Sally di Vasco e il dolore per una nuova perdita
Era da tanto tempo che non scrivo su post-partum. La verità è che non sono stata bene. Speravo di riprendere i post con una bella notizia, ma purtroppo così non sarà.
Ho perso un altro bambino. Ho avuto un aborto interno per la precisione. Dal 24 ottobre, giorno in cui ho scoperto di essere incinta, le settimane sono state molto pesanti: siccome la mia precedente gravidanza era stata extrauterina, ho fatto esami e ecografie ogni settimana fino alla nona, quando mi hanno detto che il feto non era cresciuto e che non c’era alcun battito.
Ovviamente potete immaginare lo shock mio e di mio marito: ci siamo ritrovati nel giro di 6 mesi a dover rivivere l’incubo di marzo, solo che questa volta avevamo qualche speranza in più visto che l’impianto era in utero e le beta crescevano bene. Io mi sentivo tranquilla perché non avevo perdite né dolori e persino dopo la comunicazione dell’aborto ho continuato ad avere i sintomi della gravidanza, come le nausee.
In un attimo il nastro del tempo è stato riavvolto indietro veloce e ci si siamo ritrovati seduti nella stessa sala d’attesa dove la prima volta mi avevano diagnosticato la GEU. Ancora una volta ero seduta vicino a delle mamme con i pancioni che si salutavano e facevano le congratulazioni felici.
Non so perché proprio a noi. So che abbiamo già due bimbi in cielo che ci proteggono, ma fa tanto, tanto male. Sono davvero esausta, senza parole. Spero almeno di potermi evitare il raschiamento se riesco a espellere tutto da sola. Purtroppo questa volta non mi vengono in mente frasi di speranza. In questo momento scelgo coscientemente di vivere il mio dolore. Ho bisogno di non farmi forza. Ho bisogno di piangere. Ho bisogno di stare male e di attraversare questa perdita che per la seconda volta in poco tempo ci ha colpiti.
In tutto questo devo ringraziare apertamente mio marito, che – seppur provato – non mi ha mai lasciato sola un secondo. Siamo insieme da 8 anni e già abbiamo dovuto superare tante prove: se non è amore questo, non so come altro si possa chiamare. Per fortuna c’è lui e ci sono le mie bimbe, che in questo momento non hanno una mamma al 100%, ma che presto tornerà ad esserlo. Vorrei anche ringraziare Elena di Periodofertile, che mi ha ascoltato passo passo e che ha fatto il tifo per noi. Ringrazio le mie amiche, quelle vere, che non hanno detto parole di circostanza, ma che sono state zitte ad ascoltarmi.
“Ma forse Sally è proprio questo il senso, il senso/del tuo vagare/forse davvero ci si deve sentire/alla fine un po’ male/ forse alla fine di questa triste storia/qualcuno troverà il coraggio/per affrontare i sensi di colpa/e cancellarli da questo viaggio/per vivere davvero ogni momento/con ogni suo turbamento/e come se fosse l’ultimo”. In fondo la vita è questa: imprevedibile, mutevole, e va celebrata anche nei momenti terribili.
Adesso è il momento del lutto, ma anche da questa nuova perdita ci sarà una rinascita. Ne sono sicura.
Foto credits: Pixabay
Mamma ex depressa!
Cara Valentina, complimenti per questa bellissima iniziativa, e per la tua forza. Quanto sto per dire non c’entra con Sally, ma volevo scriverti per far notare una cosa che mi ha colpita, e non positivamente. Oggi sul Corriere si parla di una madre che ha ucciso i propri bambini di 5 e 2 anni. E, come sempre, immancabilmente in questi casi di infanticidio-figlicidio, c’e’ il link all’articoletto sulla depressione post parto: che viene proposto sempre, a prescindere, anche nei casi in cui i bambini sono gia’ grandicelli e in cui la madre non ha mai dato segni di disagio emotivo in vita sua. Ecco, io mi chiedo, se sia un bene per le pazienti (e per tutte le mamme) che il discorso depressione post parto venga sollevato sistematicamente, di default, in ogni caso di figlicidio. Informare e’ sempre bene, ma associare in modo cosi’ forte nei media (in modo aprioristico, e superficiale) la depressione post parto alla pericolosità sociale e alle tendenze omicide, a me pare perfino controproducente. Io ad esempio sono stata depressa, ma non mi sarebbe mai venuto in mente di aggredire in qualsiasi modo mia figlia. Proprio era un pensiero che neanche mi sfiorava. Semplicemente non avevo voglia di occuparmene. Mi sentivo molto ansiosa all’idea di stare da sola con lei, molto triste, mi vedevo mostruosa e avevo solo bisogno che qualcuno si occupasse di me e legittimasse il mio malessere anziché colpevolizzarmi e guardarmi di traverso come un’adulta mancata, inadeguata e potenzialmente pericolosa. Quanto contribuiscono certe associazioni automatiche nei media all’ostilità e al pregiudizio con cui vengono guardate le madri depresse? Grazie per la tua attenzione, ti mando un abbraccio (e tanta ammirazione!)
Valentina Colmi
Ciao! Hai proprio ragione: l’ho notato anche io e infatti sulla pagina facebook di post-partum ho postato lo screenshot dell’articolo de Il Corriere della Sera, dove in automatico si parlava di depressione post partum, tra l’altro facendo confusione perché viene associata al baby blues. Come può una mamma depressa avere il coraggio di chiedere aiuto se il solo pensiero di avere la DPP l’associa ad un infanticidio? Bisogna fare molto più lavoro, molta più informazione e aiutare le donne a vivere un momento di difficoltà non come se fosse l’anticamera della pazzia. Purtroppo i giornalisti – e lo dico facendo parte della categoria – vivono di storie che fanno click. Sono contenta che tu ne sia uscita: è l’inferno e si può essere poi solo più forti.
Un abbraccio.