Partiamo dal presupposto che il senso di colpa per quanto mi riguarda è atavico. Mi sono sempre sentita in difetto su tutto e non solo nei confronti dei miei genitori, ma anche del perfetto sconosciuto che incontravo per strada e che magari mi faceva un’osservazione. Figuriamoci poi quando sono diventata mamma: l’ho già detto più volte che nei confronti di Paola io mi sento perennemente in difetto, visto che per colpa della depressione post partum sono stata sua madre zoppa per qualche tempo.
Ho voluto saperne di più. Perché è questo il mio stato d’animo? Mi è venuto in soccorso un articolo di Nicola Ghezzani, psicoterapeuta, che ha spiegato molto bene che cos’è dal punto di vista psicologico questo benedetto senso di colpa, anche in relazione alla depressione post partum. Il pezzo è piuttosto lungo, ma diciamo che il succo è questo.
il senso di colpa è da una parte manipolatorio. Viene attuato in maniera più o meno consapevole da parte di chi – per esempio i genitori – vuole appunto controllare “la sensibilità affettiva e le azioni di un altro che deve avere un forte ascendente su di lui”. Può capitare che questa manipolazione abbia fini educativi, ma ovviamente finisce per demolire l’autostima di chi la subisce che vivrà appunto come uno sbaglio un comportamento diverso da quello che gli viene imposto da persone vicine.
Il senso di colpa a volte impedisce (letteralmente) di vivere. Io ne so qualcosa, almeno è stato così. Per esempio se a instillare il senso di colpa è la famiglia d’origine e si tratta di un bambino – o di un adolescente – si può attraverso la terapia compiere un processo di re-affiliazione, spostare cioè l’amore ad altre figure adulte. Cosa ovviamente molto difficile.
Per un adulto invece potrebbe essere più facile difendersi, perché ci si libera con l’oggettivazione: in altre parole si ragiona sul fatto che il senso di colpa che viene provocato in realtà non ha senso di esserci.
il senso di colpa nasce soprattutto in famiglia. Si scopre l’acqua calda? Forse sì, ma magari uno cresce e non si rende conto che sono proprio le persone più vicine a provocare danni. Oppure – e per esempio è il mio caso – si prova un senso di colpa verso tutto ciò che ci circonda. Come dicevo all’inizio, io lo provo verso mio marito, le mie figlie, se scrivo male un articolo e via dicendo.
Di solito – ed è inutile forse sottolinearlo – chi è più sensibile lo prova. Io sì, sono molto sensibile, a volte fragile come il cristallo e mi sembra di non essere mai abbastanza. Come facciamo allora a liberarcene? Facendo una cosa che anche per chi è ammalata di depressione post partum non è semplice: diventare egoisti, ma in senso positivo, cioè spezzare quelle catene che ci tengono imprigionati e dedicarci a noi stessi, per migliorare.
Io ho deciso che voglio fare delle cose per volermi più bene: la danza, mangiare meglio, dedicarmi a progetti che mi piacciono. e voi?
Ma alla fine, che cos’è davvero il senso di colpa?
Partiamo dal presupposto che il senso di colpa per quanto mi riguarda è atavico. Mi sono sempre sentita in difetto su tutto e non solo nei confronti dei miei genitori, ma anche del perfetto sconosciuto che incontravo per strada e che magari mi faceva un’osservazione. Figuriamoci poi quando sono diventata mamma: l’ho già detto più volte che nei confronti di Paola io mi sento perennemente in difetto, visto che per colpa della depressione post partum sono stata sua madre zoppa per qualche tempo.
Ho voluto saperne di più. Perché è questo il mio stato d’animo? Mi è venuto in soccorso un articolo di Nicola Ghezzani, psicoterapeuta, che ha spiegato molto bene che cos’è dal punto di vista psicologico questo benedetto senso di colpa, anche in relazione alla depressione post partum. Il pezzo è piuttosto lungo, ma diciamo che il succo è questo.
Per un adulto invece potrebbe essere più facile difendersi, perché ci si libera con l’oggettivazione: in altre parole si ragiona sul fatto che il senso di colpa che viene provocato in realtà non ha senso di esserci.
Di solito – ed è inutile forse sottolinearlo – chi è più sensibile lo prova. Io sì, sono molto sensibile, a volte fragile come il cristallo e mi sembra di non essere mai abbastanza. Come facciamo allora a liberarcene? Facendo una cosa che anche per chi è ammalata di depressione post partum non è semplice: diventare egoisti, ma in senso positivo, cioè spezzare quelle catene che ci tengono imprigionati e dedicarci a noi stessi, per migliorare.
Io ho deciso che voglio fare delle cose per volermi più bene: la danza, mangiare meglio, dedicarmi a progetti che mi piacciono. e voi?
Foto credits: Pixabay
Valentina Colmi
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