Ci sono state delle volte in cui non riuscivo ad alzarmi dal letto. Volevo le persiane abbassate, la luce spenta. Non avevo nessun altro desiderio se non quello di dormire. Mio marito si occupava della bambina. Quando dicevo che non stavo bene e che avrei voluto stare avvolta nelle coperte ancora per un po’, lui si alzava, le dava il latte e poi veniva in camera da letto e mi costringeva ad alzarmi.
Io non gli spiegavo che quella era uno dei momenti ‘no’: semplicemente le normali attività della giornata mi sembravano pesanti, degli enormi fardelli che non avevo alcuna voglia di affrontare. Chiudere gli occhi nel sonno non mi faceva sentire la fatica e soprattutto non ero obbligata ad affrontare da sveglia una routine che mi uccideva.
Ma mio marito – che mi conosce molto bene – sapeva che non era semplicemente un malessere, il mio. Perciò mi ha detto: “Dimmi cosa c’è che non va”. Io so che posso confessargli le cose più terribili e – anche se non subito – gli ho risposto: “Non voglio più vivere. La mattina quando scendo dal letto non vedo motivi per svegliarmi“.
Credo che se fossi stata in mio marito me ne sarei andato. Lui ha retto il colpo come sempre, perché ha le spalle molto grandi. Ha capito che non ero io a dire quelle cose. Non so come abbia fatto a tenere insieme tutto. Forse l’amore è anche questo. A ripensarci adesso mi vergogno. Perché ho detto una bestemmia. Però allora era la malattia che parlava e non so spiegarmi come sia stato possibile tanto odio verso le persone che amo di più. E verso me stessa. Non credevo di poter arrivare a tanto, di essere così disperata, ma invece lo sono stata. Non vedevo via d’uscita. Tutto ciò che avevo lo davo per scontato e non riuscivo a vedere che cosa di bello avevo lì, nella mia casa.
A volte ho creduto che se non ci fossi stata sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per mia figlia che meritava una madre migliore. Non avrei mai compiuto gesti violenti contro me stessa – perché anche se sono un’idiota non lo sono fino in fondo – ma è l’angoscia di non vedere nulla al di fuori della propria disperazione che ti porta sulla “strada che conduce alla pazzia”.
Però. Ne sono uscita. Sono rinata. E viva. E una mamma nuova. E una donna nuova. E una moglie nuova. Però ho chiesto aiuto. Fortunatamente sono stata ascoltata.
Io e la depressione post partum: quando ho toccato il fondo
Ci sono state delle volte in cui non riuscivo ad alzarmi dal letto. Volevo le persiane abbassate, la luce spenta. Non avevo nessun altro desiderio se non quello di dormire. Mio marito si occupava della bambina. Quando dicevo che non stavo bene e che avrei voluto stare avvolta nelle coperte ancora per un po’, lui si alzava, le dava il latte e poi veniva in camera da letto e mi costringeva ad alzarmi.
Io non gli spiegavo che quella era uno dei momenti ‘no’: semplicemente le normali attività della giornata mi sembravano pesanti, degli enormi fardelli che non avevo alcuna voglia di affrontare. Chiudere gli occhi nel sonno non mi faceva sentire la fatica e soprattutto non ero obbligata ad affrontare da sveglia una routine che mi uccideva.
Ma mio marito – che mi conosce molto bene – sapeva che non era semplicemente un malessere, il mio. Perciò mi ha detto: “Dimmi cosa c’è che non va”. Io so che posso confessargli le cose più terribili e – anche se non subito – gli ho risposto: “Non voglio più vivere. La mattina quando scendo dal letto non vedo motivi per svegliarmi“.
Credo che se fossi stata in mio marito me ne sarei andato. Lui ha retto il colpo come sempre, perché ha le spalle molto grandi. Ha capito che non ero io a dire quelle cose. Non so come abbia fatto a tenere insieme tutto. Forse l’amore è anche questo. A ripensarci adesso mi vergogno. Perché ho detto una bestemmia. Però allora era la malattia che parlava e non so spiegarmi come sia stato possibile tanto odio verso le persone che amo di più. E verso me stessa. Non credevo di poter arrivare a tanto, di essere così disperata, ma invece lo sono stata. Non vedevo via d’uscita. Tutto ciò che avevo lo davo per scontato e non riuscivo a vedere che cosa di bello avevo lì, nella mia casa.
A volte ho creduto che se non ci fossi stata sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per mia figlia che meritava una madre migliore. Non avrei mai compiuto gesti violenti contro me stessa – perché anche se sono un’idiota non lo sono fino in fondo – ma è l’angoscia di non vedere nulla al di fuori della propria disperazione che ti porta sulla “strada che conduce alla pazzia”.
Però. Ne sono uscita. Sono rinata. E viva. E una mamma nuova. E una donna nuova. E una moglie nuova. Però ho chiesto aiuto. Fortunatamente sono stata ascoltata.
Valentina Colmi
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