‘C’è molto, troppo pudore nel raccontare la verità, soprattutto la verità dei primi mesi…non capirò mai il perché, non capirò mai a quale competizione noi mamme stiamo inconsapevolmente partecipando, che ci impedisce di essere sincere tra di noi su quanto a volte sia difficile’.
La maternità ha tante facce e ognuna dovrebbe essere libera di viverla come dicevo qui in maniera “Taylor Made”, su misura. Oggi ospito Laura, una madre con uno sguardo aperto sul mondo grazie al suo lavoro che l’ha portata a vivere per diversi anni all’estero, ma non solo. Ha scelto di far nascere sua figlia Anita attraverso un parto in casa. Una pratica oggi considerata inusuale, mentre solo fino a 50 anni fa era la norma (a tal proposito vi consiglio il bellissimo libro di Jennifer Worth “Chiamate la levatrice“). Prendetevi del tempo per leggere questa chiacchierata: ci sono un sacco di cose da imparare.
Laura mi potresti raccontare un po’ di te: chi sei, che lavoro fai?
Ho 32 anni, da 7 anni lavoro nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, gestendo progetti per ONG, in particolare sul tema della nutrizione e della salute. Ho lavorato alcuni anni in Argentina e in Vietnam negli ultimi 3 anni. Anche mio marito fa lo stesso lavoro, il che ci ha portato parecchio in giro, non è facile gestire questo lavoro in due. A novembre 2012 è nata Anita, la nostra bambina.
La nascita di tua figlia Anita è avvenuta in casa: come mai questa scelta?
Posso partire un po’ da lontano?? Diciamo che mi sono avvicinata a questa decisione lentamente, anche se mi girava nella testa da sempre, da prima ancora di rimanere incinta. I primi mesi sono stati strani, come per molte credo. Sei in un vortice, sei felice ma ancora non ci credi e la cosa ti fa paura allo stesso tempo. Quando mi sono recata dalla ginecologa per la prima volta sono rimasta un po’ colpita dall’approccio e da una tabella di marcia decisamente invasiva di esami, visite ed ecografie per i seguenti 8 mesi. Poi inizi a chiedere, e leggere e quello che ottieni è solo confonderti ancora di più le idee.
Allora ho deciso di non chiedere più a nessuno, di seguire quell’inquietudine che avevo percepito durante quella prima visita e di partire da un approccio un po’ più “scientifico”, se vogliamo, partendo cioè dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E scopri un sacco di cose…sugli esami diagnostici precoci (e quindi inutili), sugli eccessi di ecografie (quando quelle necessarie sono solo 3 in tutta la gravidanza), sulla curva glicemica che ti fanno fare di default (ma che invece negli altri Paesi europei viene prescritta solo in presenza di condizioni ben precise…), sulle manovre che per legge sono vietate durante il parto, sui criteri per il cesareo, che a volte non si rivela così necessario come secondo alcuni ginecologi, sul tuo diritto a partorire tuo figlio o tua figlia come vuoi e di avanzare richieste alla struttura ospedaliera che hai scelto, sul tuo diritto di rifiutare episiotomia, visite interne, bagnetto dopo la nascita…insomma, un mondo che si da per scontato e che é costruito in buona parte su pregiudizi e rappresentazioni che non sempre sono lo specchio dell’interesse della donna e del bambino, quanto piuttosto di prassi antiche consolidate che non trovano però evidenza scientifica, che si costruiscono sull’inconsapevolezza e spesso la mancata informazione di noi donne e rispondono sempre al solito vecchio dio denaro, da cui la salute non è esente e la gravidanza ancora meno, purtroppo..
Così ho deciso di affidarmi ad un’ostetrica invece che ad una ginecologa, figura che nasce proprio per accompagnare la donna in questo momento della sua vita. Da questa scelta a quella del parto in casa, il passo è stato breve, anzi brevissimo. Anche con mio marito non c’è quasi stato bisogno di parlarne, rispondeva alla necessità di entrambi.
L’ho scelto perché ritengo che in presenza di una gravidanza fisiologica come era il mio caso (e quindi in assenza di patologie particolari per me e per mia figlia) la gravidanza ed il parto fossero momenti che io volevo vivere in libertà e con un approccio diverso, non medico. Continuo a chiedermi cosa abbia a che fare la gravidanza fisiologica con l’ospedale, il medico, il ginecologo…non lo considero un evento medico, bensì un evento naturale. La mia volontà, inoltre, era di voler preservare il parto di mia figlia come un evento il più possibile lontano da intromissioni esterne non necessarie, quindi sapevo anche che non avrei voluto l’epidurale, così ho optato per un parto a casa.
Ci puoi raccontare come si è svolto il parto?
Riassumendo in due parole? Più lungo e più doloroso i quanto mi fossi mai immaginata! Ma come si fa poi alla fine ad immaginarsi un evento come il parto, quando non lo si è ancora vissuto…Ho avuto una fase di prodromi molto lunghi che mi hanno stancato parecchio, diciamo pure distrutto, ma di cui ho un ricordo molto bello e a tratti quasi comico: in casa, abbuffandomi di qualsiasi cibo mi capitasse tra le mani, con gente della mia famiglia che andava e veniva cercando di mantenere la routine quotidiana e sempre accompagnata dallo sguardo e dalle braccia di mio marito.
La fase del travaglio più avanzata è stata pure lunga, mi sono dilatata con tempi molto lunghi, è stato estremamente faticoso. Faccio fatica in realtà a raccontare con maggiore precisione, di quel giorno e mezzo ho ricordi spezzati, flash, tempi dilatati…ricordo varie docce calde, il tempo nella piscinetta gonfiata in cucina e che mio marito continuava a riempire di acqua tiepida, ricordo mia madre e mia suocera che si aggiravano discrete per casa, ho anche qualche immagine del mio cane!
Ricordo una stanchezza incredibile ed un dolore mai provato, ma anche una sorta di forze e di potenza da cui mi sentivo animata, ho sentito il mio corpo come mai mi era successo nella mia vita, un’esperienza indescrivibile. Ricordo l’ostetrica di cui mi sono fidata subito ed in ogni momento, che davvero aveva più chiaro di quanto non avessi io tutte le fasi che stavo attraversando e che mi ha saputo guidare. Ricordo mio marito, presente ogni minuto. Alla fine Anita è nata ai piedi del nostro letto, ho partorito accovacciata mentre Stefano mi sosteneva per le braccia. 15 minuti dopo eravamo tutti e tre nudi nel letto, con Anita attaccata al mio seno. Questo per me è stato il grande valore di questa nostra scelta: la dolcezza che ha accompagnato tutto l’evento, nonostante il dolore, ed il rispetto dei tempi del mio corpo e di quelli di Anita.
Tu hai trascorso la tua gravidanza fuori dall’Italia: come viene “affrontata” la maternità? E’ molto medicalizzata oppure si sceglie un approccio più naturale?
Io ho vissuto fuori solo i primissimi mesi, poi sono rientrata, sia perchè il mio contratto era finito, sia perchè stavo già inseguendo la mia idea di un parto a casa. Esistono dei paradossi fortissimi in Argentina e Vietnam, i due Paesi in cui prevalentemente ho vissuto e lavorato. Io tra l’altro lavoravo proprio in ambito salute. Si tratta di Paesi con forti differenze tra aree rurali ed aree urbane, con sacche di povertà ancora molto ampie e zone dove lo stato semplicemente non arriva e che quindi sono carenti dei servizi medici più essenziali. Quindi si assiste a gravidanze super medicalizzate in città, mentre nelle campagne si muore di parto, gli ecografi o non ci sono o il personale non è formato al loro utilizzo e ci sono donne che affrontano tutta la gravidanza senza nemmeno aver fatto un esame del sangue…Poi c’è il problema delle aree più povere legato anche alla malnutrizione, che è un fattore di rischio enorme in gravidanza: si punta molto sul sostegno alla madre e l’allattamento al seno, che diventa un vero e proprio salvavita in contesti di malnutrizione e condizioni socio-sanitarie carenti.
Dalla tua esperienza, come è invece considerata dalla società la maternità? Ci sono aiuti, incentivi da parte dello Stato sia prima sia una volta che il bimbo è nato?
No, purtroppo parliamo di Paesi che da questo punto di vista non stanno messi benissimo. Anzi, sono Paesi in cui la questione di genere è ancora molto critica, c’è molto machismo, il peso della maternità e della gestione dei figli tende a ricadere sulla donna. Lo Stato non è presente con incentivi, anzi: nelle grandi aree urbane sei una mamma tra un milione, che deve contare sulle proprie forze…in quelle povere e rurali torni al lavoro presto, oppure emigri per mantenere tuo figlio: si tratta di un fenomeno ancora normalissimo in entrambi i Paesi.
Non molto tempo fa ho letto un’informazione che mi ha lasciato senza parole, solo con una grande tristezza: l’ultimo fenomeno migratorio al femminile che sta prendendo piede in Vietnam è l’emigrazione verso la Cina per l’allattamento. In Cina per gli strati sociali più ricchi, l’allattamento al seno è considerata una pratica disdicevole che le donne preferiscono non praticare in prima persona coi propri figli ma, consapevoli dei benefici, lasciano che siano allattati da altre, donne povere che arrivano in molti casi proprio dal Vietnam, che lasciano i propri piccoli alle cure di qualcun’altro (e del latte artificiale) per dare il proprio ai figli di un’altra. Questo però permette loro di mettere da parte denaro proprio per mantenere i propri bambini. Mi sembra una pratica feroce, estremamente crudele, che la dice lunga sul sistema globale in cui viviamo.
E dal punto di vista famigliare? C’è una maternità allargata legata magari alle nonne, alle sorelle o alle amiche che costituiscono una prima rete di aiuto?
Si questo senz’altro sì, in entrambi i Paesi molto più che in Italia. In Vietnam questo è così tanto vero che dicono che una donna vede crescere il proprio nipote, non il proprio figlio, e questo da la dimensione di quanto la famiglia allargata sia presente quando nasce un bambino. In Argentina è normale avere figli in età giovane, non è per nulla strano. E possono contare sul sostegno della tribù allargata. Usano un’espressione che a me piace tantissimo, “maternar“, hanno reso la parola mamma un verbo. In Argentina in generale le donne della famiglia si mettono ancora a “maternar” tutte insieme quando arriva un nuovo bimbo. E’ anche piuttosto normale avere figli con partner diversi lungo l’arco della vita, senza che questo sia visto come una tragedia nè che sia vissuto con particolare conflittualità: le famiglie allargate sono davvero molto comuni!
Hai frequentato il corso pre parto? Se sì, ti è servito?
Sì, con l’ostetrica con cui poi ho partorito e sì, mi è servito, mi piaceva molto quella mattina a settimana dedicata solo a me e alla pancia ed ho trovato utile ancora di più il momento coi papà. E’ stato un momento fondamentale per dissipare i dubbi…più che corso era un momento di confronto, e mi sono state utili soprattutto le informazioni sull’allattamento.
Questo non significa che una volta che mi sono ritrovata con Anita tra le braccia, io non mi sia sentita smarrita….non c’è corso che tenga, secondo me…lì sei tu, con la tua bambina e la tua nuova vita tra le braccia…
Ti ritenevi informata anche sui possibili risvolti negativi della maternità prima di diventare mamma?
No, direi di no. Ma in questo non c’entrano solo i corsi pre parto, secondo me c’entriamo soprattutto noi mamme. C’è molto, troppo pudore nel raccontare la verità, soprattutto la verità dei primi mesi…non capirò mai il perchè, non capirò mai a quale competizione noi mamme stiamo inconsapevolmente partecipando, che ci impedisce di essere sincere tra di noi su quanto a volte sia difficile, su come a volte vuoi solo che la giornata (o la nottata!!) finiscano, su come ti senti priva di punti di riferimento e che ci vuole un bel poì prima di ricostruire un equilibrio, soprattutto per noi come donne.
Ultima cosa: la mamma ideale e la mamma reale sono andate d’accordo oppure no?
Mmm…decisamente non sempre, ancora oggi che Anita ha 27 mesi. Il problema è proprio la mamma ideale!!! Forse dovremmo togliercela dalla testa, ma come si fa?! Influiscono su quella immagine così tante cose: la nostra storia personale, le nostre relazioni famigliari, la società che ti circonda, le immagini a cui siamo così abituate…
Ho un ricordo molto bello dei primissimi giorni come di un tempo lento, tutto dedicato a noi. Ho amato mia figlia dal primo momento ed ho sentito subito un legame così forte con lei, ma ho fatta tanta fatica a “rientrare” in me nei panni di mamma. Diciamo che ero in attesa che le cose tornassero come prima, senza capire che per ovvie ragioni questo non sarebbe mai accaduto. Inoltre mia figlia ha avuto risvegli notturni costanti e numerosi per i primi due anni della sua vita e questo per la mia esperienza è stata la parte più difficile, che davvero in certi momenti mi ha fatto sfiorare il divorzio o la fuga da casa, ancora non so…hahahaha…scherzi a parte, ho ricordi di notti terribili a cui mi chiedo come sono sopravvissuta.
In realtà lo so come sono sopravvissuta: sono sopravvissuta perchè ho avuto accanto un marito/papà con cui ho condiviso esattamente ognuno degli sforzi fatti in quelle notti (anzi, io sono tornata al lavoro dopo 3 mesi, lui per il primo anno è stato papà a tempo pieno!) e perchè quando sei mamma scopri risorse dentro di te che nemmeno tu sapevi di avere. Si impara a essere mamme e alla fine ci si riesce, nel bene e nel male, con tutti i nostri difetti. Io mi sento in colpa molte volte al giorno, quando sento di non essere in grado di capire mia figlia, quando so che dovrei essere più paziente, quando penso che in quel momento vorrei solo sapere di essere libera di uscire o di dormire quanto voglio, o di prendermi in mano un libro e mettermi a leggere senza dar retta a nessuno….finalmente ho fatto pace con quei momenti. So che sono normali (o almeno lo sono per me ) e non levano nulla all’amore che ho per Anita.
Però ricordo che all’inizio mi affliggevo molto: ricordo che vedevo innumerevoli profili facebook di mie coetanee con figli con frasi del tipo “i sei mesi più belli della mia vita!”oppure “ho un senso da quando ci sei tu”…boh…io un senso mi sono sempre sentita di averlo! E i primi sei mesi di Anita non sono stati i più belli della mia vita! Probabilmente sono stati i più faticosi, questo si…Ora lo dico senza colpa o vergogna…è stato un equilibrio costruito giorno dopo giorno, insieme a lei. L‘allattamento è stato lungo e ci ha unite molto, anche se non privo di fatiche…una cosa però per quanto mi riguarda è senz’altro vera: credo che la maternità per una donna sia un evento con un potenziale enorme, per me è stato così. Mi ha dato una chiave di lettura che non avevo e molta energia e ancora più voglia di cambiare il mondo, per mia figlia! O forse proprio insieme a lei.
Parto in casa: il racconto di Laura, mamma “divisa” tra Italia, Argentina e Vietnam
‘C’è molto, troppo pudore nel raccontare la verità, soprattutto la verità dei primi mesi…non capirò mai il perché, non capirò mai a quale competizione noi mamme stiamo inconsapevolmente partecipando, che ci impedisce di essere sincere tra di noi su quanto a volte sia difficile’.
La maternità ha tante facce e ognuna dovrebbe essere libera di viverla come dicevo qui in maniera “Taylor Made”, su misura. Oggi ospito Laura, una madre con uno sguardo aperto sul mondo grazie al suo lavoro che l’ha portata a vivere per diversi anni all’estero, ma non solo. Ha scelto di far nascere sua figlia Anita attraverso un parto in casa. Una pratica oggi considerata inusuale, mentre solo fino a 50 anni fa era la norma (a tal proposito vi consiglio il bellissimo libro di Jennifer Worth “Chiamate la levatrice“). Prendetevi del tempo per leggere questa chiacchierata: ci sono un sacco di cose da imparare.
Laura mi potresti raccontare un po’ di te: chi sei, che lavoro fai?
Ho 32 anni, da 7 anni lavoro nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, gestendo progetti per ONG, in particolare sul tema della nutrizione e della salute. Ho lavorato alcuni anni in Argentina e in Vietnam negli ultimi 3 anni. Anche mio marito fa lo stesso lavoro, il che ci ha portato parecchio in giro, non è facile gestire questo lavoro in due. A novembre 2012 è nata Anita, la nostra bambina.
La nascita di tua figlia Anita è avvenuta in casa: come mai questa scelta?
Posso partire un po’ da lontano?? Diciamo che mi sono avvicinata a questa decisione lentamente, anche se mi girava nella testa da sempre, da prima ancora di rimanere incinta. I primi mesi sono stati strani, come per molte credo. Sei in un vortice, sei felice ma ancora non ci credi e la cosa ti fa paura allo stesso tempo. Quando mi sono recata dalla ginecologa per la prima volta sono rimasta un po’ colpita dall’approccio e da una tabella di marcia decisamente invasiva di esami, visite ed ecografie per i seguenti 8 mesi. Poi inizi a chiedere, e leggere e quello che ottieni è solo confonderti ancora di più le idee.
Allora ho deciso di non chiedere più a nessuno, di seguire quell’inquietudine che avevo percepito durante quella prima visita e di partire da un approccio un po’ più “scientifico”, se vogliamo, partendo cioè dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E scopri un sacco di cose…sugli esami diagnostici precoci (e quindi inutili), sugli eccessi di ecografie (quando quelle necessarie sono solo 3 in tutta la gravidanza), sulla curva glicemica che ti fanno fare di default (ma che invece negli altri Paesi europei viene prescritta solo in presenza di condizioni ben precise…), sulle manovre che per legge sono vietate durante il parto, sui criteri per il cesareo, che a volte non si rivela così necessario come secondo alcuni ginecologi, sul tuo diritto a partorire tuo figlio o tua figlia come vuoi e di avanzare richieste alla struttura ospedaliera che hai scelto, sul tuo diritto di rifiutare episiotomia, visite interne, bagnetto dopo la nascita…insomma, un mondo che si da per scontato e che é costruito in buona parte su pregiudizi e rappresentazioni che non sempre sono lo specchio dell’interesse della donna e del bambino, quanto piuttosto di prassi antiche consolidate che non trovano però evidenza scientifica, che si costruiscono sull’inconsapevolezza e spesso la mancata informazione di noi donne e rispondono sempre al solito vecchio dio denaro, da cui la salute non è esente e la gravidanza ancora meno, purtroppo..
Così ho deciso di affidarmi ad un’ostetrica invece che ad una ginecologa, figura che nasce proprio per accompagnare la donna in questo momento della sua vita. Da questa scelta a quella del parto in casa, il passo è stato breve, anzi brevissimo. Anche con mio marito non c’è quasi stato bisogno di parlarne, rispondeva alla necessità di entrambi.
L’ho scelto perché ritengo che in presenza di una gravidanza fisiologica come era il mio caso (e quindi in assenza di patologie particolari per me e per mia figlia) la gravidanza ed il parto fossero momenti che io volevo vivere in libertà e con un approccio diverso, non medico. Continuo a chiedermi cosa abbia a che fare la gravidanza fisiologica con l’ospedale, il medico, il ginecologo…non lo considero un evento medico, bensì un evento naturale. La mia volontà, inoltre, era di voler preservare il parto di mia figlia come un evento il più possibile lontano da intromissioni esterne non necessarie, quindi sapevo anche che non avrei voluto l’epidurale, così ho optato per un parto a casa.
Ci puoi raccontare come si è svolto il parto?
Riassumendo in due parole? Più lungo e più doloroso i quanto mi fossi mai immaginata! Ma come si fa poi alla fine ad immaginarsi un evento come il parto, quando non lo si è ancora vissuto…Ho avuto una fase di prodromi molto lunghi che mi hanno stancato parecchio, diciamo pure distrutto, ma di cui ho un ricordo molto bello e a tratti quasi comico: in casa, abbuffandomi di qualsiasi cibo mi capitasse tra le mani, con gente della mia famiglia che andava e veniva cercando di mantenere la routine quotidiana e sempre accompagnata dallo sguardo e dalle braccia di mio marito.
La fase del travaglio più avanzata è stata pure lunga, mi sono dilatata con tempi molto lunghi, è stato estremamente faticoso. Faccio fatica in realtà a raccontare con maggiore precisione, di quel giorno e mezzo ho ricordi spezzati, flash, tempi dilatati…ricordo varie docce calde, il tempo nella piscinetta gonfiata in cucina e che mio marito continuava a riempire di acqua tiepida, ricordo mia madre e mia suocera che si aggiravano discrete per casa, ho anche qualche immagine del mio cane!
Ricordo una stanchezza incredibile ed un dolore mai provato, ma anche una sorta di forze e di potenza da cui mi sentivo animata, ho sentito il mio corpo come mai mi era successo nella mia vita, un’esperienza indescrivibile. Ricordo l’ostetrica di cui mi sono fidata subito ed in ogni momento, che davvero aveva più chiaro di quanto non avessi io tutte le fasi che stavo attraversando e che mi ha saputo guidare. Ricordo mio marito, presente ogni minuto. Alla fine Anita è nata ai piedi del nostro letto, ho partorito accovacciata mentre Stefano mi sosteneva per le braccia. 15 minuti dopo eravamo tutti e tre nudi nel letto, con Anita attaccata al mio seno. Questo per me è stato il grande valore di questa nostra scelta: la dolcezza che ha accompagnato tutto l’evento, nonostante il dolore, ed il rispetto dei tempi del mio corpo e di quelli di Anita.
Tu hai trascorso la tua gravidanza fuori dall’Italia: come viene “affrontata” la maternità? E’ molto medicalizzata oppure si sceglie un approccio più naturale?
Io ho vissuto fuori solo i primissimi mesi, poi sono rientrata, sia perchè il mio contratto era finito, sia perchè stavo già inseguendo la mia idea di un parto a casa. Esistono dei paradossi fortissimi in Argentina e Vietnam, i due Paesi in cui prevalentemente ho vissuto e lavorato. Io tra l’altro lavoravo proprio in ambito salute. Si tratta di Paesi con forti differenze tra aree rurali ed aree urbane, con sacche di povertà ancora molto ampie e zone dove lo stato semplicemente non arriva e che quindi sono carenti dei servizi medici più essenziali. Quindi si assiste a gravidanze super medicalizzate in città, mentre nelle campagne si muore di parto, gli ecografi o non ci sono o il personale non è formato al loro utilizzo e ci sono donne che affrontano tutta la gravidanza senza nemmeno aver fatto un esame del sangue…Poi c’è il problema delle aree più povere legato anche alla malnutrizione, che è un fattore di rischio enorme in gravidanza: si punta molto sul sostegno alla madre e l’allattamento al seno, che diventa un vero e proprio salvavita in contesti di malnutrizione e condizioni socio-sanitarie carenti.
Dalla tua esperienza, come è invece considerata dalla società la maternità? Ci sono aiuti, incentivi da parte dello Stato sia prima sia una volta che il bimbo è nato?
No, purtroppo parliamo di Paesi che da questo punto di vista non stanno messi benissimo. Anzi, sono Paesi in cui la questione di genere è ancora molto critica, c’è molto machismo, il peso della maternità e della gestione dei figli tende a ricadere sulla donna. Lo Stato non è presente con incentivi, anzi: nelle grandi aree urbane sei una mamma tra un milione, che deve contare sulle proprie forze…in quelle povere e rurali torni al lavoro presto, oppure emigri per mantenere tuo figlio: si tratta di un fenomeno ancora normalissimo in entrambi i Paesi.
Non molto tempo fa ho letto un’informazione che mi ha lasciato senza parole, solo con una grande tristezza: l’ultimo fenomeno migratorio al femminile che sta prendendo piede in Vietnam è l’emigrazione verso la Cina per l’allattamento. In Cina per gli strati sociali più ricchi, l’allattamento al seno è considerata una pratica disdicevole che le donne preferiscono non praticare in prima persona coi propri figli ma, consapevoli dei benefici, lasciano che siano allattati da altre, donne povere che arrivano in molti casi proprio dal Vietnam, che lasciano i propri piccoli alle cure di qualcun’altro (e del latte artificiale) per dare il proprio ai figli di un’altra. Questo però permette loro di mettere da parte denaro proprio per mantenere i propri bambini. Mi sembra una pratica feroce, estremamente crudele, che la dice lunga sul sistema globale in cui viviamo.
E dal punto di vista famigliare? C’è una maternità allargata legata magari alle nonne, alle sorelle o alle amiche che costituiscono una prima rete di aiuto?
Si questo senz’altro sì, in entrambi i Paesi molto più che in Italia. In Vietnam questo è così tanto vero che dicono che una donna vede crescere il proprio nipote, non il proprio figlio, e questo da la dimensione di quanto la famiglia allargata sia presente quando nasce un bambino. In Argentina è normale avere figli in età giovane, non è per nulla strano. E possono contare sul sostegno della tribù allargata. Usano un’espressione che a me piace tantissimo, “maternar“, hanno reso la parola mamma un verbo. In Argentina in generale le donne della famiglia si mettono ancora a “maternar” tutte insieme quando arriva un nuovo bimbo. E’ anche piuttosto normale avere figli con partner diversi lungo l’arco della vita, senza che questo sia visto come una tragedia nè che sia vissuto con particolare conflittualità: le famiglie allargate sono davvero molto comuni!
Hai frequentato il corso pre parto? Se sì, ti è servito?
Sì, con l’ostetrica con cui poi ho partorito e sì, mi è servito, mi piaceva molto quella mattina a settimana dedicata solo a me e alla pancia ed ho trovato utile ancora di più il momento coi papà. E’ stato un momento fondamentale per dissipare i dubbi…più che corso era un momento di confronto, e mi sono state utili soprattutto le informazioni sull’allattamento.
Questo non significa che una volta che mi sono ritrovata con Anita tra le braccia, io non mi sia sentita smarrita….non c’è corso che tenga, secondo me…lì sei tu, con la tua bambina e la tua nuova vita tra le braccia…
Ti ritenevi informata anche sui possibili risvolti negativi della maternità prima di diventare mamma?
No, direi di no. Ma in questo non c’entrano solo i corsi pre parto, secondo me c’entriamo soprattutto noi mamme. C’è molto, troppo pudore nel raccontare la verità, soprattutto la verità dei primi mesi…non capirò mai il perchè, non capirò mai a quale competizione noi mamme stiamo inconsapevolmente partecipando, che ci impedisce di essere sincere tra di noi su quanto a volte sia difficile, su come a volte vuoi solo che la giornata (o la nottata!!) finiscano, su come ti senti priva di punti di riferimento e che ci vuole un bel poì prima di ricostruire un equilibrio, soprattutto per noi come donne.
Ultima cosa: la mamma ideale e la mamma reale sono andate d’accordo oppure no?
Mmm…decisamente non sempre, ancora oggi che Anita ha 27 mesi. Il problema è proprio la mamma ideale!!! Forse dovremmo togliercela dalla testa, ma come si fa?! Influiscono su quella immagine così tante cose: la nostra storia personale, le nostre relazioni famigliari, la società che ti circonda, le immagini a cui siamo così abituate…
Ho un ricordo molto bello dei primissimi giorni come di un tempo lento, tutto dedicato a noi. Ho amato mia figlia dal primo momento ed ho sentito subito un legame così forte con lei, ma ho fatta tanta fatica a “rientrare” in me nei panni di mamma. Diciamo che ero in attesa che le cose tornassero come prima, senza capire che per ovvie ragioni questo non sarebbe mai accaduto. Inoltre mia figlia ha avuto risvegli notturni costanti e numerosi per i primi due anni della sua vita e questo per la mia esperienza è stata la parte più difficile, che davvero in certi momenti mi ha fatto sfiorare il divorzio o la fuga da casa, ancora non so…hahahaha…scherzi a parte, ho ricordi di notti terribili a cui mi chiedo come sono sopravvissuta.
In realtà lo so come sono sopravvissuta: sono sopravvissuta perchè ho avuto accanto un marito/papà con cui ho condiviso esattamente ognuno degli sforzi fatti in quelle notti (anzi, io sono tornata al lavoro dopo 3 mesi, lui per il primo anno è stato papà a tempo pieno!) e perchè quando sei mamma scopri risorse dentro di te che nemmeno tu sapevi di avere. Si impara a essere mamme e alla fine ci si riesce, nel bene e nel male, con tutti i nostri difetti. Io mi sento in colpa molte volte al giorno, quando sento di non essere in grado di capire mia figlia, quando so che dovrei essere più paziente, quando penso che in quel momento vorrei solo sapere di essere libera di uscire o di dormire quanto voglio, o di prendermi in mano un libro e mettermi a leggere senza dar retta a nessuno….finalmente ho fatto pace con quei momenti. So che sono normali (o almeno lo sono per me ) e non levano nulla all’amore che ho per Anita.
Però ricordo che all’inizio mi affliggevo molto: ricordo che vedevo innumerevoli profili facebook di mie coetanee con figli con frasi del tipo “i sei mesi più belli della mia vita!”oppure “ho un senso da quando ci sei tu”…boh…io un senso mi sono sempre sentita di averlo! E i primi sei mesi di Anita non sono stati i più belli della mia vita! Probabilmente sono stati i più faticosi, questo si…Ora lo dico senza colpa o vergogna…è stato un equilibrio costruito giorno dopo giorno, insieme a lei. L‘allattamento è stato lungo e ci ha unite molto, anche se non privo di fatiche…una cosa però per quanto mi riguarda è senz’altro vera: credo che la maternità per una donna sia un evento con un potenziale enorme, per me è stato così. Mi ha dato una chiave di lettura che non avevo e molta energia e ancora più voglia di cambiare il mondo, per mia figlia! O forse proprio insieme a lei.
Foto Credits: Laura Rosina
Le altre madri all’estero: Maria ed Elisabetta
Valentina Colmi
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