Avevo già scritto che qualche tempo ho deciso di comunicare ai miei genitori di essere andata in terapia. Bene, la mia psicologa ha pensato che sarebbe opportuno per me fare un incontro “di famiglia” in cui io possa riuscire a spiegare loro come mai ci sono certe cose che proprio non riesco a tirare fuori. I miei mi hanno detto subito di sì, ma ieri mio padre – forse subodorando che uno dei motivi della dpp potesse in qualche modo essere radicato nel mio rapporto con loro – mi ha detto: “Senti, io non vorrei che poi andassimo a incominciare una storia senza fine con questa cosa qui”.
Mio padre è una persona intelligente, ma credo che uno dei suoi più grandi difetti sia la difficoltà a mettersi in discussione. Ogni genitore agisce cercando di compiere sempre il meglio per i propri figli, però nel mio caso non c’è mai stato spazio per un “ho sbagliato, ti chiedo scusa”. Per questo credo che abbia così paura di venire all’incontro – mia madre no, mi ha sempre detto che è disponibile senza riserve – perché appunto dovrà cominciare a porsi delle domande sul suo modo di essere papà.
Non nascondo di essere preoccupata. Certo, è anche una cosa bella perché finalmente potremmo avere un confronto vero, quello che negli anni non sono riuscita mai ad avere (un po’ per colpa di tutti e mia in primis). Dall’altra parte sento che ciò che dirò li offenderà a morte. E non perché siano cose terribili. Il sentirsi dire di avere fatto degli errori non è facile da mandare giù, io lo capisco.
Sono anche stufa di cercare a 32 anni suonati la loro approvazione come se ne avessi 12. Non riesco a staccarmi dal ruolo di figlia, nel senso che non sono in grado di vivere i miei genitori come dei miei pari, da donna adulta. Dentro di me c’è sempre una vocina che dice: “Manda giù, non contraddirli, vedrai che passerà”. Ho il timore – insensato lo so – che non possano volermi più bene. Per questo dopo che è nata Paola mi sono sforzata di ritornare alla normalità: per non deluderli.
Se sarò ancora viva dopo l’incontro, ne scriverò. Nel frattempo mi fortifico con questo video.
La depressione post partum spiegata ai tuoi genitori parte 2
Avevo già scritto che qualche tempo ho deciso di comunicare ai miei genitori di essere andata in terapia. Bene, la mia psicologa ha pensato che sarebbe opportuno per me fare un incontro “di famiglia” in cui io possa riuscire a spiegare loro come mai ci sono certe cose che proprio non riesco a tirare fuori. I miei mi hanno detto subito di sì, ma ieri mio padre – forse subodorando che uno dei motivi della dpp potesse in qualche modo essere radicato nel mio rapporto con loro – mi ha detto: “Senti, io non vorrei che poi andassimo a incominciare una storia senza fine con questa cosa qui”.
Mio padre è una persona intelligente, ma credo che uno dei suoi più grandi difetti sia la difficoltà a mettersi in discussione. Ogni genitore agisce cercando di compiere sempre il meglio per i propri figli, però nel mio caso non c’è mai stato spazio per un “ho sbagliato, ti chiedo scusa”. Per questo credo che abbia così paura di venire all’incontro – mia madre no, mi ha sempre detto che è disponibile senza riserve – perché appunto dovrà cominciare a porsi delle domande sul suo modo di essere papà.
Non nascondo di essere preoccupata. Certo, è anche una cosa bella perché finalmente potremmo avere un confronto vero, quello che negli anni non sono riuscita mai ad avere (un po’ per colpa di tutti e mia in primis). Dall’altra parte sento che ciò che dirò li offenderà a morte. E non perché siano cose terribili. Il sentirsi dire di avere fatto degli errori non è facile da mandare giù, io lo capisco.
Sono anche stufa di cercare a 32 anni suonati la loro approvazione come se ne avessi 12. Non riesco a staccarmi dal ruolo di figlia, nel senso che non sono in grado di vivere i miei genitori come dei miei pari, da donna adulta. Dentro di me c’è sempre una vocina che dice: “Manda giù, non contraddirli, vedrai che passerà”. Ho il timore – insensato lo so – che non possano volermi più bene. Per questo dopo che è nata Paola mi sono sforzata di ritornare alla normalità: per non deluderli.
Se sarò ancora viva dopo l’incontro, ne scriverò. Nel frattempo mi fortifico con questo video.
Valentina Colmi
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