La depressione post partume i neo papà: anche loro non ne sono immuni. Ieri su La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere della Sera, lo scrittore Francesco Piccolo ha tracciato un ritratto narrativo calzante del neo padre che viene colpito dalla depressione post partum. Il sottotitolo dell’articolo era: “Tic, manie e angosce (vere o inventate). I segnali di un’altra fragilità maschile”.
Secondo infatti una ricerca della Northwestern University di Chicago pubblicata sulla rivista Pediatrics su 10.623 uomini presi in esame i sintomi di depressione aumentano fino al 68% durante il primo anno di paternità soprattutto se questa arriva molto presto, attorno ai 25 anni. Accade così anche alle donne: le madri adolescenti o comunque molto giovani sono più predisposte ad ammalarsi perché – indipendentemente da come la si metta – diventare genitori è un grosso cambiamento (e non per modo di dire).
La depressione post partum e i neo papà: cosa succede al padre neofita?
Per Francesco Piccolo il “neopadre possiede un quadernino sul quale segna, con penne di vari colori, il record giornaliero, settimanale, stagionale, di alcuni videogiochi della playstation. Diventa amico fraterno, e insiste per organizzare la vacanza estiva con gente che non ha mai visto, conosciuta giocando su ruzzle o nei videogiochi di ruolo“. Oppure: “Pronuncia la parola ><colica> 547 volte al giorno, nella stragrande maggioranza dei casi assolutamente a sproposito. Parla di <aperitivo> persino più spesso di quanto parli di coliche. Qualche volta si mette a piangere“. Insomma si rincoglionisce.
Anche a me è capitato di avere una regressione all’adolescenza quando sono diventata mamma: improvvisamente tutte le cose di cui non mi fregava nulla quando non avevo mia figlia, sono diventate importantissime. Per esempio andare al supermercato, ma non a fare la spesa: a guardare gli scaffali.
Questo ovviamente ha delle conseguenze sui bambini: già ricerche precedenti avevano dimostrato che i papà depressi sono più inclini a usare punizioni corporali, mentre i figli hanno difficoltà nel leggere, sono più predisposti a maggiori difficoltà nell’apprendimento e hanno più problemi di comportamento.
Noi mamme quando nasce un bambino siamo molto concentrate su noi stesse. Siamo ego riferite. Ed è anche giusto, ma spesso ci dimentichiamo che una famiglia è composta anche da un altro genitore, il quale è sommerso da una serie di emozioni altrettanto importanti alle nostre. Siccome è più difficile che un maschio metta a nudo le sue paure, forse sarebbe il caso di parlarne con qualcuno che possa aiutare a mettere a posto il baricentro.
Per questo continuo a sostenere che siano fondamentali i corsi pre parto a cui DEVONO partecipare anche i futuri papà: il loro ruolo è altrettanto fondamentale per la realtà che verrà. Se si è spaventati, almeno ci si farà forza a vicenda invece di scaricare ogni incombenza sulle madri.
La depressione post partum e i neo papà
La depressione post partum e i neo papà: anche loro non ne sono immuni. Ieri su La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere della Sera, lo scrittore Francesco Piccolo ha tracciato un ritratto narrativo calzante del neo padre che viene colpito dalla depressione post partum. Il sottotitolo dell’articolo era: “Tic, manie e angosce (vere o inventate). I segnali di un’altra fragilità maschile”.
Secondo infatti una ricerca della Northwestern University di Chicago pubblicata sulla rivista Pediatrics su 10.623 uomini presi in esame i sintomi di depressione aumentano fino al 68% durante il primo anno di paternità soprattutto se questa arriva molto presto, attorno ai 25 anni. Accade così anche alle donne: le madri adolescenti o comunque molto giovani sono più predisposte ad ammalarsi perché – indipendentemente da come la si metta – diventare genitori è un grosso cambiamento (e non per modo di dire).
La depressione post partum e i neo papà: cosa succede al padre neofita?
Per Francesco Piccolo il “neopadre possiede un quadernino sul quale segna, con penne di vari colori, il record giornaliero, settimanale, stagionale, di alcuni videogiochi della playstation. Diventa amico fraterno, e insiste per organizzare la vacanza estiva con gente che non ha mai visto, conosciuta giocando su ruzzle o nei videogiochi di ruolo“. Oppure: “Pronuncia la parola ><colica> 547 volte al giorno, nella stragrande maggioranza dei casi assolutamente a sproposito. Parla di <aperitivo> persino più spesso di quanto parli di coliche. Qualche volta si mette a piangere“. Insomma si rincoglionisce.
Anche a me è capitato di avere una regressione all’adolescenza quando sono diventata mamma: improvvisamente tutte le cose di cui non mi fregava nulla quando non avevo mia figlia, sono diventate importantissime. Per esempio andare al supermercato, ma non a fare la spesa: a guardare gli scaffali.
Questo ovviamente ha delle conseguenze sui bambini: già ricerche precedenti avevano dimostrato che i papà depressi sono più inclini a usare punizioni corporali, mentre i figli hanno difficoltà nel leggere, sono più predisposti a maggiori difficoltà nell’apprendimento e hanno più problemi di comportamento.
Noi mamme quando nasce un bambino siamo molto concentrate su noi stesse. Siamo ego riferite. Ed è anche giusto, ma spesso ci dimentichiamo che una famiglia è composta anche da un altro genitore, il quale è sommerso da una serie di emozioni altrettanto importanti alle nostre. Siccome è più difficile che un maschio metta a nudo le sue paure, forse sarebbe il caso di parlarne con qualcuno che possa aiutare a mettere a posto il baricentro.
Per questo continuo a sostenere che siano fondamentali i corsi pre parto a cui DEVONO partecipare anche i futuri papà: il loro ruolo è altrettanto fondamentale per la realtà che verrà. Se si è spaventati, almeno ci si farà forza a vicenda invece di scaricare ogni incombenza sulle madri.
Foto credits: dal web
Valentina Colmi
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>Sono particolarmente fiera dell’intervista di oggi perché il Professor Franco Baldoni è uno dei pochi in Italia (se non il principale studioso) che si occupa di depressione anche nei padri. Medico Psicologo, psicoanalista, psicoterapeuta, è Professore Associato in Psicologia Clinica e docente di Metodologia Clinica presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna. Da anni svolge ricerche in psicosomatica, sugli aspetti clinici dell’attaccamento e sulle problematiche della paternità. E’ autore di numerosi articoli scientifici e di volumi pubblicati in Italia e all’estero.
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