Ho sottolineato tante volte l’importanza di chiedere aiuto nel momento in cui ci si accorge che qualcosa non va. La depressione post partum – non mi stancherò mai di dirlo – è una malattia curabilissima, ma va trattata con l’aiuto di un esperto. Non passerà da sola, anzi peggiorerà. Eppure molte donne fanno fatica a rivolgersi ad uno psicologo, alla Asl o a qualche associazione che si occupa di dpp (qui a proposito qualche indirizzo utile).
Perché? La cosa che più mi viene in mente è la risposta data da Massimo Gramellini: “la maternità è ancora un cliché“. Se ne parla solo in termini diadici: o sei una santa o sei un mostro che ammazza suo figlio. Non c’è un territorio di mezzo, fatte di sfumature della quotidianità. Come per tutte le storie d’amore – e la maternità sicuramente lo è – ci sono dei momenti buoni e giorni meno. Non per questo bisogna colpevolizzarsi. Ho provato a interrogarmi su quali possano essere le risposte più comuni alla difficoltà di rivolgersi ad un esperto. Ecco quali possono essere le motivazioni, frutto anche del mio rapporto con voi mamme che spesso mi chiedete cosa fare.
Domani starò meglio: mi dispiace, ma come dicevo prima non è vero. Questa è una bugia che vi raccontate e lo sapete bene. La dpp evolverà con il passare del tempo, potrebbe anche manifestarsi quando meno ve lo aspettate – anche a sei mesi dalla nascita del vostro bambini – e voi avete il dovere di correre ai ripari. Perché gli effetti su un bambino con la madre depressa sono devastanti e si vedranno col tempo: i disturbi dell’apprendimento o le difficoltà nel linguaggio sono sono alcune.
Non ne ho bisogno: c’è questa concezione che rivolgersi ad uno psicologo sia sinonimo di pazzia. Non è assolutamente vero, anche se è una credenza difficile da radicare. Lo psicologo è un professionista che ti ascolta e che – soprattutto – non ti giudica. Cerca di capire quali possano essere le motivazioni che hanno portato alla depressione e attraverso un lavoro si possono sciogliere quelli che vengono definiti “nodi”.
A me non capita: ciò spesso lo si pensa soprattutto prima di diventare madri, complice anche la cattiva informazione che viene diffusa ai corsi pre parto. Può purtroppo capitare a tutte e in questo la dpp è estremamente democratica: non ha a che fare con l’ambiente in cui si cresce.
Non so a chi posso rivolgermi: purtroppo è così. Data la natura estremamente eterogenea della dpp, visto che coinvolge sia motivi di natura emotiva sia di natura fisica (ad esempio un cattivo ricordo del parto), spesso è difficile ottenere una diagnosi. Oltre a questo c’è sempre la scarsa informazione: molte donne vengono lasciate a se stesse dopo la nascita del proprio figlio e non hanno idea di dove andare se non stanno bene.
Le persone attorno a me non mi sostengono: questo è il motivo più grave. Spesso ci si trova in una situazione di profonda solitudine dovuta allo scarso supporto dei propri famigliari. Bisogna avere una grande forza, parlarne e non isolarsi. Ricordati che il papà ha un ruolo fondamentale nella malattia: prova comunque a coinvolgerlo.
Depressione post partum: 5 motivi per cui le donne non riescono a chiedere aiuto
Ho sottolineato tante volte l’importanza di chiedere aiuto nel momento in cui ci si accorge che qualcosa non va. La depressione post partum – non mi stancherò mai di dirlo – è una malattia curabilissima, ma va trattata con l’aiuto di un esperto. Non passerà da sola, anzi peggiorerà. Eppure molte donne fanno fatica a rivolgersi ad uno psicologo, alla Asl o a qualche associazione che si occupa di dpp (qui a proposito qualche indirizzo utile).
Perché? La cosa che più mi viene in mente è la risposta data da Massimo Gramellini: “la maternità è ancora un cliché“. Se ne parla solo in termini diadici: o sei una santa o sei un mostro che ammazza suo figlio. Non c’è un territorio di mezzo, fatte di sfumature della quotidianità. Come per tutte le storie d’amore – e la maternità sicuramente lo è – ci sono dei momenti buoni e giorni meno. Non per questo bisogna colpevolizzarsi. Ho provato a interrogarmi su quali possano essere le risposte più comuni alla difficoltà di rivolgersi ad un esperto. Ecco quali possono essere le motivazioni, frutto anche del mio rapporto con voi mamme che spesso mi chiedete cosa fare.
Valentina Colmi
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