ostetriche e le mamme si focalizzano moltissimo sugli aspetti tecnici del parto, sulla gestione del dolore fisico, che oggi è il chiodo fisso e lo spauracchio delle donne, quando invece si dovrebbe parlare di tutt’altro.
In primis degli aspetti psicologici della maternità. Partoriamo per natura, ma diventiamo mamme solo con il tempo e non dobbiamo sentirci in colpa se non entriamo subito in sintonia con il bambino.
Diventare mamma all’inizio è perdere la libertà personale, di movimento, di coppia. Può essere perdere il lavoro o avere problemi di lavoro. Può essere non dormire la notte e sentirsi stanchi di giorno. Può essere questo e altro ancora.
Consiglierei alle future mamme dei corsi più mirati, con professionalità integrate, non solo medici ma anche psicologi. Inoltre è essenziale conoscere e frequentare altre mamme, stringere nuove amicizie. All’epoca io non conoscevo nessuno e solo la mia grande forza d’animo mi ha permesso di stare da sola per intere giornate, senza frequentare altri adulti.
Per fortuna oggi si parla tranquillamente di questi problemi, senza alcun senso di colpa, e sono sorti molti centri specifici per accompagnare le mamme nel difficile percorso della maternità.
Ti ritenevi una mamma informata durante le tue gravidanze anche sugli aspetti meno piacevoli della maternità?
Assolutamente no. Come dicevo prima, tutta l’attenzione era focalizzata sugli aspetti medici e questo è un errore, di cui abbiamo responsabilità anche noi mamme.
Tu hai scelto di parlare alle mamme usando l’ironia. Ritieni che questo sia il linguaggio più adatto per parlare di maternità fuori dagli schemi?
Io sono una persona ironica e questo è il mio linguaggio. In generale approvo che certi argomenti siano trattati con maggiore leggerezza se serve a sdrammatizzarli.
Oggi però mi sembra che con l’ironia a tutti i costi che si trova un po’ dappertutto, blog e libri, si stia un po’ esagerando. Il rischio è di cadere in nuovi stereotipi. Ci sono argomenti che a volte è meglio trattare con equilibrio e serietà, senza eccedere nel battutismo.
Che idea di sei fatta delle mamme di oggi anche grazie alla tua esperienza in Rete?
Penso che la Rete rappresenti il mondo così com’è al di là della Rete. Ci sono le ansiose, le tranquille, quelle che parlano solo di malattie…
Per me è stata fondamentale per stringere molte amicizie proprio in una fase della mia vita in cui invece vivevo isolata da tutto. Non l’avevo programmato e tutto è accaduto molto in fretta, come una sorpresa.
Le mamme della mia età, sui quarant’anni, oggi usano Internet per essere informate e parlare di educazione. Le mamme più giovani invece, così come ai miei tempi, usano la Rete per uscire dalla solitudine e darsi consigli più pratici. Certe necessità restano uguali a se stesse, così come l’esperienza della maternità.
Qual è secondo te la più grossa bugia che viene raccontata sulla maternità?
Che quando prenderai in braccio tuo figlio la prima volta lui si attaccherà subito al tuo seno e tu ti sentirai subito la sua mamma.
Veronica Viganò, “Corsi più mirati all’aspetto psicologico per le future mamme”
‘Non avevo pazienza, mi sentivo prigioniera di un neonato. Vivevo malissimo la limitazione della mia libertà personale (…) La relazione con lui era iniziata in modo difficile e solo dopo tre o quattro mesi mi sono sentita veramente la sua mamma’.
Veronica Viganò è conosciuta in rete con il suo blog Manager di me stessa; in realtà lei manager lo era davvero, fino a quando ha lasciato il lavoro ed è diventata una blogger professionista. Dal 2008 – anno in cui è nato il suo secondo figlio – è tra le altre cose web writer, social media specialist e curatrice di una rubrica radiofonica intitolata “Mamma Manager”. Ecco che cosa mi ha raccontato della sua esperienza di maternità.
Veronica, una domanda di rito che faccio a tutte le mamme con cui parlo: come sono andate le tue gravidanze e com’è stato l’incontro con i tuoi figli? La mamma ideale e la mamma reale sono andate subito d’accordo oppure vi siete prese a pugni?
Nonostante tutto quello che mi avevano detto e gli allarmismi di certi articoli sulle riviste, le mie gravidanze sono andate benissimo, anzi, in entrambi i casi ero fisicamente in uno stato di grazia.
Ho capito che non dovevo farmi influenzare troppo dalle opinioni e dalle esperienze negative intorno a me. Ciascuno di noi fa caso a sè. Non mi sono mai fasciata la testa prima del tempo, l’importante era farmi trovare pronta e serena di fronte a ciò che sarebbe accaduto.
In effetti, non avere alcuna idea del tipo di mamma che sarei stata mi ha aiutata molto. Avrei recitato a soggetto. Quando mi assaliva qualche dubbio mi confortava pensare che miliardi di donne avevano dato alla luce ed allevato figli prima di me e che perciò ce l’avrei fatta anch’io, in modo naturale.
Ciò nonostante, anche se non avevo una mamma ideale in testa, la realtà è stata molto dura. Dopo un cesareo e cinque giorni di degenza tremendi, sono uscita dall’ospedale piangendo disperata. Mio figlio non ne voleva sapere di attaccarsi e i medici erano stati inflessibili: nessuna aggiunta di latte artificiale. Il bambino piangeva affamato, io per la mancanza di sonno e latte. Un disastro.
La presenza di mio marito è stata fondamentale. Dopo una settimana di sfinimento è stato lui a decidere di comprare quel benedetto latte artificiale e la vita è ripresa con ritmi più umani.
Hai mai avuto momenti di sconforto, tanto da dire “chi me lo ha fatto fare”?
Assolutamente sì, quando il mio primogenito era un neonato nervoso ed urlante.
Ricordo benissimo una mattina afosa d’estate. Il bambino ha iniziato a piangere e io non capivo se avesse caldo, fame o sete. Siccome era reduce da un periodo di coliche a causa delle quali continuava a piangere e io dovevo consolarlo per ore, ero esasperata. L’ho preso dal lettino e ho imprecato: “Quanto mai ti ho messo al mondo!”.
Mio marito, che era impegnato in un’altra stanza, è uscito immediatamente e mi ha dato della pazza. Cosa mi permettevo di dire? Non stavo esagerando?
Mi sono vergognata così tanto di quella frase, sebbene giustificata dalla stanchezza, che da allora il mio atteggiamento nei confronti di mio figlio è cambiato radicalmente.
Non avevo pazienza, mi sentivo prigioniera di un neonato. Vivevo malissimo la limitazione della mia libertà personale, non mi piaceva tenerlo troppo in braccio e lui voleva solo quello. Se almeno fosse stato più tranquillo… La relazione con lui era iniziata in modo difficile e solo dopo tre o quattro mesi mi sono sentita veramente la sua mamma.
Hai frequentato il corso preparto? Pensi che ti sia stato utile?
Ho frequentato il corso preparto dell’ospedale in cui ho partorito, per conoscerlo meglio e sentirmi più preparata. A posteriori non lo rifarei nè lo consiglierei, anche se sono passati un po’ di anni e forse oggi è diverso.
Al corso le ostetriche e le mamme si focalizzano moltissimo sugli aspetti tecnici del parto, sulla gestione del dolore fisico, che oggi è il chiodo fisso e lo spauracchio delle donne, quando invece si dovrebbe parlare di tutt’altro.
In primis degli aspetti psicologici della maternità. Partoriamo per natura, ma diventiamo mamme solo con il tempo e non dobbiamo sentirci in colpa se non entriamo subito in sintonia con il bambino.
Diventare mamma all’inizio è perdere la libertà personale, di movimento, di coppia. Può essere perdere il lavoro o avere problemi di lavoro. Può essere non dormire la notte e sentirsi stanchi di giorno. Può essere questo e altro ancora.
Consiglierei alle future mamme dei corsi più mirati, con professionalità integrate, non solo medici ma anche psicologi. Inoltre è essenziale conoscere e frequentare altre mamme, stringere nuove amicizie. All’epoca io non conoscevo nessuno e solo la mia grande forza d’animo mi ha permesso di stare da sola per intere giornate, senza frequentare altri adulti.
Per fortuna oggi si parla tranquillamente di questi problemi, senza alcun senso di colpa, e sono sorti molti centri specifici per accompagnare le mamme nel difficile percorso della maternità.
Ti ritenevi una mamma informata durante le tue gravidanze anche sugli aspetti meno piacevoli della maternità?
Assolutamente no. Come dicevo prima, tutta l’attenzione era focalizzata sugli aspetti medici e questo è un errore, di cui abbiamo responsabilità anche noi mamme.
Tu hai scelto di parlare alle mamme usando l’ironia. Ritieni che questo sia il linguaggio più adatto per parlare di maternità fuori dagli schemi?
Io sono una persona ironica e questo è il mio linguaggio. In generale approvo che certi argomenti siano trattati con maggiore leggerezza se serve a sdrammatizzarli.
Oggi però mi sembra che con l’ironia a tutti i costi che si trova un po’ dappertutto, blog e libri, si stia un po’ esagerando. Il rischio è di cadere in nuovi stereotipi. Ci sono argomenti che a volte è meglio trattare con equilibrio e serietà, senza eccedere nel battutismo.
Che idea di sei fatta delle mamme di oggi anche grazie alla tua esperienza in Rete?
Penso che la Rete rappresenti il mondo così com’è al di là della Rete. Ci sono le ansiose, le tranquille, quelle che parlano solo di malattie…
Per me è stata fondamentale per stringere molte amicizie proprio in una fase della mia vita in cui invece vivevo isolata da tutto. Non l’avevo programmato e tutto è accaduto molto in fretta, come una sorpresa.
Le mamme della mia età, sui quarant’anni, oggi usano Internet per essere informate e parlare di educazione. Le mamme più giovani invece, così come ai miei tempi, usano la Rete per uscire dalla solitudine e darsi consigli più pratici. Certe necessità restano uguali a se stesse, così come l’esperienza della maternità.
Qual è secondo te la più grossa bugia che viene raccontata sulla maternità?
Che quando prenderai in braccio tuo figlio la prima volta lui si attaccherà subito al tuo seno e tu ti sentirai subito la sua mamma.
Foto credits: dal web managerdimestessa.com
Valentina Colmi
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