Ho conosciuto Sara Venneri attraverso un suo post davvero molto importante, che è stato condiviso e commentato da tantissimi utenti del web. L’ho contattata e lei mi ha concesso questa bellissima intervista, che trovo ricca di informazioni e spunti. Ecco come si descrive: “34 anni, mamma di tre, dirigente di un poliambulatorio privato accreditato a Milano, che tra le altre cose si occupa di gravidanza, seguendo la donna durante l’intero percorso nascita, dando alle donne la possibilità, con il servizio sanitario, di essere seguite mediante un modello di assistenza di coopresenza medico/ostetrica…e Doula, sempre“. Vi lascio alle sue parole che spero possano dare origine ad un dibattito importante: perché la gravidanza e il parto devono ritornare in mano alle donne, almeno secondo me.
Il tuo post su facebook ha avuto moltissimo successo, segno che in tante vivono ancora male il momento del parto. Secondo te quali sono le condizioni per avere un buon parto?
Si il mio post è stato condiviso tantissimo…”condiviso” è il verbo giusto, tante donne si sono riviste, in tutto, in poco, in nulla…ma hanno ugualmente CON-DIVISO il peso e l’amore che accompagnava il mio racconto. Il movimento che ho osservato, a parte qualche voce fuori dal coro, è stato proprio quello di accogliere, riconoscersi e offrirsi nuovamente, ripostandolo. Ancheladdove ci sono arrivati racconti di violenza, di rammarico o di sofferenza, io ci ho letto un forte segno di fiducia, di speranza e di guarigione, una guarigione tipica del femminile, che appunto utilizza la condivisione. Lanciando il dolore in un “cerchio virtuale”, lo frantuma, lo riduce a brandelli nelle mani delle altre donne, sorelle, che in quell’istante sono tutte nuovamente collegate e connesse sotto una enorme ”Tenda Rossa” , per chi sa cos’è, al sicuro.
Rispetto al buon parto… è dura, è dura perché non siamo sempre sincere con noi stesse, perché viviamo in una comunità che tenta disperatamente di porsi al di sopra della natura, di annientare il rischio, di pretendere l’eccellenza. Sincere, sapere ammettere che non siamo disposte ad abbandonarci, che non siamo disposte a perdere il controllo, non per affidarlo ad altri, ma proprio …per perdersi, semplicemente, spaventosamente perdersi.
Non siamo disposte a farlo, e se anche lo fossimo, viviamo in micro comunità, che non ce lo permetterebbero di sicuro. Viviamo i nove mesi di gravidanza come una lunga e silenziosa malattia, per quanto se ne dica, facciamo esami tutti i mesi, tanti dei quali inutili, dettati solo dalla paura dei professionisti che temono l’ingiusta responsabilità di cui li carichiamo. Nove mesi affidate alle cure di altri, che ci dicono cosa mangiare, quanto mangiare, se stiamo bene, se stiamo male, riducendo il grandioso ed inspiegabile miracolo che stiamo compiendo, a curve, grafici, punteggi, calcoli e indici… non serve…o meglio…non basta. C’è altro, c’è l’angosciante quanto innegabile consapevolezza della infinità volubilità della vita. Pretendiamo di essere onnipotenti, non accettiamo di non essere il fine, ma un tramite, il portale di altro… Credo che la prima importante condizione sia questa: restare in apertura, abbandonare tutto ciò che ci incasella, ci lega, ci “protocolla” e iniziare a scegliere e a prenderci le responsabilità delle nostre scelte, nessuno sceglierà per noi durante la nostra gravidanza o il nostro parto, forse ci faranno credere di farlo, ci “consiglieranno” ma poi ti sottoporranno il fatidico “consenso informato” che in ogni caso li solleva da ogni responsabilità… Quindi si, scegliere, senza paura, da subito, non c’è argomento, scienza o teoria che non siamo in grado di comprendere e di discutere…soprattutto se si tratta di uno stato fisiologico come quello della Gravidanza.
Le donne quanto vengono preparate per il momento del parto? Durante il corso pre parto ad esempio non si affrontano tanti argomenti, si dà per scontato per esempio che si debba partorire sdraiate, oppure non si parla dell’aspetto emotivo della maternità. Tu cosa ne pensi?
Preparate poco… pochissimo, in modo didattico, riempiendo la mamma di informazioni, e passando in questo modo l’errata convinzione di poter, anche in quell’occasione , mantenere il controllo… non è così. Se la donna resta tanto lucida da ricordare cosa le aveva suggerito l’ostetrica al corso preparto, o cosa succederà una volta arrivata a 7 cm di dilatazione, significa avere scelto il corso preparto sbagliato! Come spesso ho sentito dire o letto sui lavori di preziosi Ostetrici come Odent per esempio o Leboyer,la donna rispettata in travaglio si isola, spegne la neocorteccia dove sono “salvati i nostri file recenti” per usare un lessico 2.0, tra cui appunto, anche il corso preparto, si riconnette a quella parte antica di conoscenza che le permetterà di partorire. Ogni stimolazione alla “memoria recente” appunto la neocorteccia, rappresenta un, più o meno piccolo, passo indietro. Il corso preparto non deve essere un mini corso in ostetricia, non deve spiegare come funziona il parto all’interno di uno specifico Ospedale, ma deve aiutare la donna a ritrovare sicurezza, la consapevolezza di SAPER PARTORIRE, di cui la medicalizzazione ci ha pian piano private.
Nella mia struttura ho progettato, desiderato e fortemente voluto i corsi preparto, cerchiamo continuamente di migliorarci, di aggiungere, di ampliare e trasformare il percorso in maniera quasi individuale, ma sono fortemente convinta, e più gli anni passano, più me ne viene data conferma dai fatti, che l’unico vero modo per prepararsi al parto non sia leggere, studiare, appuntarsi nozioni e imparare, bisognerebbe poter rincominciare a vivere il parto…ristabilire l’ordine delle cose, che vedeva le donne con le donne e per le donne, il parto da che ne abbiamo memoria, era un momento tutto femminile, c’erano comunità in cui gli uomini partecipavano, certo, ma era un sapere in mano alle sole donne, donne che davano alla luce e donne che accoglievano la stessa luce. Quando era il momento, sapevi a cosa andavi incontro, non te lo avevano spiegato, ma avevi visto, ascoltato, aiutato e sostenuto altre donne prima di te. C’è un enorme differenza. Oggi siamo sole. Il corso preparto è l’unico strumento che abbiamo, quindi ben venga, ma va scelto con cura, possibilmente non all’interno di un ospedale e magari partecipare a cerchi di donne, tende rosse, momenti di aggregazione e seminari.
Da doula qual è il tuo percorso di accompagnamento alla mamma?
La Doula non è una figura sanitaria, e si occupa di sostenere e accompagnare la mamma, in gravidanza, durante il parto e nel post parto attraverso le scelte e la ricerca delle informazioni, da parte della cliente. Spesso veniamo additate, accusate, di fare qualcosa per cui non siamo preparate, ma in realtà, la Doula “non fa” proprio nulla, nulla che non potrebbe fare anche una sorella una madre un amica, ma con la differenza di un profondo lavoro su se stesse che in teoria prepara la Doula all’accoglienza e al sostegno senza giudizio. Non che non abbia una sua idea, per carità, alcune di noi sono persone altamente preparate e qualificate, psicologhe, infermiere, ibclc, ostetriche e altro ancora…, ma la difficoltà e la grandezza del nostro lavoro sta proprio li, nell’essere in grado di accogliere e proteggere il sogno di nascita che la mamma si costruisce pezzettino per pezzettino. Gioiamo di ogni sua conquista, anche laddove non avremmo fatto la stessa scelta, ma è il suo viaggio, io semplicemente mi siedo affianco, pronta, osservo e trasformo, elaboro e traduco, ma senza mai sostituirmi o prevaricando la mamma. Nello specifico di solito organizzo con la cliente una serie di incontri preparto, durante i quali ci si conosce, si parla… ma anche no, si legge… ma anche no, si lavora…ma anche no! sicuramente si cresce, quello sempre!
La Doula cerca di rendere l’esperienza di maternità della donna più gratificante possibile, e lo fa utilizzando strumenti creativi di ogni tipo. Ovviamente ci si rende reperibili, se la mamma lo desidera, per il travaglio e il parto, che devono quindi SEMPRE essere assistiti da personale Ostetrico, a casa o in ospedale. Nelle settimane/mesi successivi mi reco, secondo quanto stabilito prima del parto, ma anche e soprattutto in base all’esigenza della mamma, presso la casa della nuova famiglia. Nel postparto, in base alle proprie competenze, la Doula può essere più o meno autonoma, sarà una semplice ma fondamentale spalla, oppure potrà, intuendo o osservando le difficoltà della mamma, proporre incontri con professionisti in base alla specificità del bisogno.
Cosa proponete nel poliambulatorio che gestisci?
Nella mia struttura, che è un poliambulatorio privato accreditato, ci occupiamo della salute a 360 gradi. Abbiamo però attivato da ormai 6 anni, un percorso Nascita, che segue mamma e papà dagli esami preconcezionali. Le coppie che accedono alla struttura, hanno diritto, con il servizio sanitario Nazionale ad essere seguite da un’equipe composta da Ostetriche e Ginecologi, offrendo un servizio completo e fatto su misura di mamma. Spesso si ignora che di aver diritto in gravidanza ad essere seguite gratuitamente (o quasi), non solo da un Ginecologo, non solo in Ospedale, ma con il servizio sanitarioe da un ostetrica per esempio, figura di riferimento se si parla di fisiologia, per tutta la durata della gravidanza, al costo di circa 23 euro a visita, e le 3 ecografie previste dal sistema sanitario sono GRATUITE! Sempre. E’ prassi nel nostro bel paese, anche se non ce n’è ragione, a scegliere un medico privato, che per qualche inspiegabile motivo, visita e esegue ecografie tutti i mesi, fa ripetere esami di continuo, anche se si tratta di gravidanze fisiologiche, esami che in altri paesi non sono neppure previsti… ributtando sempre la madre nel circolo vizioso del: “se mi comporto bene e faccio quello che mi dicono non corro rischi” di cui parlavamo prima. In struttura le donne si affidano Ostetriche, da subito, perchépossano imparare a prendersi cura di loro stesse e della loro pancia, Il medico si occupa di prevenzione e patologia, il loro lavoro è strutturato in maniera tale da prendere in carico la donna senza privarla degli strumenti di controllo e cura che ogni essere umano deve possedere. L’ostetrica collabora in maniera costruttiva e sicura con i medici della struttura, che vengono attivati laddove se ne riconosca la necessità, come previsto dalle Linee Guida Nazionali sulla gestione della gravidanza fisiologica.
Periodicamente incontra la coppia, e li informa, accoglie i loro dubbi e le loro domande su argomenti che spaziano dalla gravidanza, al rapporto di coppia o il contesto in cui questo nuovo nucleo famigliare nascerà… l’Ostetrica è molto più che “quella che fa nascere i bambini” e può essere la salvezza delle famiglie che incontra.
No, io non lo consiglio, né come mamma che lo ha vissuto, tantomeno come Doula, sarebbe sbagliato, oltre che pericoloso. La nascita, è un momento delicato, “Grave” come lo definiva Leboyer, e la soluzione non è togliere Gravità, ma accettarla, più si è disposti a farlo, più sarà naturale scegliere un ambiente domestico, rispetto a quello ospedaliero. Il problema è che non è facile comprenderci intimamente, non è facile prendere atto di alcune nostre paure o zone d’ombra, quindi pensare di poter da un momento all’altro consigliare “a caso” il parto in casa a tutte, credo sia oltre che pericoloso, moralmente sbagliato. La donna deve conoscere, quello si, bisogna iniziare, come facciamo ai nostri corsi preparto, a parlare di “Luoghi del parto”, a non dare per scontata nessuna delle opzioni, sarà la stessa donna a decidere come e dove partorire.
Personalmente ho amato il mio terzo parto, l’ho nutrito come si fa con una creatura, un fiore, un sogno… poi, a poche settimane dalla nascita ho avuto paura, ho rimesso tutto in discussione, ho ammesso i miei dubbi a me a alla mia famiglia. Le mie paure sono state accolte dalle mie ostetriche, che hanno compreso il mio bisogno, e “sostenuto i miei dubbi” li hanno , come dire, resi “leciti”. Mi sono sentita compresa e al sicuro, così, quando è stato il momento per Lili di nascere, ero in casa, con loro, e la paura? … scomparsa, nessun dubbio, nessun timore, la mia bambina è nata in salotto, al buio, atterrando sulle mani morbide della mia ostetrica.
E’ stata dura, molto più dura degli altri parti, ma… come dire, è stato un altro modo, un’altra cosa, altro rispetto a quello a cui ero abituata, forte, intenso e vero, solo io e il mio travaglio, wow… se ci ripenso mi commuovo e mi manca, proprio come mancherebbe una creatura tua, qualcuno che hai nutrito e amato per nove lunghi mesi.
La depressione post partum può essere originata da un cattivo ricordo del parto?
Un buon parto dà alla mamma una forza straordinaria, oltre allo “stato di grazia” dovuto alla scarica ormonale di endorfine che vengono rilasciate al momento della nascita.
La soddisfazione e l’orgoglio di “avercela fatta” è un grande incentivo all’autostima e alla fiducia in sé stesse, che sarà fondamentale per una serie di processi necessari che seguono il parto: l’allattamento prima di tutto, ma vale per qualsiasi situazione ci si presenti in questa nuova vita a tre… dal controllo di crescita alla nanna, dallo svezzamento alle vaccinazioni… Un brutto parto, non fa di noi madri peggiori o incomplete, anzi! Ma rende tutto più difficile, perché mentre cerchiamo di osservare ciò che accade dentro di noi, mentre cerchiamo di elaborare il “lutto di un parto mancato” o l’umiliazione di una qualsiasi violenza ostetrica, intorno a noi succedono delle cose che in nessun modo tengono conto del nostro momento di stallo, perdiamo il sonno, non abbiamo tempo per la doccia, magari fuori piove, e nessuno a parte la mamma viene a trovarci, oppure vengono in troppi… insomma, non è una buona partenza. Non sono una specialista, non sono una psicologa, ma sono mamma di tre bambini e ho assistito a diverse nascite, quello che so riguarda solo la mia esperienza personale o quello che ho letto sull’argomento, però una cosa secondo me va detta…quando una donna arriva al momento della nascita spesso si trova faccia a faccia con nodi del proprio passato, con traumi magari mai rielaborati, il parto può essere la cura o un coperchio di un vaso che va in frantumi, creando voragini emotive e psicologiche che possono portare poi alla depressione. Esistono … mille e una sfumatura di momenti difficili dopo il parto, alle mamme va detto già prima, che è tutto normale, che può succedere. In struttura invitiamo spesso le mamme ancora in attesa, ai corsi postparto, proprio perché secondo noi è un ottimo modo per introdurre quale sarà la condizione al rientro. La mamma aiutata, da una persona competente e preparata, che sappia accogliere con il giusto peso il mutamento soprattutto emotivo del puerperio, impara a prendersi cura prima di tutto di sé stessa, e conseguentemente del suo bambino. La depressione postparto può essere molto pericolosa, ma un’ostetrica accanto in gravidanza ad esempio, e un parto rispettato e nutriente, può già di per sé essere un deterrente.
Cosa secondo te dovrebbe cambiare nel modo di gestire la gravidanza e anche il dopo?
Va umanizzato, tutto, va reso, come dicevo, alle donne. Vanno creati ambienti protetti, che lascino avere alla mamma la PROPRIA gravidanza e il PROPRIO parto. Studi, neanche tanto recenti, dimostrano che protocolli e standardizzazione dell’approccio del personale sanitario, possono creare gravi conseguenze sull’andamento fisiologico del parto, e ripercuotersi successivamente quindi anche sul puerperio o su aspetti più personali come la sessualità ad esempio. Se si vuole restare all’interno di un ospedale, andrebbero create case maternità all’interno della struttura, gestite da sole ostetriche, ma ad un passo dalla tecnologia che nel 2016 può salvare la vita a mamma e bambino, ma solo se ce n’è il reale bisogno, tutto questo avrebbe un costo pari a zero, disponendo già del personale e degli spazi, e non necessitando di ulteriori strumenti o attrezzature. Per quanto un ospedale provi a seguire la fisiologia, non potrà mai trattare ogni caso specifico come se fosse il solo, significherebbe ogni volta ridisporre risorse economiche e di personale in pochi minuti, senza conoscere realmente la storia (non solo quella clinica) della mamma, che arriva in struttura. Quindi credo che la gestione autonoma da parte di un’ostetrica durante la gravidanza e la possibilità di rivolgersi a strutture appositamente pensate per l’evento nascita, possa essere il modo migliore per mettere al mondo il proprio bambino, migliore per la donna e migliore per chi si fa carico dei costi, che così facendo sarebbero infinitamente più bassi, e non peserebbero tanto, come invece succede oggi a causa dell’ospedalizzazione.
Foto credits: Sara Venneri
Se volete saperne di più, ecco dove potete chiedere informazioni (per sapere anche dove chiedere aiuto)
Sara Venneri: “Bisogna ridare alle mamme la consapevolezza di saper partorire”
Ho conosciuto Sara Venneri attraverso un suo post davvero molto importante, che è stato condiviso e commentato da tantissimi utenti del web. L’ho contattata e lei mi ha concesso questa bellissima intervista, che trovo ricca di informazioni e spunti. Ecco come si descrive: “34 anni, mamma di tre, dirigente di un poliambulatorio privato accreditato a Milano, che tra le altre cose si occupa di gravidanza, seguendo la donna durante l’intero percorso nascita, dando alle donne la possibilità, con il servizio sanitario, di essere seguite mediante un modello di assistenza di coopresenza medico/ostetrica…e Doula, sempre“. Vi lascio alle sue parole che spero possano dare origine ad un dibattito importante: perché la gravidanza e il parto devono ritornare in mano alle donne, almeno secondo me.
Il tuo post su facebook ha avuto moltissimo successo, segno che in tante vivono ancora male il momento del parto. Secondo te quali sono le condizioni per avere un buon parto?
Si il mio post è stato condiviso tantissimo…”condiviso” è il verbo giusto, tante donne si sono riviste, in tutto, in poco, in nulla…ma hanno ugualmente CON-DIVISO il peso e l’amore che accompagnava il mio racconto. Il movimento che ho osservato, a parte qualche voce fuori dal coro, è stato proprio quello di accogliere, riconoscersi e offrirsi nuovamente, ripostandolo. Anche laddove ci sono arrivati racconti di violenza, di rammarico o di sofferenza, io ci ho letto un forte segno di fiducia, di speranza e di guarigione, una guarigione tipica del femminile, che appunto utilizza la condivisione. Lanciando il dolore in un “cerchio virtuale”, lo frantuma, lo riduce a brandelli nelle mani delle altre donne, sorelle, che in quell’istante sono tutte nuovamente collegate e connesse sotto una enorme ”Tenda Rossa” , per chi sa cos’è, al sicuro.
Rispetto al buon parto… è dura, è dura perché non siamo sempre sincere con noi stesse, perché viviamo in una comunità che tenta disperatamente di porsi al di sopra della natura, di annientare il rischio, di pretendere l’eccellenza. Sincere, sapere ammettere che non siamo disposte ad abbandonarci, che non siamo disposte a perdere il controllo, non per affidarlo ad altri, ma proprio …per perdersi, semplicemente, spaventosamente perdersi.
Non siamo disposte a farlo, e se anche lo fossimo, viviamo in micro comunità, che non ce lo permetterebbero di sicuro. Viviamo i nove mesi di gravidanza come una lunga e silenziosa malattia, per quanto se ne dica, facciamo esami tutti i mesi, tanti dei quali inutili, dettati solo dalla paura dei professionisti che temono l’ingiusta responsabilità di cui li carichiamo. Nove mesi affidate alle cure di altri, che ci dicono cosa mangiare, quanto mangiare, se stiamo bene, se stiamo male, riducendo il grandioso ed inspiegabile miracolo che stiamo compiendo, a curve, grafici, punteggi, calcoli e indici… non serve…o meglio…non basta. C’è altro, c’è l’angosciante quanto innegabile consapevolezza della infinità volubilità della vita. Pretendiamo di essere onnipotenti, non accettiamo di non essere il fine, ma un tramite, il portale di altro… Credo che la prima importante condizione sia questa: restare in apertura, abbandonare tutto ciò che ci incasella, ci lega, ci “protocolla” e iniziare a scegliere e a prenderci le responsabilità delle nostre scelte, nessuno sceglierà per noi durante la nostra gravidanza o il nostro parto, forse ci faranno credere di farlo, ci “consiglieranno” ma poi ti sottoporranno il fatidico “consenso informato” che in ogni caso li solleva da ogni responsabilità… Quindi si, scegliere, senza paura, da subito, non c’è argomento, scienza o teoria che non siamo in grado di comprendere e di discutere…soprattutto se si tratta di uno stato fisiologico come quello della Gravidanza.
Le donne quanto vengono preparate per il momento del parto? Durante il corso pre parto ad esempio non si affrontano tanti argomenti, si dà per scontato per esempio che si debba partorire sdraiate, oppure non si parla dell’aspetto emotivo della maternità. Tu cosa ne pensi?
Preparate poco… pochissimo, in modo didattico, riempiendo la mamma di informazioni, e passando in questo modo l’errata convinzione di poter, anche in quell’occasione , mantenere il controllo… non è così. Se la donna resta tanto lucida da ricordare cosa le aveva suggerito l’ostetrica al corso preparto, o cosa succederà una volta arrivata a 7 cm di dilatazione, significa avere scelto il corso preparto sbagliato! Come spesso ho sentito dire o letto sui lavori di preziosi Ostetrici come Odent per esempio o Leboyer, la donna rispettata in travaglio si isola, spegne la neocorteccia dove sono “salvati i nostri file recenti” per usare un lessico 2.0, tra cui appunto, anche il corso preparto, si riconnette a quella parte antica di conoscenza che le permetterà di partorire. Ogni stimolazione alla “memoria recente” appunto la neocorteccia, rappresenta un, più o meno piccolo, passo indietro. Il corso preparto non deve essere un mini corso in ostetricia, non deve spiegare come funziona il parto all’interno di uno specifico Ospedale, ma deve aiutare la donna a ritrovare sicurezza, la consapevolezza di SAPER PARTORIRE, di cui la medicalizzazione ci ha pian piano private.
Nella mia struttura ho progettato, desiderato e fortemente voluto i corsi preparto, cerchiamo continuamente di migliorarci, di aggiungere, di ampliare e trasformare il percorso in maniera quasi individuale, ma sono fortemente convinta, e più gli anni passano, più me ne viene data conferma dai fatti, che l’unico vero modo per prepararsi al parto non sia leggere, studiare, appuntarsi nozioni e imparare, bisognerebbe poter rincominciare a vivere il parto…ristabilire l’ordine delle cose, che vedeva le donne con le donne e per le donne, il parto da che ne abbiamo memoria, era un momento tutto femminile, c’erano comunità in cui gli uomini partecipavano, certo, ma era un sapere in mano alle sole donne, donne che davano alla luce e donne che accoglievano la stessa luce. Quando era il momento, sapevi a cosa andavi incontro, non te lo avevano spiegato, ma avevi visto, ascoltato, aiutato e sostenuto altre donne prima di te. C’è un enorme differenza. Oggi siamo sole. Il corso preparto è l’unico strumento che abbiamo, quindi ben venga, ma va scelto con cura, possibilmente non all’interno di un ospedale e magari partecipare a cerchi di donne, tende rosse, momenti di aggregazione e seminari.
Da doula qual è il tuo percorso di accompagnamento alla mamma?
La Doula non è una figura sanitaria, e si occupa di sostenere e accompagnare la mamma, in gravidanza, durante il parto e nel post parto attraverso le scelte e la ricerca delle informazioni, da parte della cliente. Spesso veniamo additate, accusate, di fare qualcosa per cui non siamo preparate, ma in realtà, la Doula “non fa” proprio nulla, nulla che non potrebbe fare anche una sorella una madre un amica, ma con la differenza di un profondo lavoro su se stesse che in teoria prepara la Doula all’accoglienza e al sostegno senza giudizio. Non che non abbia una sua idea, per carità, alcune di noi sono persone altamente preparate e qualificate, psicologhe, infermiere, ibclc, ostetriche e altro ancora…, ma la difficoltà e la grandezza del nostro lavoro sta proprio li, nell’essere in grado di accogliere e proteggere il sogno di nascita che la mamma si costruisce pezzettino per pezzettino. Gioiamo di ogni sua conquista, anche laddove non avremmo fatto la stessa scelta, ma è il suo viaggio, io semplicemente mi siedo affianco, pronta, osservo e trasformo, elaboro e traduco, ma senza mai sostituirmi o prevaricando la mamma. Nello specifico di solito organizzo con la cliente una serie di incontri preparto, durante i quali ci si conosce, si parla… ma anche no, si legge… ma anche no, si lavora…ma anche no! sicuramente si cresce, quello sempre!
La Doula cerca di rendere l’esperienza di maternità della donna più gratificante possibile, e lo fa utilizzando strumenti creativi di ogni tipo. Ovviamente ci si rende reperibili, se la mamma lo desidera, per il travaglio e il parto, che devono quindi SEMPRE essere assistiti da personale Ostetrico, a casa o in ospedale. Nelle settimane/mesi successivi mi reco, secondo quanto stabilito prima del parto, ma anche e soprattutto in base all’esigenza della mamma, presso la casa della nuova famiglia. Nel postparto, in base alle proprie competenze, la Doula può essere più o meno autonoma, sarà una semplice ma fondamentale spalla, oppure potrà, intuendo o osservando le difficoltà della mamma, proporre incontri con professionisti in base alla specificità del bisogno.
Cosa proponete nel poliambulatorio che gestisci?
Nella mia struttura, che è un poliambulatorio privato accreditato, ci occupiamo della salute a 360 gradi. Abbiamo però attivato da ormai 6 anni, un percorso Nascita, che segue mamma e papà dagli esami preconcezionali. Le coppie che accedono alla struttura, hanno diritto, con il servizio sanitario Nazionale ad essere seguite da un’equipe composta da Ostetriche e Ginecologi, offrendo un servizio completo e fatto su misura di mamma. Spesso si ignora che di aver diritto in gravidanza ad essere seguite gratuitamente (o quasi), non solo da un Ginecologo, non solo in Ospedale, ma con il servizio sanitario e da un ostetrica per esempio, figura di riferimento se si parla di fisiologia, per tutta la durata della gravidanza, al costo di circa 23 euro a visita, e le 3 ecografie previste dal sistema sanitario sono GRATUITE! Sempre. E’ prassi nel nostro bel paese, anche se non ce n’è ragione, a scegliere un medico privato, che per qualche inspiegabile motivo, visita e esegue ecografie tutti i mesi, fa ripetere esami di continuo, anche se si tratta di gravidanze fisiologiche, esami che in altri paesi non sono neppure previsti… ributtando sempre la madre nel circolo vizioso del: “se mi comporto bene e faccio quello che mi dicono non corro rischi” di cui parlavamo prima. In struttura le donne si affidano Ostetriche, da subito, perché possano imparare a prendersi cura di loro stesse e della loro pancia, Il medico si occupa di prevenzione e patologia, il loro lavoro è strutturato in maniera tale da prendere in carico la donna senza privarla degli strumenti di controllo e cura che ogni essere umano deve possedere. L’ostetrica collabora in maniera costruttiva e sicura con i medici della struttura, che vengono attivati laddove se ne riconosca la necessità, come previsto dalle Linee Guida Nazionali sulla gestione della gravidanza fisiologica.
Periodicamente incontra la coppia, e li informa, accoglie i loro dubbi e le loro domande su argomenti che spaziano dalla gravidanza, al rapporto di coppia o il contesto in cui questo nuovo nucleo famigliare nascerà… l’Ostetrica è molto più che “quella che fa nascere i bambini” e può essere la salvezza delle famiglie che incontra.
Tu consigli per esempio il parto in casa?
No, io non lo consiglio, né come mamma che lo ha vissuto, tantomeno come Doula, sarebbe sbagliato, oltre che pericoloso. La nascita, è un momento delicato, “Grave” come lo definiva Leboyer, e la soluzione non è togliere Gravità, ma accettarla, più si è disposti a farlo, più sarà naturale scegliere un ambiente domestico, rispetto a quello ospedaliero. Il problema è che non è facile comprenderci intimamente, non è facile prendere atto di alcune nostre paure o zone d’ombra, quindi pensare di poter da un momento all’altro consigliare “a caso” il parto in casa a tutte, credo sia oltre che pericoloso, moralmente sbagliato. La donna deve conoscere, quello si, bisogna iniziare, come facciamo ai nostri corsi preparto, a parlare di “Luoghi del parto”, a non dare per scontata nessuna delle opzioni, sarà la stessa donna a decidere come e dove partorire.
Personalmente ho amato il mio terzo parto, l’ho nutrito come si fa con una creatura, un fiore, un sogno… poi, a poche settimane dalla nascita ho avuto paura, ho rimesso tutto in discussione, ho ammesso i miei dubbi a me a alla mia famiglia. Le mie paure sono state accolte dalle mie ostetriche, che hanno compreso il mio bisogno, e “sostenuto i miei dubbi” li hanno , come dire, resi “leciti”. Mi sono sentita compresa e al sicuro, così, quando è stato il momento per Lili di nascere, ero in casa, con loro, e la paura? … scomparsa, nessun dubbio, nessun timore, la mia bambina è nata in salotto, al buio, atterrando sulle mani morbide della mia ostetrica.
E’ stata dura, molto più dura degli altri parti, ma… come dire, è stato un altro modo, un’altra cosa, altro rispetto a quello a cui ero abituata, forte, intenso e vero, solo io e il mio travaglio, wow… se ci ripenso mi commuovo e mi manca, proprio come mancherebbe una creatura tua, qualcuno che hai nutrito e amato per nove lunghi mesi.
La depressione post partum può essere originata da un cattivo ricordo del parto?
Un buon parto dà alla mamma una forza straordinaria, oltre allo “stato di grazia” dovuto alla scarica ormonale di endorfine che vengono rilasciate al momento della nascita.
La soddisfazione e l’orgoglio di “avercela fatta” è un grande incentivo all’autostima e alla fiducia in sé stesse, che sarà fondamentale per una serie di processi necessari che seguono il parto: l’allattamento prima di tutto, ma vale per qualsiasi situazione ci si presenti in questa nuova vita a tre… dal controllo di crescita alla nanna, dallo svezzamento alle vaccinazioni… Un brutto parto, non fa di noi madri peggiori o incomplete, anzi! Ma rende tutto più difficile, perché mentre cerchiamo di osservare ciò che accade dentro di noi, mentre cerchiamo di elaborare il “lutto di un parto mancato” o l’umiliazione di una qualsiasi violenza ostetrica, intorno a noi succedono delle cose che in nessun modo tengono conto del nostro momento di stallo, perdiamo il sonno, non abbiamo tempo per la doccia, magari fuori piove, e nessuno a parte la mamma viene a trovarci, oppure vengono in troppi… insomma, non è una buona partenza. Non sono una specialista, non sono una psicologa, ma sono mamma di tre bambini e ho assistito a diverse nascite, quello che so riguarda solo la mia esperienza personale o quello che ho letto sull’argomento, però una cosa secondo me va detta…quando una donna arriva al momento della nascita spesso si trova faccia a faccia con nodi del proprio passato, con traumi magari mai rielaborati, il parto può essere la cura o un coperchio di un vaso che va in frantumi, creando voragini emotive e psicologiche che possono portare poi alla depressione. Esistono … mille e una sfumatura di momenti difficili dopo il parto, alle mamme va detto già prima, che è tutto normale, che può succedere. In struttura invitiamo spesso le mamme ancora in attesa, ai corsi postparto, proprio perché secondo noi è un ottimo modo per introdurre quale sarà la condizione al rientro. La mamma aiutata, da una persona competente e preparata, che sappia accogliere con il giusto peso il mutamento soprattutto emotivo del puerperio, impara a prendersi cura prima di tutto di sé stessa, e conseguentemente del suo bambino. La depressione postparto può essere molto pericolosa, ma un’ostetrica accanto in gravidanza ad esempio, e un parto rispettato e nutriente, può già di per sé essere un deterrente.
Cosa secondo te dovrebbe cambiare nel modo di gestire la gravidanza e anche il dopo?
Va umanizzato, tutto, va reso, come dicevo, alle donne. Vanno creati ambienti protetti, che lascino avere alla mamma la PROPRIA gravidanza e il PROPRIO parto. Studi, neanche tanto recenti, dimostrano che protocolli e standardizzazione dell’approccio del personale sanitario, possono creare gravi conseguenze sull’andamento fisiologico del parto, e ripercuotersi successivamente quindi anche sul puerperio o su aspetti più personali come la sessualità ad esempio. Se si vuole restare all’interno di un ospedale, andrebbero create case maternità all’interno della struttura, gestite da sole ostetriche, ma ad un passo dalla tecnologia che nel 2016 può salvare la vita a mamma e bambino, ma solo se ce n’è il reale bisogno, tutto questo avrebbe un costo pari a zero, disponendo già del personale e degli spazi, e non necessitando di ulteriori strumenti o attrezzature. Per quanto un ospedale provi a seguire la fisiologia, non potrà mai trattare ogni caso specifico come se fosse il solo, significherebbe ogni volta ridisporre risorse economiche e di personale in pochi minuti, senza conoscere realmente la storia (non solo quella clinica) della mamma, che arriva in struttura. Quindi credo che la gestione autonoma da parte di un’ostetrica durante la gravidanza e la possibilità di rivolgersi a strutture appositamente pensate per l’evento nascita, possa essere il modo migliore per mettere al mondo il proprio bambino, migliore per la donna e migliore per chi si fa carico dei costi, che così facendo sarebbero infinitamente più bassi, e non peserebbero tanto, come invece succede oggi a causa dell’ospedalizzazione.
Foto credits: Sara Venneri
Se volete saperne di più, ecco dove potete chiedere informazioni (per sapere anche dove chiedere aiuto)
www.doulasara.it
saraveneri@poliambulatoriomedica.it
Valentina Colmi
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Oggi è la Giornata Mondiale contro la depressione. Perché scelgo di vivere ogni giorno.
Oggi, 7 aprile, è la Giornata Mondiale contro la depressione. Io e Barbara Damiano abbiamo deciso un mese fa di parlare delle nostre storie per testimoniare che la vita – anche quando davvero sei al limite delle forze e sei esausto – in qualche modo di sorprende sempre. E non sono solo parole: è la verità. Se fossimo in un film ad un certo punto ci troveremmo di fronte al punto di svolta, quello che ti fa decidere se prendere una decisione piuttosto che un’altra, oppure interverrebbe qualcosa – una persona, un evento scatenante o una particolare situazione – capace di invertire la rotta. Per noi è successo, non è impossibile. Si può. Questa è la mia testimonianza raccontata sotto forma di lettera alla me stessa di quasi 15 anni fa: una me stessa che si amava poco o nulla e che faceva perennemente finta. A lei va tutto il mio affetto: non sono stati…
Familiarmente Benessere e la cura della genitorialità – Pt. 2
‘Dire che la depressione post partum colpisce il 10 per cento delle neo mamme non ricalca assolutamente la realtà poiché c’è una enorme fetta di sommerso, di mamme che non comunicano questo malessere, che lo nascondono e che decidono di viverlo, affrontarlo e superarlo in silenzio’. Ciao mamme! Oggi prosegue l’intervista al centro Familiarmente Benessere, di cui abbiamo raccontato qualche giorno fa i progetti legati alla maternità e alla genitorialità in generale. DOVE. Familiarmente Benessere – Centro di benessere psicologico Viale Cesare Battisti 21, Pavia Tel. 0382188270/ 3319741064 E-mail: familiarmentebenessere@gmail.com
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