“Buongiorno, sono una donna di 30 anni che ha avuto 3 mesi fa la sua prima figlia. Ho avuto un parto bruttissimo: taglio cesareo con anestesia totale, in più l’allattamento non è partito e in ospedale mi hanno fatto sentire molto in colpa per questo fatto. Insomma la degenza mi ha piuttosto traumatizzata. A casa ho avuto due settimane di pianto dovute al crollo ormonale durante le quali facevo fatica ad essere serena con mia figlia, per cui provavo solo fastidio.
Le cose sono pian piano migliorate, ma anche ora a distanza di tre mesi appunto, ho delle crisi di pianto in cui mi sembra di essere profondamente infelice e di non essere all’altezza come madre. Mi sento perennemente in colpa con mio marito che continua a starmi molto vicino ed è il mio più grande aiuto, ma ho paura che alla fine possa stancarsi dei miei momenti no, quando gli urlo di tutto e gli dico che non sono contenta. Non so quanto conti il fatto di aver ripreso a lavorare un mese dopo aver partorito (sono un’autonoma e quindi se non lavoro non guadagno) e di lavorare da casa, ritrovandomi così a lavorare e al tempo stesso ad accudire la bambina, avendo così la sensazione di non fare bene nè l’una nè l’altra cosa. Mi sembra inoltre di aver perso la mia identità: non riesco ad “incastrare” la vita di prima con la maternità“.
E’ molto probabile che il parto difficile e il rientro immediato al lavoro, che ha portato ad una faticosa gestione quotidiana, abbiano contribuito a creare il clima che descrive. Per affrontare il vissuto di infelicità, il senso di colpa e la rabbia che prova, è necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta, che la possa aiutare ad elaborare il cambiamento che sta vivendo a livello personale, da donna a mamma. Cari saluti, il team medico di O.N.Da”.
E per voi neomamme che state a pezzi, dico: a volte chiedere aiuto è la più grande forma di coraggio e di amore verso se stessi. Io non sono mai stata né forte, né coraggiosa, ma ho capito che se volevo tornare di nuovo a vivere dovevo farlo rivolgendomi a qualcuno che mi avrebbe potuto indirizzare su una strada.
A volte le persone che ci vogliono bene sbagliano. E lo fanno non per cattiveria, ma perché non hanno gli strumenti per dirci quella parola che vogliamo sentirci dire oppure semplicemente non ci sono passate. Chiedete aiuto, anche se è molto difficile, anche se quando ci saranno i giorni buoni vi direte “che stupida che ero”(ma il pianto è sempre lì, non ve ne libererete): io per esempio, oltre al sito depressionepostpartum.it, ho trovato molto conforto nell’Oasi della mamme, leggendo nel forum che tante donne ci sono passate, mi sono sentita molto ma molto più compresa. Ci sono però anche tanti centri e associazioni sparsi per il territorio che vi possono dare una mano (potete trovare l’elenco completo nella sezione Per te nuova mamma–> Dove puoi chiedere aiuto). Io sto seguendo un percorso terapeutico in ospedale.
Sì, perché delle persone “fisiche”, quando si tira fuori la depressione post partum improvvisamente parlano gli sguardi, più che le parole. E quello che leggi nei loro occhi può non piacerti per niente.
La prima volta che ho chiesto aiuto
Domanda di lunedì 15 luglio 2013:
“Buongiorno, sono una donna di 30 anni che ha avuto 3 mesi fa la sua prima figlia. Ho avuto un parto bruttissimo: taglio cesareo con anestesia totale, in più l’allattamento non è partito e in ospedale mi hanno fatto sentire molto in colpa per questo fatto. Insomma la degenza mi ha piuttosto traumatizzata. A casa ho avuto due settimane di pianto dovute al crollo ormonale durante le quali facevo fatica ad essere serena con mia figlia, per cui provavo solo fastidio.
Le cose sono pian piano migliorate, ma anche ora a distanza di tre mesi appunto, ho delle crisi di pianto in cui mi sembra di essere profondamente infelice e di non essere all’altezza come madre. Mi sento perennemente in colpa con mio marito che continua a starmi molto vicino ed è il mio più grande aiuto, ma ho paura che alla fine possa stancarsi dei miei momenti no, quando gli urlo di tutto e gli dico che non sono contenta. Non so quanto conti il fatto di aver ripreso a lavorare un mese dopo aver partorito (sono un’autonoma e quindi se non lavoro non guadagno) e di lavorare da casa, ritrovandomi così a lavorare e al tempo stesso ad accudire la bambina, avendo così la sensazione di non fare bene nè l’una nè l’altra cosa. Mi sembra inoltre di aver perso la mia identità: non riesco ad “incastrare” la vita di prima con la maternità“.
Grazie
Valentina
Risposta del 16 luglio 2013 dal sito depressionepostpartum.it:
“Cara Valentina,
E’ molto probabile che il parto difficile e il rientro immediato al lavoro, che ha portato ad una faticosa gestione quotidiana, abbiano contribuito a creare il clima che descrive. Per affrontare il vissuto di infelicità, il senso di colpa e la rabbia che prova, è necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta, che la possa aiutare ad elaborare il cambiamento che sta vivendo a livello personale, da donna a mamma. Cari saluti, il team medico di O.N.Da”.
E per voi neomamme che state a pezzi, dico: a volte chiedere aiuto è la più grande forma di coraggio e di amore verso se stessi. Io non sono mai stata né forte, né coraggiosa, ma ho capito che se volevo tornare di nuovo a vivere dovevo farlo rivolgendomi a qualcuno che mi avrebbe potuto indirizzare su una strada.
A volte le persone che ci vogliono bene sbagliano. E lo fanno non per cattiveria, ma perché non hanno gli strumenti per dirci quella parola che vogliamo sentirci dire oppure semplicemente non ci sono passate. Chiedete aiuto, anche se è molto difficile, anche se quando ci saranno i giorni buoni vi direte “che stupida che ero”(ma il pianto è sempre lì, non ve ne libererete): io per esempio, oltre al sito depressionepostpartum.it, ho trovato molto conforto nell’Oasi della mamme, leggendo nel forum che tante donne ci sono passate, mi sono sentita molto ma molto più compresa. Ci sono però anche tanti centri e associazioni sparsi per il territorio che vi possono dare una mano (potete trovare l’elenco completo nella sezione Per te nuova mamma–> Dove puoi chiedere aiuto). Io sto seguendo un percorso terapeutico in ospedale.
Sì, perché delle persone “fisiche”, quando si tira fuori la depressione post partum improvvisamente parlano gli sguardi, più che le parole. E quello che leggi nei loro occhi può non piacerti per niente.
Valentina Colmi
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