Dovremmo forse cominciare a pensare che la naturalità della maternità e l’abusato concetto di istinto materno non esistono a priori, per ogni donna, come si è diffusamente dato per scontato, che le difficoltà esistono, sono sempre esistite, stanno anzi aumentando parecchio, e che dar loro un nome è un modo per iniziare a circoscrivere ciò che non funziona da ciò che funziona. E che per coloro che non hanno avuto in dono dalle circostanze della vita l’istinto materno, esiste la possibilità dei “apprendere la maternità”. Con gli inevitabili errori, le molte cadute, i frequenti dubbi presenti in ogni apprendimento. Errori, dubbi e cadute che, preservando dall’arroganza di essere sempre nel giusto, sono più positivi di troppe certezze.
Quando l’ho letto Paola aveva: 10 mesi
Cosa mi ha lasciato questo libro. Sicuramente una frase: “Echecazzo, era pure ora“. Scusate il francesismo, ma Marilde Trinchero (qui c’è la sua intervista) mi ha compreso come succede solo quando faccio le sedute di psicoterapia. I miei dubbi e i miei timori erano scritti nero su bianco, le parole potevo averle scritte io. Io mi sono sentita spesso sola durante i primi periodi della depressione e non perché non avessi nessuno accanto, anzi. Eppure la disperazione ti lascia senza voce e non ti permette di sentire l’urlo di chi ti sta tendendo una mano. La maternità ti costringe a “vederti” in maniera profonda, in posti nascosti di te stessa che non vuoi toccare. Ma devi farlo per guarire. E sapere che non sono sbagliata, che i miei sentimenti sono normali e – soprattutto – condivisi mi ha aiutato a darmi meno colpe sul mio modo di essere madre.
Edizioni Magi
15 euro
Gustav Klimt, Le tre età di una donna: foto credits dal web
‘La solitudine delle madri’ – Marilde Trinchero
Il pezzo che mi è piaciuto di più:
Dovremmo forse cominciare a pensare che la naturalità della maternità e l’abusato concetto di istinto materno non esistono a priori, per ogni donna, come si è diffusamente dato per scontato, che le difficoltà esistono, sono sempre esistite, stanno anzi aumentando parecchio, e che dar loro un nome è un modo per iniziare a circoscrivere ciò che non funziona da ciò che funziona. E che per coloro che non hanno avuto in dono dalle circostanze della vita l’istinto materno, esiste la possibilità dei “apprendere la maternità”. Con gli inevitabili errori, le molte cadute, i frequenti dubbi presenti in ogni apprendimento. Errori, dubbi e cadute che, preservando dall’arroganza di essere sempre nel giusto, sono più positivi di troppe certezze.
Quando l’ho letto Paola aveva: 10 mesi
Cosa mi ha lasciato questo libro. Sicuramente una frase: “Echecazzo, era pure ora“. Scusate il francesismo, ma Marilde Trinchero (qui c’è la sua intervista) mi ha compreso come succede solo quando faccio le sedute di psicoterapia. I miei dubbi e i miei timori erano scritti nero su bianco, le parole potevo averle scritte io. Io mi sono sentita spesso sola durante i primi periodi della depressione e non perché non avessi nessuno accanto, anzi. Eppure la disperazione ti lascia senza voce e non ti permette di sentire l’urlo di chi ti sta tendendo una mano. La maternità ti costringe a “vederti” in maniera profonda, in posti nascosti di te stessa che non vuoi toccare. Ma devi farlo per guarire. E sapere che non sono sbagliata, che i miei sentimenti sono normali e – soprattutto – condivisi mi ha aiutato a darmi meno colpe sul mio modo di essere madre.
Edizioni Magi
15 euro
Gustav Klimt, Le tre età di una donna: foto credits dal web
Valentina Colmi
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