Esiste un legame tra l’insorgenza della depressione post partum e la degenza in ospedale? Ci ho riflettuto dopo che mio papà mi ha detto che secondo lui non avrei avuto la dpp se mi fossi trovata bene con i medici e il personale dell’ospedale in cui ho partorito.
E’ certamente vero che ho un pessimo ricordo di quello che mi è capitato in quei giorni: non ho dormito per tre notti di fila; la bambina piangeva senza un perché (almeno secondo me) e quando chiamavo un’ostetrica mi diceva di tenerla lì; per non parlare del fatto che – nonostante i punti e la flebo – dovevo cambiare io Paola mentre era al nido.
Però credo che questo non basti e francamente ritengo che mio papà – e chissà quanti come lui – semplifichino il problema. Purtroppo non basta avere una degenza senza umanità per far insorgere la depressione. Nei racconti di molte mamme ho comunque trovato questo riscontro simile: in ospedale non sono state trattate come si suppone venga trattata una donna che ha appena avuto un bambino.
Su questo bisognerebbe aprire una luuuunga parentesi, ma dalla mia esperienza la depressione post partum non si può ridurre ad un schema preconfezionato: “se fai così, stai sicura che non ti viene”. Magari esistessero delle ricette per evitarsi tutto quel dolore e quel dispiacere!
Sarebbe bello in ogni modo che gli operatori sanitari, soprattutto quelli che stanno nel puerperio, fossero più formati in materia di maternità (sebbene la vivano tutti i giorni). Si eviterebbero tante superficialità e aspettative irrealistiche. Io ricordo ad esempio che mi rompevano fino allo sfinimento sull’allattamento al seno e nessuna mi chiedeva “come sta signora? come si sente?”.
Forse la depressione post partum mi sarebbe venuta ugualmente, ma almeno mi sarei sentita più accolta in un mondo totalmente sconosciuto.
Depressione post partum e degenza in ospedale: quanto conta?
Esiste un legame tra l’insorgenza della depressione post partum e la degenza in ospedale? Ci ho riflettuto dopo che mio papà mi ha detto che secondo lui non avrei avuto la dpp se mi fossi trovata bene con i medici e il personale dell’ospedale in cui ho partorito.
E’ certamente vero che ho un pessimo ricordo di quello che mi è capitato in quei giorni: non ho dormito per tre notti di fila; la bambina piangeva senza un perché (almeno secondo me) e quando chiamavo un’ostetrica mi diceva di tenerla lì; per non parlare del fatto che – nonostante i punti e la flebo – dovevo cambiare io Paola mentre era al nido.
Però credo che questo non basti e francamente ritengo che mio papà – e chissà quanti come lui – semplifichino il problema. Purtroppo non basta avere una degenza senza umanità per far insorgere la depressione. Nei racconti di molte mamme ho comunque trovato questo riscontro simile: in ospedale non sono state trattate come si suppone venga trattata una donna che ha appena avuto un bambino.
Su questo bisognerebbe aprire una luuuunga parentesi, ma dalla mia esperienza la depressione post partum non si può ridurre ad un schema preconfezionato: “se fai così, stai sicura che non ti viene”. Magari esistessero delle ricette per evitarsi tutto quel dolore e quel dispiacere!
Sarebbe bello in ogni modo che gli operatori sanitari, soprattutto quelli che stanno nel puerperio, fossero più formati in materia di maternità (sebbene la vivano tutti i giorni). Si eviterebbero tante superficialità e aspettative irrealistiche. Io ricordo ad esempio che mi rompevano fino allo sfinimento sull’allattamento al seno e nessuna mi chiedeva “come sta signora? come si sente?”.
Forse la depressione post partum mi sarebbe venuta ugualmente, ma almeno mi sarei sentita più accolta in un mondo totalmente sconosciuto.
Foto credits: dal web
Valentina Colmi
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