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3 comments

  1. elisa

    mi hai commosso e fatto sorridere! Al mio primo incontro con la psicoterapeuta (maggio 2013) lei mi chiese: quanti mesi ha suo figlio?, le risposi: quasi tre.
    E allora lei mi disse una cosa che mi ha liberato, che mi ha aiutato ad iniziare la guarigione. Mi disse: dai che l’inferno è quasi passato. Te lo avevano detto che i primi tre mesi sono un inferno, vero?

    E invece io credevo di dover essere felice, senza se e senza ma.

    Che bello aver incontrato il tuo blog, Valentina!!!

    • Valentina Colmi

      Ciao Elisa, come hai ragione! Anche io pensavo di dover essere solo felice e invece per diverso tempo mi sono sentita una cattiva madre. E grazie a te per essermi venuta a trovare:)

  2. Emanuel

    Un caro salute a tutte, sono Emanuel e curo da poco tempo un blog dedicato alla mia vita come papà. Mi permetto di lanciare uno spunto di riflessione, provando a raccontare la depressione post partum in un’ottica maschile.

    Ciò che mi sento di dire a voi è prima di tutto una cosa: perdonateci. Perdonateci se talvolta non comprendiamo. Ve lo assicuro, l’impegno c’è e l’amore ancor di più. Ma in alcuni momenti rischiamo di perderci, noi che in fondo abbiamo sempre visto in voi un’àncora di salvezza. Sì, perché per noi siete tutto: siete fonti della vita, le madri dei nostri figli, le persone che più di chiunque altro sono riuscite a scavare nella nostra anima per scovare aspetti di cui non immaginavamo l’esistenza.

    Non lo nascondo: quando è nata mia figlia io stesso mi sono fatto qualche mese di psicoterapia. Depressione esistenziale, disse il dottore. Aveva ovviamente ragione: una persona come me, tranquilla ma quasi mai realmente serena, era stata sbattuta dal vento e lasciata in qualche modo sola. O almeno credevo fosse così. Non ero riuscito a stare vicino nel modo giusto alla mia compagna, non intenzionalmente s’intende. Ma ciò che ci rende quello che siamo sono sì i nostri sentimenti, ma anche le nostre azioni. E allora davvero, gettiamo il cuore oltre l’ostacolo e lasciamoci andare. Care donne, noi vi amiamo. Vi abbiamo amate con le caviglie gonfie, vi abbiamo amate quando – sul lettino del parto – vi stringevamo la mano. E vi ameremo anche quanto sarete diverse da oggi. Magari con qualche ruga in più, ma in quelle pieghe riusciremo a scovare i lineamenti che abbiamo sempre voluto accanto.

    Lo ammetto, mi sono un po’ perso nei meadri del discorso. E allora vi saluto e vi auguro buon proseguimento.

    Emanuel
    http://nomeincodicepapa.com/

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