La prossima settimana sarò ad Alba, in provincia di Cuneo, per parlare durante un’incontro sulla maternità e depressione post partum. Sono molto contenta quando posso raccontare la mia esperienza e apprendere cose nuove su questo percorso incominciato quasi due anni fa con la nascita di Paola. Oltre al mio punto di vista, vorrei però saperne sempre di più e per questo ho letto un bellissimo libro della psicologa e psicoterapeuta Simona Capolupo “La madre e la mamma. Dal mito al pensiero psicoanalitico” consigliatomi da Marilde Trinchero.
Mi sono accorta – anche grazie al cammino che sto compiendo con la terapia – che forse uno dei motivi per cui mi sono ammalata di depressione post partum è stato il fatto di aver desiderato la gravidanza, ma non di essere madre. La gravidanza è un cambiamento fisico e per essere vissuta appieno deve portare con sé anche una serie di emozioni che io non mi ricordo di aver provato mentre aspettavo Paola. In poche parole – pur volendo la gravidanza – dentro di me, nel profondo, non l’ho accettata. Forse ero troppo fragile. Così come era fragile il mio modello di riferimento materno. Di fatto, come mi ha fatto notare la psicologa, ho dovuto costruirmene uno da zero.
Mia madre è una donna semplice. Di poche parole. Abituata ad agire più che a parlare delle proprie emozioni. Non è colpa sua. Forse io non gliele ho mai tirate fuori abbastanza, abituata a pensare che una mamma debba comportarsi come lei. In tutti questi anni non l’ho mai sentita lamentarsi. Io invece mi lamento sempre. Mi rendo conto che per tante cose ho preso le distanze da lei. Ed essendo così diverse, mi sono sentita sola quando cercavo di essere madre a mia volta mentre di fatto da lei venivo ancora vista come una figlia con una figlia.
Non dico queste cose per rimproverarla. Semplicemente perché credo di essere giunta ad un punto della mia vita in cui non cerco più la sua approvazione. E in qualche modo l’ho perdonata (se mai ci fosse qualcosa da perdonare) e mi sono perdonata. Ora che sono agli sgoccioli di questa nuova gravidanza mi sento più leggera. Perché so che posso farcela e so che ci sarà lei, comunque. Non sono più solo una madre, ma una mamma. Adesso lo so.
Essere madre ed essere mamma: una riflessione
La prossima settimana sarò ad Alba, in provincia di Cuneo, per parlare durante un’incontro sulla maternità e depressione post partum. Sono molto contenta quando posso raccontare la mia esperienza e apprendere cose nuove su questo percorso incominciato quasi due anni fa con la nascita di Paola. Oltre al mio punto di vista, vorrei però saperne sempre di più e per questo ho letto un bellissimo libro della psicologa e psicoterapeuta Simona Capolupo “La madre e la mamma. Dal mito al pensiero psicoanalitico” consigliatomi da Marilde Trinchero.
Mi sono accorta – anche grazie al cammino che sto compiendo con la terapia – che forse uno dei motivi per cui mi sono ammalata di depressione post partum è stato il fatto di aver desiderato la gravidanza, ma non di essere madre. La gravidanza è un cambiamento fisico e per essere vissuta appieno deve portare con sé anche una serie di emozioni che io non mi ricordo di aver provato mentre aspettavo Paola. In poche parole – pur volendo la gravidanza – dentro di me, nel profondo, non l’ho accettata. Forse ero troppo fragile. Così come era fragile il mio modello di riferimento materno. Di fatto, come mi ha fatto notare la psicologa, ho dovuto costruirmene uno da zero.
Mia madre è una donna semplice. Di poche parole. Abituata ad agire più che a parlare delle proprie emozioni. Non è colpa sua. Forse io non gliele ho mai tirate fuori abbastanza, abituata a pensare che una mamma debba comportarsi come lei. In tutti questi anni non l’ho mai sentita lamentarsi. Io invece mi lamento sempre. Mi rendo conto che per tante cose ho preso le distanze da lei. Ed essendo così diverse, mi sono sentita sola quando cercavo di essere madre a mia volta mentre di fatto da lei venivo ancora vista come una figlia con una figlia.
Non dico queste cose per rimproverarla. Semplicemente perché credo di essere giunta ad un punto della mia vita in cui non cerco più la sua approvazione. E in qualche modo l’ho perdonata (se mai ci fosse qualcosa da perdonare) e mi sono perdonata. Ora che sono agli sgoccioli di questa nuova gravidanza mi sento più leggera. Perché so che posso farcela e so che ci sarà lei, comunque. Non sono più solo una madre, ma una mamma. Adesso lo so.
Valentina Colmi
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