Mi hanno domandato due cose dopo che ho annunciato che presto saremo in quattro:
Nonostante tutte le paure.
Nonostante la depressione post partum.
Nonostante l’equilibrio precario in cui viviamo.
Nella mia pancia batte un cuoricino di 16 settimane.
Diventerò mamma per la seconda volta.
“Se vi serve chiamatemi scema, ma io almeno credo”.
Credo che ci sia sempre una seconda possibilità.
Che la vita – anche quando non ne puoi più – ti riprende e ti guarda in faccia benevola.
Che poi un giorno dirai “grazie” al tuo dolore.
Ma solo se lo vuoi.
E io voglio tanti figli.
Non per insegnare loro a vivere.
Perché loro lo insegnino a me.
Ne discutevo ieri con una mia amica. Io penso di sì, almeno per quanto riguarda me: altrimenti non sarei andata in terapia. Perché dico così? Perché ho una serie di problemi grandi e piccoli che ho portato anche durante le mie sedute e su cui sto lavorando:
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Avevo già scritto che qualche tempo ho deciso di comunicare ai miei genitori di essere andata in terapia. Bene, la mia psicologa ha pensato che sarebbe opportuno per me fare un incontro “di famiglia” in cui io possa riuscire a spiegare loro come mai ci sono certe cose che proprio non riesco a tirare fuori. I miei mi hanno detto subito di sì, ma ieri mio padre – forse subodorando che uno dei motivi della dpp potesse in qualche modo essere radicato nel mio rapporto con loro – mi ha detto: “Senti, io non vorrei che poi andassimo a incominciare una storia senza fine con questa cosa qui”.
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“I had a black dog” è il titolo di un cortometraggio animato di Matthew Johnstone: mostra come la depressione sia una compagna fedele, esattamente come un cane nero, spaventoso e angosciante, che non ti lascia mai e che ti impedisce di vivere. Purtroppo di depressione non si parla mai abbastanza: può essere davvero invalidante, al pari di altre malattie che colpiscono il corpo. Perché la differenza sta proprio qui: mentre il disagio fisico è evidente, quello mentale non viene percepito come tale, perché è visibilmente invisibile.
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Ho un’ (ex) amica che sebbene non sia ancora madre – le mancano due mesi al parto – pensa di sapere già tutto sulla maternità. Il suo consiglio è stato quello di non continuare a parlare di depressione post partum, ma – parole testuali – “di sostarmi su altre attività”. Tipo? La maglia? Il taglio e cucito? La corsa con i sacchi?
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