La nostra Vittoria è arrivata. Con ben 3 settimane di anticipo: il 20 aprile, dopo aver visto la puntata di Grey’s Anatomy, ho urlato a mio marito: “Mi si sono rotte le acque!”. E sono scoppiata a piangere. Temevo per la bambina, essendo solo di 36 settimane. Ripetevo: “E’ troppo piccola, è troppo piccola!”. Da giorni avevo dei segnali, ma ho deciso bellamente di ignorarli, anche se in cuor mio sapevo che al termine non ci sarei mai arrivata.
La sua nascita – come quella di Paola – per me è stata ancora una lezione di vita. Io, maniaca del controllo, non ho potuto invece tenere a bada nulla. Non avevo preparato la valigia, non avevo fatto tutti gli esami, non avevo consultato l’anestesista per l’epidurale (“ma tanto qui l’epidurare non c’è” mi ha detto un’ostetrica). Non ero pronta a partorire. Alla fine avevo deciso per un travaglio naturale. E devo dire che è stata la scelta giusta, nonostante le 14 ore di dolori non proprio facili da sopportare senza alcun tipo di anestetico. Anche questa volta ho avuto un cesareo, ma sono contenta, perché è stato scelto e non subìto. In sala parto ho fatto delle scene di cui mi vergogno, continuando a dire ai medici di sbrigarsi che non ce la facevo più.
Vittoria è nata alle 13.36 del 21 aprile. L’hanno messa in incubatrice per tre ore e poi ha incominciato la sua vita nuova di zecca, con un bonus – come ha detto mio marito – di qualche settimana. Ho scelto di non allattaree devo dire che nessuno mi ha fatto pesare questa decisione: mi ha dato molta serenità sapere che la mia volontà non è stata giudicata.
Tra le nascite delle mie figlie c’è un abisso: se nel primo caso – ne sono convinta – il trattamento pessimo ha determinato anche l’insorgenza della depressione post partum, in questa seconda occasione ho trovato invece la serenità. Perciò vorrei ringraziare il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Civile di Voghera e anche le infermiere del Nido che hanno curato così bene Vittoria mentre io mi riprendevo. Sono stati tutti di un’umanità difficile da trovare: mi hanno fatto riposare, mi hanno coccolato, mi hanno permesso di incominciare il cammino con mia figlia in maniera libera, senza sovrastrutture, ma seguendo solo il mio pensiero.
Sono grata a tutti, forse non riesco a renderla bene con le parole questa gratitudine, ma mi hanno fatto un grosso regalo. Mi hanno permesso di capire che ho una grande forza. E che la maternità è un viaggio bellissimo, se affrontato con professionisti che ti ascoltano e che stanno (silenziosamente) dalla tua parte.
Alla fine è stata una Vittoria.
La nostra Vittoria è arrivata. Con ben 3 settimane di anticipo: il 20 aprile, dopo aver visto la puntata di Grey’s Anatomy, ho urlato a mio marito: “Mi si sono rotte le acque!”. E sono scoppiata a piangere. Temevo per la bambina, essendo solo di 36 settimane. Ripetevo: “E’ troppo piccola, è troppo piccola!”. Da giorni avevo dei segnali, ma ho deciso bellamente di ignorarli, anche se in cuor mio sapevo che al termine non ci sarei mai arrivata.
La sua nascita – come quella di Paola – per me è stata ancora una lezione di vita. Io, maniaca del controllo, non ho potuto invece tenere a bada nulla. Non avevo preparato la valigia, non avevo fatto tutti gli esami, non avevo consultato l’anestesista per l’epidurale (“ma tanto qui l’epidurare non c’è” mi ha detto un’ostetrica). Non ero pronta a partorire. Alla fine avevo deciso per un travaglio naturale. E devo dire che è stata la scelta giusta, nonostante le 14 ore di dolori non proprio facili da sopportare senza alcun tipo di anestetico. Anche questa volta ho avuto un cesareo, ma sono contenta, perché è stato scelto e non subìto. In sala parto ho fatto delle scene di cui mi vergogno, continuando a dire ai medici di sbrigarsi che non ce la facevo più.
Vittoria è nata alle 13.36 del 21 aprile. L’hanno messa in incubatrice per tre ore e poi ha incominciato la sua vita nuova di zecca, con un bonus – come ha detto mio marito – di qualche settimana. Ho scelto di non allattare e devo dire che nessuno mi ha fatto pesare questa decisione: mi ha dato molta serenità sapere che la mia volontà non è stata giudicata.
Tra le nascite delle mie figlie c’è un abisso: se nel primo caso – ne sono convinta – il trattamento pessimo ha determinato anche l’insorgenza della depressione post partum, in questa seconda occasione ho trovato invece la serenità. Perciò vorrei ringraziare il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Civile di Voghera e anche le infermiere del Nido che hanno curato così bene Vittoria mentre io mi riprendevo. Sono stati tutti di un’umanità difficile da trovare: mi hanno fatto riposare, mi hanno coccolato, mi hanno permesso di incominciare il cammino con mia figlia in maniera libera, senza sovrastrutture, ma seguendo solo il mio pensiero.
Sono grata a tutti, forse non riesco a renderla bene con le parole questa gratitudine, ma mi hanno fatto un grosso regalo. Mi hanno permesso di capire che ho una grande forza. E che la maternità è un viaggio bellissimo, se affrontato con professionisti che ti ascoltano e che stanno (silenziosamente) dalla tua parte.
E’ proprio il caso di dire: è stata una Vittoria.
Benvenuta al mondo, guerriera.
Valentina Colmi
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