L’altro giorno ho postato su Facebook un articolo dell’Huffington Post in cui la giornalista Deborah Dalani si professa felice di non avere figli nonostante abbia 40 anni. Io ho letto il pezzo e ho scritto che non condivido nulla di quanto scritto, non per il contenuto in sé, ma per il livore con cui si vuole strombazzare tutta questa contentezza. La giornalista infatti dice chiaramente che ha provato ad avere bambini, ma che è sterile e che quindi si gode una vita ugualmente piena e soddisfacente anche senza prole. In termini comunicativi io ho contestato il come non il cosa. Apriti cielo: sono stata accusata delle peggio cose – cito tra tutte di avere una comunicazione violenta visto che sono una donna “con la pancia piena” avendo avuto due bambine – solo per il fatto di aver detto la mia.
Questo è il pensiero che porto avanti da sempre: la mia vita senza Paola e Vittoria non avrebbe avuto senso.Sarei stata certamente più libera, avrei avuto più tempo e meno preoccupazioni, ma la verità – anche dopo aver avuto la depressione – è che sarei rimasta figlia. Ecco, è questa l’aspirazione di molte donne, rimanere ragazze per tutta la vita, anche quando non lo sono più anagraficamente. E non lo dico io, ma Giuseppina Favilla sul blog de la 27esima ora; nel post “Figli non ne ho mai voluti e non me ne pento“, esprime chiaramente il suo pensiero: “Meglio rimanere senza responsabilità. Una ragazza adulta, per sempre. In fondo, che male c’è?”.
L’autrice che ha 48 anni si dice molto contenta della sua scelta: “I motivi per cui non ho voluto diventare madre? Non volevo creare un infelice. Non sarei stata una buona mamma. Toppo concentrata su me stessa e sulle cose che mi piacciono fare: sport, cinema, teatro, viaggi, letture. Egoista? Sì. E penso che non ci si debba vergognare di esserlo”. Benissimo. Negli ultimi trent’anni l’emancipazione femminile ha fatto sì che diventare madre non sia più un destino, ma appunto una scelta. Se fino agli anni Sessanta il massimo delle aspirazioni erano legate alla famiglia, al matrimonio e alla prole, dal femminismo in poi le donne hanno avuto la facoltà di decidere cosa meglio fare della propria vita. Abortire per esempio è un diritto – sempre più difficile in verità – così come non ci si deve sposare per forza se si rimane incinte. Un figlio non voluto o nato in una famiglia tenuta sù con la colla non crescerà con una basa affettiva sicura, questo è certo. Un bambino può ostacolare una carriera, se si vuole diventare molto importanti ed eccellere nel proprio campo, visto che gli uomini non si mettono a fare i papà a tempo pieno (almeno non tutti). Meglio allora essere free da tutto.
Quello che dico io è che la questione si può dividere in due nodi fondamentali: 1) libertà non significa scelta libera 2) la libertà come affermazioni di sé è sempre un bene? Nel primo caso io penso che molte donne che non hanno figli in realtà li vorrebbero, ma si devono adattare ad una situazione esterna che giudicano più grande di loro. Per esempio non riescono ad averne ma non si vogliono accanire, piuttosto che il compagno/marito non è d’accordo, il lavoro è precario e certezze non ce ne sono. Dipende da come si vuole far crescere un bambino: per esperienza, almeno nei primi anni di vita, non ha bisogno di molte cose, tranne che di amore e di tempo. E qui veniamo al punto 2: non si fanno figli perché prima ci si vuole godere la vita, qualsiasi cosa significhi. Bisogna viaggiare, andare al cinema, lavorare per essere soddisfatti, andare all’aperitivo e comprarsi il cellulare nuovo. Tutto questo va benissimo, ma fino a quando? Fino a quando l’adolescenza si protrarrà sotto appunto l’etichetta di libertà? Perché è vero che un figlio te ne sottrae molto di tempo, ma si può trovarlo per sé stessi comunque. Il problema è che non è abbastanza. E parlo sia di donne sia di uomini, non è un discorso di sessi il mio.
Il cuore della faccenda secondo me sta a monte: quando smetteremo di considerare l’essere genitori come una faccenda solo femminile allora saremo veramente affrancati da discorsi, dibattiti e sensi di colpa. Perché se le donne giustamente vogliono il loro posto nel mondo, ma poi quando si tratta di figli non hanno alcun aiuto, allora fanno bene a non desiderare di averne di bambini e a stare bene con sé stesse.
Il diritto a non avere figli è davvero una conquista?
L’altro giorno ho postato su Facebook un articolo dell’Huffington Post in cui la giornalista Deborah Dalani si professa felice di non avere figli nonostante abbia 40 anni. Io ho letto il pezzo e ho scritto che non condivido nulla di quanto scritto, non per il contenuto in sé, ma per il livore con cui si vuole strombazzare tutta questa contentezza. La giornalista infatti dice chiaramente che ha provato ad avere bambini, ma che è sterile e che quindi si gode una vita ugualmente piena e soddisfacente anche senza prole. In termini comunicativi io ho contestato il come non il cosa. Apriti cielo: sono stata accusata delle peggio cose – cito tra tutte di avere una comunicazione violenta visto che sono una donna “con la pancia piena” avendo avuto due bambine – solo per il fatto di aver detto la mia.
Questo è il pensiero che porto avanti da sempre: la mia vita senza Paola e Vittoria non avrebbe avuto senso. Sarei stata certamente più libera, avrei avuto più tempo e meno preoccupazioni, ma la verità – anche dopo aver avuto la depressione – è che sarei rimasta figlia. Ecco, è questa l’aspirazione di molte donne, rimanere ragazze per tutta la vita, anche quando non lo sono più anagraficamente. E non lo dico io, ma Giuseppina Favilla sul blog de la 27esima ora; nel post “Figli non ne ho mai voluti e non me ne pento“, esprime chiaramente il suo pensiero: “Meglio rimanere senza responsabilità. Una ragazza adulta, per sempre. In fondo, che male c’è?”.
L’autrice che ha 48 anni si dice molto contenta della sua scelta: “I motivi per cui non ho voluto diventare madre? Non volevo creare un infelice. Non sarei stata una buona mamma. Toppo concentrata su me stessa e sulle cose che mi piacciono fare: sport, cinema, teatro, viaggi, letture. Egoista? Sì. E penso che non ci si debba vergognare di esserlo”. Benissimo. Negli ultimi trent’anni l’emancipazione femminile ha fatto sì che diventare madre non sia più un destino, ma appunto una scelta. Se fino agli anni Sessanta il massimo delle aspirazioni erano legate alla famiglia, al matrimonio e alla prole, dal femminismo in poi le donne hanno avuto la facoltà di decidere cosa meglio fare della propria vita. Abortire per esempio è un diritto – sempre più difficile in verità – così come non ci si deve sposare per forza se si rimane incinte. Un figlio non voluto o nato in una famiglia tenuta sù con la colla non crescerà con una basa affettiva sicura, questo è certo. Un bambino può ostacolare una carriera, se si vuole diventare molto importanti ed eccellere nel proprio campo, visto che gli uomini non si mettono a fare i papà a tempo pieno (almeno non tutti). Meglio allora essere free da tutto.
Quello che dico io è che la questione si può dividere in due nodi fondamentali: 1) libertà non significa scelta libera 2) la libertà come affermazioni di sé è sempre un bene? Nel primo caso io penso che molte donne che non hanno figli in realtà li vorrebbero, ma si devono adattare ad una situazione esterna che giudicano più grande di loro. Per esempio non riescono ad averne ma non si vogliono accanire, piuttosto che il compagno/marito non è d’accordo, il lavoro è precario e certezze non ce ne sono. Dipende da come si vuole far crescere un bambino: per esperienza, almeno nei primi anni di vita, non ha bisogno di molte cose, tranne che di amore e di tempo. E qui veniamo al punto 2: non si fanno figli perché prima ci si vuole godere la vita, qualsiasi cosa significhi. Bisogna viaggiare, andare al cinema, lavorare per essere soddisfatti, andare all’aperitivo e comprarsi il cellulare nuovo. Tutto questo va benissimo, ma fino a quando? Fino a quando l’adolescenza si protrarrà sotto appunto l’etichetta di libertà? Perché è vero che un figlio te ne sottrae molto di tempo, ma si può trovarlo per sé stessi comunque. Il problema è che non è abbastanza. E parlo sia di donne sia di uomini, non è un discorso di sessi il mio.
Il cuore della faccenda secondo me sta a monte: quando smetteremo di considerare l’essere genitori come una faccenda solo femminile allora saremo veramente affrancati da discorsi, dibattiti e sensi di colpa. Perché se le donne giustamente vogliono il loro posto nel mondo, ma poi quando si tratta di figli non hanno alcun aiuto, allora fanno bene a non desiderare di averne di bambini e a stare bene con sé stesse.
Foto credits: Pixabay
Valentina Colmi
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