Una bellissima testimonianza che è stata condivisa anche con Deborah Papisca. Grazie Linda per ricordarci che dalla depressione post partum si può uscire e che forse saremo sempre un po’ mamme “zoppe”, ma che dalla nostra esperienza può nascere qualcosa di potente: la consapevolezza. E questa consapevolezza possiamo portarla in giro, indossarla, sbatterla in faccia a chiunque ci ha detto che ci piangevamo solo addosso.
“Giovedì io e Massimo siamo andati all’Ikea, avevo bisogno di alcune scatole per archiviare i ricordi di quando Guido era nano nano, più nano di ora. Oggi è il mio giorno libero, ho montato la prima scatola e vi ho spostato alcuni album da un sacchetto dove stavano provvisoriamente. C’erano i ‘disegni’ dell’asilo nido, una scarpetta da surf (…), un ciuccio. Poi mi è capitato in mano un album di foto che mi ero fatta fare da un bravo fotografo quando Guido ha compiuto un anno. Nel guardare la foto che ti allego ho iniziato a piangere come una fontana. Così, all’improvviso. Ho pensato a quanto male stavo, a quanto speravo che arrivasse quell’amore materno che non provavo. A quanto mio figlio mi stancasse e a quanto avrei voluto tornare libera. Ogni volta che ripenso a quel periodo la prima sensazione che provo è di pena per me stessa, per quella Linda che faticava a vivere. Vorrei che la Linda di adesso potesse abbracciare la Linda di allora per poterle garantire che quell’incubo svanirà, che un po’ alla volta la vita tornerà quella di prima, anzi, sarà più ricca. Penso a quanto amo mio figlio ora, alle volte che, redarguita da Massimo (giustamente), me lo porto nel lettone e lo abbraccio, pensando che tra un po’ non mi vorrà più. Alle volte che il respirello del suo sonno mi dà serenità. Alle volte che penso che la sua manina che si infila nella mia è una delle cose più belle che mi sia mai capitata. E tutte queste cose vorrei dirle alle donne che stanno provando quello che io provavo sette anni fa. Non odiatevi ma abbiate pietà di voi stesse e della vostra fragilità. Sarà questa fragilità che vi renderà madri migliori e più consapevoli. Non avendo amato quel fantolino da subito vi renderete conto di quanto poi quell’amore cresca e s’impadronisca del vostro cuore. E ogni giorno che avrete voglia di soffocarlo di baci, capirete di aver vinto voi. Mamme partite zoppe ma che ora corrono a testa alta con quella manina magica infilata nella loro”.
Depressione post partum: “Alle mamme dico non odiatevi. La vostra fragilità vi renderà migliori”
Una bellissima testimonianza che è stata condivisa anche con Deborah Papisca. Grazie Linda per ricordarci che dalla depressione post partum si può uscire e che forse saremo sempre un po’ mamme “zoppe”, ma che dalla nostra esperienza può nascere qualcosa di potente: la consapevolezza. E questa consapevolezza possiamo portarla in giro, indossarla, sbatterla in faccia a chiunque ci ha detto che ci piangevamo solo addosso.
“Giovedì io e Massimo siamo andati all’Ikea, avevo bisogno di alcune scatole per archiviare i ricordi di quando Guido era nano nano, più nano di ora.
Oggi è il mio giorno libero, ho montato la prima scatola e vi ho spostato alcuni album da un sacchetto dove stavano provvisoriamente.
C’erano i ‘disegni’ dell’asilo nido, una scarpetta da surf (…), un ciuccio. Poi mi è capitato in mano un album di foto che mi ero fatta fare da un bravo fotografo quando Guido ha compiuto un anno.
Nel guardare la foto che ti allego ho iniziato a piangere come una fontana.
Così, all’improvviso.
Ho pensato a quanto male stavo, a quanto speravo che arrivasse quell’amore materno che non provavo. A quanto mio figlio mi stancasse e a quanto avrei voluto tornare libera.
Ogni volta che ripenso a quel periodo la prima sensazione che provo è di pena per me stessa, per quella Linda che faticava a vivere. Vorrei che la Linda di adesso potesse abbracciare la Linda di allora per poterle garantire che quell’incubo svanirà, che un po’ alla volta la vita tornerà quella di prima, anzi, sarà più ricca.
Penso a quanto amo mio figlio ora, alle volte che, redarguita da Massimo (giustamente), me lo porto nel lettone e lo abbraccio, pensando che tra un po’ non mi vorrà più. Alle volte che il respirello del suo sonno mi dà serenità. Alle volte che penso che la sua manina che si infila nella mia è una delle cose più belle che mi sia mai capitata.
E tutte queste cose vorrei dirle alle donne che stanno provando quello che io provavo sette anni fa. Non odiatevi ma abbiate pietà di voi stesse e della vostra fragilità.
Sarà questa fragilità che vi renderà madri migliori e più consapevoli.
Non avendo amato quel fantolino da subito vi renderete conto di quanto poi quell’amore cresca e s’impadronisca del vostro cuore. E ogni giorno che avrete voglia di soffocarlo di baci, capirete di aver vinto voi. Mamme partite zoppe ma che ora corrono a testa alta con quella manina magica infilata nella loro”.
Valentina Colmi
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