Oggi una bellissima intervista: Federico Dagostin, fisioterapista e sessuologo, fa un po’ di chiarezza su una questione di cui donne – e non solo – sappiamo poco: il pavimento pelvico. Soprattutto in gravidanza ci dicono che si deve mantenere elastico per evitare episiotomie, ma quanto ne sappiamo in realtà? (Io non l’avevo mai sentito nominare prima di rimanere incinta). Leggetevi queste risposte, a me hanno fatto un sacco riflettere.
Federico, secondo te che cosa è importante che faccia una donna in gravidanza per i muscoli del proprio pavimento pelvico? Il massaggio con l’olio di mandorla che viene consigliato a partire dalle 34esima settimana è efficace?
I muscoli del pavimento pelvico sono una cosa meravigliosa, per noi umani: normalmente ci permettono di camminare eretti senza perdere nemmeno un goccio di urina, nonostante il peso degli organi interni che grava sulla vescica. Quando a questi si aggiunge il peso del feto, fisiologicamente, il pavimento pelvico subisce uno stimolo di contrazione pure maggiore del solito. Perciò, direi che la cosa più importante che una donna gravida può fare per sé e per il proprio PP è imparare a rilassarlo. Un pavimento pelvico rilassato è più malleabile e il “massaggio con l’olio di mandorla” che citi diventa immediatamente più efficace, se è eseguito su dei muscoli rilassati.
Il problema è spesso questo: il massaggio viene illustrato rapidamente, come un’azione semplice (a volte viene consegnato un foglio fotocopiato con dei disegni non troppo esplicativi), senza spiegarne il motivo o le sensazioni che si dovrebbero percepire.
É un massaggio fatto per rilassare e allungare la muscolatura: questa va prima di tutto individuata; molte donne non hanno granché idea di come sia fatta la la parte esterna dei loro genitali (la loro vulva), e di quella interna hanno visto diagrammi semplificati, non hanno proprio idea di dove stia, la muscolatura del PP e praticamente nessuno si prende il tempo di spiegare loro questa cosa.
Se fatto con le dovute accortezze il massaggio con (o senza) l’olio di mandorla è un ottimo strumento per evitare il rischio di lacerazioni, e quindi episiotomie. Una nota importante: come tutto lo stretching, prima si inizia e meglio è!
Secondo te l’episiotomia si pratica troppo spesso senza necessità?
Questa è una domanda difficile: dipende. Secondo me molte episiotomie sarebbero evitabili con una sufficiente cura della donna durante la gravidanza. Prendersi il tempo di spiegare alle future mamme cosa dovrebbero fare per evitare l’episiotomia, rispondere alle loro domande, guidarle nel conoscere il proprio corpo, sono tutte cose che potrebbero contribuire a prevenire le episiotomie.
In alcune aree del mondo l’episiotomia è considerata un intervento di routine, connesso direttamente alle dinamiche del parto, praticato sul 100% delle donne (Argentina, Taiwan; – Episiotomy rates around the world: an update. Graham ID, Carroli G, Davies C, Medves JM Birth. 2005 Sep; 32(3):219-23.); in Italia circa un terzo delle partorienti (34,6% istat rif.2013) si sottopone a questo intervento. Come sostiene anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta di un intervento da effettuare in modo selettivo, in specifici casi di pericolo per la donna e per il feto.
Viceversa, visto che i rischi di un’episiotomia sono una minima frazione dei rischi di una lacerazione perineale, è difficile determinare quanto sia praticata senza necessità. Capisco perfettamente quei ginecologi che, trovandosi davanti una donna con un perineo che rischia di lacerarsi, praticano l’episiotomia. L’epi ha il vantaggio di poter essere controllata: profondità, dimensione e direzione del taglio sono a discrezione del chirurgo, mentre una lacerazione potrebbe andare a coinvolgere strutture importanti come lo sfintere anale -circostanza poco frequente, ma seriamente disastrosa- o i nervi che controllano il perineo.
Quali conseguenze può avere un’episiotomia non necessaria?
Le stesse di un’episiotomia necessaria, in realtà: lacerazione in lunghezza del taglio, risultati anatomicamente insoddisfacenti, perdita di sangue, aumento del dolore dopo il parto, riapertura della ferita, infezione, aumento del rischio di lacerazione nei parti seguenti, problemi sessuali.
Il problema, e lo ripeto perché è una cosa che mi sta molto a cuore, è la scarsa prevenzione. Se la necessità di episiotomia può essere ridotta, si può ridurre il numero di episiotomie, e questo risultato si può raggiungere attraverso un’adeguata preparazione al parto sia fisica (la muscolatura, il pavimento pelvico, lo stretching, etc.) sia psicologica della donna.
Quanta consapevolezza c’è da parte delle donne secondo te di prendersi cura anche del proprio apparato genitale durante e dopo la gravidanza?
Mi piacerebbe rovesciare la domanda: quanta consapevolezza c’è da parte delle donne del proprio apparato genitale? Perchè anche questo è un problema sistematico: vulva, vagina, utero sono termini inutilizzati anche quando sarebbero perfettamente al loro posto, e questo è un sintomo grave di come l’apparato genitale femminile sia escluso dalle vite delle donne. Ti faccio un esempio che mi ha fatto saltare sul divano, qualche giorno fa: durante la pubblicità di un noto assorbente interno una donna dice “E questo lo metto nella…..” e lascia la frase in sospeso quel “vagina” mancante pesa come un macigno. In un simile clima culturale anche solo sviluppare curiosità per i propri genitali può essere uno sforzo enorme.
Durante la gravidanza la maggior parte delle donne inizia a (ri)prendere coscienza – vuoi per i cambiamenti in corso, vuoi per i corsi pre-parto, vuoi per i vari dolorini – del proprio corpo. Troppo spesso la parte genitale più esterna, che non riguarda direttamente il feto, viene lasciata indietro, priva di attenzioni che non siano semplici norme igieniche.
E una donna cosa può fare per recuperare anche il piacere sessuale dopo il parto?
Questa è forse la domanda più importante di tutta l’intervista, e la risposta potrebbe essere eterna, anche perchè ogni situazione è leggermente diversa dalle altre. Ti dirò tre cose che sono molto importanti e comuni a moltissime situazioni, tenendo a mente che un problema di sessualità si affronta meglio con l’assistenza diretta di un consulente sessuale, o un sessuologo clinico.
1- La base dopo il parto, un momento in cui il corpo delle donne cambia in modo repentino, è ricostruire il rapporto con il proprio fisico. Ascoltare il corpo ed esplorarlo -nel senso più completo e manuale del termine – prima da sole e poi con il partner, facendo attenzione alle sensazioni, senza scappare dai fastidi che si possono provare, ma cercando di capire da dove arrivano e da cosa sono causati. Si tratta di dolore? È una sensazione di bruciore? È più un tirare?
Questo processo di conoscenza del corpo ha tanti vantaggi: fatto da sole permette di conoscere cosa aspettarsi, fin dove spingersi, come prepararsi ai vari tipi di tocco, fatto in coppia aiuta il parner a sbloccarsi e riprendere confidenza con la donna, a capire fin dove è necessario essere cauti e perchè.
2 – Un’altra cosa importante da tenere a mente è che la sessualità non passa necessariamente da un rapporto penetrativo. Sembra ovvio, a leggerlo così, ma per molte persone sesso = penetrazione. Datevi il tempo e la possibilità di approfittare delle molte possibilità di godere della sessualità non penetrativa. Baci, carezze, masturbazione reciproca (o meno) toglieranno molta ansia ai vostri incontri sessuali se avete anche solo paura di sentire dolore, e quando vi sentirete pronte a un rapporto penetrativo riuscirete ad abbandonarvi di più e goderne meglio.
3 – La terza cosa che è bene fare è riallenare il pavimento pelvico. Che il diametro dei muscoli del pavimento pelvico sia direttamente correlato alla soddisfazione sessuale è una cosa ben nota agli addetti ai lavori; dopo un parto vaginale quegli stessi muscoli si trovano in una situazione delicata: si sono allungati fino a far passare la testa del bambino, a volte riportando delle ferite. Hanno bisogno di tempo per recuperare, e di una mano per tornare tonici ed enegici. Gli esercizi di riabilitazione del pavimento pelvico (alcuni li chiamano esercizi di Kegel – dal nome del ginecologo che ne ha scritto per primo) aiutano a tonificare e rendere più stabile la muscolatura del fondo dell’addome, e riducono velocemente ed efficacemente incontinenza urinaria e prolassi uterini. Personalmente raccomando di affidarsi ad un professionista nella riabilitazione del pavimento pelvico per il primo addestramento a questi esercizi, che sono assolutamente semplici da eseguire, mentre è molto facile impararli in modo errato.
A queste vorrei aggiungere, anche se non è qualcosa da fare dopo il parto, che la cosa più utile è cercare di mantenere l’intimità sessuale durante la gravidanza, in maniera tale che vi sia molto meno da recuperare, dopo il parto.
Secondo te un cattivo rapporto con la propria sessualità, magari a seguito di un parto difficile con lacerazione, può determinare la depressione post partum?
“Determinare” è sempre un parolone, quando si parla di salute. In generale, una sessualità soddisfacente può essere un fattore protettivo rispetto allo sviluppo di qualunque tipo di depressione. In una coppia, inoltre, l’attività sessuale aiuta entrambi a sentirsi più desiderati, e l’autostima ne giova un sacco.
Un cattivo rapporto con la propria sessualità non è di certo in prima linea, tra i fattori di rischio della depressione post-partum, ma ha un effetto negativo sull’autostima e sulla relazione di coppia,che invece sono dei fattori importanti nel determinarla.
Federico Dagostin, fisioterapista e consulente sessuale: “Pavimento pelvico, ancora troppa ignoranza”
Federica Dagostin
Oggi una bellissima intervista: Federico Dagostin, fisioterapista e sessuologo, fa un po’ di chiarezza su una questione di cui donne – e non solo – sappiamo poco: il pavimento pelvico. Soprattutto in gravidanza ci dicono che si deve mantenere elastico per evitare episiotomie, ma quanto ne sappiamo in realtà? (Io non l’avevo mai sentito nominare prima di rimanere incinta). Leggetevi queste risposte, a me hanno fatto un sacco riflettere.
Federico, secondo te che cosa è importante che faccia una donna in gravidanza per i muscoli del proprio pavimento pelvico? Il massaggio con l’olio di mandorla che viene consigliato a partire dalle 34esima settimana è efficace?
I muscoli del pavimento pelvico sono una cosa meravigliosa, per noi umani: normalmente ci permettono di camminare eretti senza perdere nemmeno un goccio di urina, nonostante il peso degli organi interni che grava sulla vescica. Quando a questi si aggiunge il peso del feto, fisiologicamente, il pavimento pelvico subisce uno stimolo di contrazione pure maggiore del solito. Perciò, direi che la cosa più importante che una donna gravida può fare per sé e per il proprio PP è imparare a rilassarlo. Un pavimento pelvico rilassato è più malleabile e il “massaggio con l’olio di mandorla” che citi diventa immediatamente più efficace, se è eseguito su dei muscoli rilassati.
Il problema è spesso questo: il massaggio viene illustrato rapidamente, come un’azione semplice (a volte viene consegnato un foglio fotocopiato con dei disegni non troppo esplicativi), senza spiegarne il motivo o le sensazioni che si dovrebbero percepire.
É un massaggio fatto per rilassare e allungare la muscolatura: questa va prima di tutto individuata; molte donne non hanno granché idea di come sia fatta la la parte esterna dei loro genitali (la loro vulva), e di quella interna hanno visto diagrammi semplificati, non hanno proprio idea di dove stia, la muscolatura del PP e praticamente nessuno si prende il tempo di spiegare loro questa cosa.
Se fatto con le dovute accortezze il massaggio con (o senza) l’olio di mandorla è un ottimo strumento per evitare il rischio di lacerazioni, e quindi episiotomie. Una nota importante: come tutto lo stretching, prima si inizia e meglio è!
Secondo te l’episiotomia si pratica troppo spesso senza necessità?
Questa è una domanda difficile: dipende. Secondo me molte episiotomie sarebbero evitabili con una sufficiente cura della donna durante la gravidanza. Prendersi il tempo di spiegare alle future mamme cosa dovrebbero fare per evitare l’episiotomia, rispondere alle loro domande, guidarle nel conoscere il proprio corpo, sono tutte cose che potrebbero contribuire a prevenire le episiotomie.
In alcune aree del mondo l’episiotomia è considerata un intervento di routine, connesso direttamente alle dinamiche del parto, praticato sul 100% delle donne (Argentina, Taiwan; – Episiotomy rates around the world: an update. Graham ID, Carroli G, Davies C, Medves JM Birth. 2005 Sep; 32(3):219-23.); in Italia circa un terzo delle partorienti (34,6% istat rif.2013) si sottopone a questo intervento. Come sostiene anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta di un intervento da effettuare in modo selettivo, in specifici casi di pericolo per la donna e per il feto.
Viceversa, visto che i rischi di un’episiotomia sono una minima frazione dei rischi di una lacerazione perineale, è difficile determinare quanto sia praticata senza necessità. Capisco perfettamente quei ginecologi che, trovandosi davanti una donna con un perineo che rischia di lacerarsi, praticano l’episiotomia. L’epi ha il vantaggio di poter essere controllata: profondità, dimensione e direzione del taglio sono a discrezione del chirurgo, mentre una lacerazione potrebbe andare a coinvolgere strutture importanti come lo sfintere anale -circostanza poco frequente, ma seriamente disastrosa- o i nervi che controllano il perineo.
Quali conseguenze può avere un’episiotomia non necessaria?
Le stesse di un’episiotomia necessaria, in realtà: lacerazione in lunghezza del taglio, risultati anatomicamente insoddisfacenti, perdita di sangue, aumento del dolore dopo il parto, riapertura della ferita, infezione, aumento del rischio di lacerazione nei parti seguenti, problemi sessuali.
Il problema, e lo ripeto perché è una cosa che mi sta molto a cuore, è la scarsa prevenzione. Se la necessità di episiotomia può essere ridotta, si può ridurre il numero di episiotomie, e questo risultato si può raggiungere attraverso un’adeguata preparazione al parto sia fisica (la muscolatura, il pavimento pelvico, lo stretching, etc.) sia psicologica della donna.
Quanta consapevolezza c’è da parte delle donne secondo te di prendersi cura anche del proprio apparato genitale durante e dopo la gravidanza?
Mi piacerebbe rovesciare la domanda: quanta consapevolezza c’è da parte delle donne del proprio apparato genitale? Perchè anche questo è un problema sistematico: vulva, vagina, utero sono termini inutilizzati anche quando sarebbero perfettamente al loro posto, e questo è un sintomo grave di come l’apparato genitale femminile sia escluso dalle vite delle donne. Ti faccio un esempio che mi ha fatto saltare sul divano, qualche giorno fa: durante la pubblicità di un noto assorbente interno una donna dice “E questo lo metto nella…..” e lascia la frase in sospeso quel “vagina” mancante pesa come un macigno. In un simile clima culturale anche solo sviluppare curiosità per i propri genitali può essere uno sforzo enorme.
Durante la gravidanza la maggior parte delle donne inizia a (ri)prendere coscienza – vuoi per i cambiamenti in corso, vuoi per i corsi pre-parto, vuoi per i vari dolorini – del proprio corpo. Troppo spesso la parte genitale più esterna, che non riguarda direttamente il feto, viene lasciata indietro, priva di attenzioni che non siano semplici norme igieniche.
E una donna cosa può fare per recuperare anche il piacere sessuale dopo il parto?
Questa è forse la domanda più importante di tutta l’intervista, e la risposta potrebbe essere eterna, anche perchè ogni situazione è leggermente diversa dalle altre. Ti dirò tre cose che sono molto importanti e comuni a moltissime situazioni, tenendo a mente che un problema di sessualità si affronta meglio con l’assistenza diretta di un consulente sessuale, o un sessuologo clinico.
1- La base dopo il parto, un momento in cui il corpo delle donne cambia in modo repentino, è ricostruire il rapporto con il proprio fisico. Ascoltare il corpo ed esplorarlo -nel senso più completo e manuale del termine – prima da sole e poi con il partner, facendo attenzione alle sensazioni, senza scappare dai fastidi che si possono provare, ma cercando di capire da dove arrivano e da cosa sono causati. Si tratta di dolore? È una sensazione di bruciore? È più un tirare?
Questo processo di conoscenza del corpo ha tanti vantaggi: fatto da sole permette di conoscere cosa aspettarsi, fin dove spingersi, come prepararsi ai vari tipi di tocco, fatto in coppia aiuta il parner a sbloccarsi e riprendere confidenza con la donna, a capire fin dove è necessario essere cauti e perchè.
2 – Un’altra cosa importante da tenere a mente è che la sessualità non passa necessariamente da un rapporto penetrativo. Sembra ovvio, a leggerlo così, ma per molte persone sesso = penetrazione. Datevi il tempo e la possibilità di approfittare delle molte possibilità di godere della sessualità non penetrativa. Baci, carezze, masturbazione reciproca (o meno) toglieranno molta ansia ai vostri incontri sessuali se avete anche solo paura di sentire dolore, e quando vi sentirete pronte a un rapporto penetrativo riuscirete ad abbandonarvi di più e goderne meglio.
3 – La terza cosa che è bene fare è riallenare il pavimento pelvico. Che il diametro dei muscoli del pavimento pelvico sia direttamente correlato alla soddisfazione sessuale è una cosa ben nota agli addetti ai lavori; dopo un parto vaginale quegli stessi muscoli si trovano in una situazione delicata: si sono allungati fino a far passare la testa del bambino, a volte riportando delle ferite. Hanno bisogno di tempo per recuperare, e di una mano per tornare tonici ed enegici. Gli esercizi di riabilitazione del pavimento pelvico (alcuni li chiamano esercizi di Kegel – dal nome del ginecologo che ne ha scritto per primo) aiutano a tonificare e rendere più stabile la muscolatura del fondo dell’addome, e riducono velocemente ed efficacemente incontinenza urinaria e prolassi uterini. Personalmente raccomando di affidarsi ad un professionista nella riabilitazione del pavimento pelvico per il primo addestramento a questi esercizi, che sono assolutamente semplici da eseguire, mentre è molto facile impararli in modo errato.
A queste vorrei aggiungere, anche se non è qualcosa da fare dopo il parto, che la cosa più utile è cercare di mantenere l’intimità sessuale durante la gravidanza, in maniera tale che vi sia molto meno da recuperare, dopo il parto.
Secondo te un cattivo rapporto con la propria sessualità, magari a seguito di un parto difficile con lacerazione, può determinare la depressione post partum?
“Determinare” è sempre un parolone, quando si parla di salute. In generale, una sessualità soddisfacente può essere un fattore protettivo rispetto allo sviluppo di qualunque tipo di depressione. In una coppia, inoltre, l’attività sessuale aiuta entrambi a sentirsi più desiderati, e l’autostima ne giova un sacco.
Un cattivo rapporto con la propria sessualità non è di certo in prima linea, tra i fattori di rischio della depressione post-partum, ma ha un effetto negativo sull’autostima e sulla relazione di coppia, che invece sono dei fattori importanti nel determinarla.
Foto credits: Federico Dagostin
Informazioni utili:
Federico Dagostin – Fisioterapia e sessuologo
via Bossolaro 5
Pavia
http://federicodagostin.com/
347 900 5957
Valentina Colmi
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