Massimo Gramellini non ha bisogno di presentazioni. Vice Direttore de La Stampa, conduce con Fabio Fazio la trasmissione di Raitre Che fuori tempo che fa. Scrittore di successo, nel 2012 pubblica Fai bei sogni, che si può definire il romanzo della svolta: il libro vende infatti un milione di copie e viene tradotto in 22 Paesi. Il suo lavoro più recente è realizzato a quattro mani con Chiara Gamberale e s’intitola Avrò cura di te (2014).
L’ho conosciuto durante Revolution, la trasmissione di Tv2000 di cui sono stata ospite e sebbene non sia riuscita a parlargli, l’ho contattato tramite mail chiedendogli se avesse voglia di rilasciare un’intervista su Post-partum.it. E’ stato davvero molto disponibile: quello che state per leggere è ciò che mi ha raccontato.
Leggendo il suo libro Fai bei sogni mi sono annotata delle parole chiave: verità, bugie, vita, morte, sopravvivere, vivere, sogno, rassegnazione. Sono le stesse parole che avrei usato nel descrivere la mia storia di mamma con la depressione post partum. Mi viene pertanto da chiederle: il dolore e la speranza hanno radici comuni a tutti nonostante vicende lontane tra loro nello spazio e nel tempo?
Ma certo. Sono patrimonio comune dell’umanità. Il dolore e l’amore, poi, sono vibrazioni della stessa corda. Se la stacchi per non sentire il dolore, non riuscirai più neanche a sentire l’amore.
Lei ha scritto che nel suo libro ha voluto dire la verità sulla storia di sua madre affinché questa potesse portare un po’ di “contagio”. Eppure per quella che è la mia esperienza sulle madri si dicepoco il vero. La maternità viene raccontata ancora “male” o comunque come ha scritto lei – in caso di eventi dolorosi – si preferisce non chiamare le cose col proprio nome. Secondo lei perché questa difficoltà nel raccontarsi e raccontare (anche quando si hanno gli strumenti per farlo)?
Esiste una forma di pudore e, nel caso del tema materno, un’immagine ideale che si ha paura di scalfire.
E secondo lei, da giornalista, i mezzi di comunicazione hanno qualche responsabilità nella costruzione del ruolo materno ancora così stereotipato? L’ultimo caso che mi viene in mente è quello di uno spot di una marca per alimenti per bambini in cui si citano luoghi comuni sulla maternità assolutamente fuori dal tempo, ma non solo. Penso che non esista una via di mezzo per parlare di madri: o si racconta di loro solo quando avviene un infanticidio, oppure quando la star o attrice di turno partorisce e recita la solita frase della bellezza della vita da quando ha avuto suo figlio. Qual è la sua opinione in merito?
La Madre è un archetipo molto radicato. Per questo la comunicazione la tratta come se fosse un cliché. Angelo o diavolo, senza mezzi toni.
Nella trasmissione Revolution di Tv 2000 in cui ci siamo incontrati e nel suo libro ha detto che probabilmente se sua madre fosse stata ancora viva la sua vita sarebbe stata diversa: magari oggi farebbe l’avvocato e non avrebbe mai raccontato la guerra nella ex Jugoslavia. È giunto alla consapevolezza che nella vita ci sia una sorta di perfezione anche nei momenti più bui. Questa certezza secondo lei prima poi potrebbe arrivare per tutti? E se non arriva c’è un modo per provare a raggiungerla?
Questo onestamente non lo so. Io ci sono arrivato un po’ alla volta. Ho smesso di giudicare ciò che mi accade. Cerco di viverlo, quando ci riesco.
C’è una maniera più giusta per raccontare una verità indicibile? L’ironia può essere una modalità come insegna nel suo libro?
L’ironia è uno scudo, ma da solo lo scudo non basta. Ci vogliono anche il coraggio, la passione e l’urgenza di raccontare.
Perché secondo lei sono proprio le famiglie che nascondono i peggiori segreti?
Perché sono delle comunità umane “condannate” alla convivenza e alla condivisione di spazi e interessi ristretti.
Fai bei sogni è un libro su una madre, ma è anche un libro su un padre. Che opinione si è fatto dei papà italiani anche in relazione alle mail che riceve e alla sua esperienza? Glielo chiedo perché molte mamme con cui ho parlato – e io stessa – lamentano o lamentavano una profonda solitudine dovuta alla non presenza del compagno dopo l’arrivo del figlio.
Anche i maschi stanno cambiando. Non tutti, non dappertutto. Ma oggi vedi in giro dei padri dedicati ai figli che sarebbero stati impensabili al tempo della mia infanzia. Ancora una minoranza, purtroppo. Ma in crescita costante.
Lei ha scelto di raccontare ciò che per 40 anni le era stato tenuto nascosto sulla morte di sua madre: “Fai bei sogni” ha venduto più di un milione di copie ed è stato tradotto in 23 Paesi. La decisione di dire la verità può – non solo in lei ma in tutti – influenzare il destino delle nostre vite?
Ci sono verità che è meglio tacere e altre che vanno rivelate al momento giusto. Se mi avessero detto a 9 anni che mia madre si era uccisa per depressione, sarebbe stato troppo presto. Averlo scoperto a 49, forse, è stato un po’ troppo tardi…
ps. Ci sono persone che nonostante l’importanza e gli impegni scelgono delle piccole realtà come questo sito. Diciamoci la verità: non ne avrebbero bisogno. Grazie, signor Gramellini: lei è la testimonianza che i più grandi sono anche i più umili.
Massimo Gramellini: “La figura della madre trattata come un cliché”
Massimo Gramellini non ha bisogno di presentazioni. Vice Direttore de La Stampa, conduce con Fabio Fazio la trasmissione di Raitre Che fuori tempo che fa. Scrittore di successo, nel 2012 pubblica Fai bei sogni, che si può definire il romanzo della svolta: il libro vende infatti un milione di copie e viene tradotto in 22 Paesi. Il suo lavoro più recente è realizzato a quattro mani con Chiara Gamberale e s’intitola Avrò cura di te (2014).
L’ho conosciuto durante Revolution, la trasmissione di Tv2000 di cui sono stata ospite e sebbene non sia riuscita a parlargli, l’ho contattato tramite mail chiedendogli se avesse voglia di rilasciare un’intervista su Post-partum.it. E’ stato davvero molto disponibile: quello che state per leggere è ciò che mi ha raccontato.
Leggendo il suo libro Fai bei sogni mi sono annotata delle parole chiave: verità, bugie, vita, morte, sopravvivere, vivere, sogno, rassegnazione. Sono le stesse parole che avrei usato nel descrivere la mia storia di mamma con la depressione post partum. Mi viene pertanto da chiederle: il dolore e la speranza hanno radici comuni a tutti nonostante vicende lontane tra loro nello spazio e nel tempo?
Ma certo. Sono patrimonio comune dell’umanità. Il dolore e l’amore, poi, sono vibrazioni della stessa corda. Se la stacchi per non sentire il dolore, non riuscirai più neanche a sentire l’amore.
Lei ha scritto che nel suo libro ha voluto dire la verità sulla storia di sua madre affinché questa potesse portare un po’ di “contagio”. Eppure per quella che è la mia esperienza sulle madri si dice poco il vero. La maternità viene raccontata ancora “male” o comunque come ha scritto lei – in caso di eventi dolorosi – si preferisce non chiamare le cose col proprio nome. Secondo lei perché questa difficoltà nel raccontarsi e raccontare (anche quando si hanno gli strumenti per farlo)?
Esiste una forma di pudore e, nel caso del tema materno, un’immagine ideale che si ha paura di scalfire.
E secondo lei, da giornalista, i mezzi di comunicazione hanno qualche responsabilità nella costruzione del ruolo materno ancora così stereotipato? L’ultimo caso che mi viene in mente è quello di uno spot di una marca per alimenti per bambini in cui si citano luoghi comuni sulla maternità assolutamente fuori dal tempo, ma non solo. Penso che non esista una via di mezzo per parlare di madri: o si racconta di loro solo quando avviene un infanticidio, oppure quando la star o attrice di turno partorisce e recita la solita frase della bellezza della vita da quando ha avuto suo figlio. Qual è la sua opinione in merito?
La Madre è un archetipo molto radicato. Per questo la comunicazione la tratta come se fosse un cliché. Angelo o diavolo, senza mezzi toni.
Nella trasmissione Revolution di Tv 2000 in cui ci siamo incontrati e nel suo libro ha detto che probabilmente se sua madre fosse stata ancora viva la sua vita sarebbe stata diversa: magari oggi farebbe l’avvocato e non avrebbe mai raccontato la guerra nella ex Jugoslavia. È giunto alla consapevolezza che nella vita ci sia una sorta di perfezione anche nei momenti più bui. Questa certezza secondo lei prima poi potrebbe arrivare per tutti? E se non arriva c’è un modo per provare a raggiungerla?
Questo onestamente non lo so. Io ci sono arrivato un po’ alla volta. Ho smesso di giudicare ciò che mi accade. Cerco di viverlo, quando ci riesco.
C’è una maniera più giusta per raccontare una verità indicibile? L’ironia può essere una modalità come insegna nel suo libro?
L’ironia è uno scudo, ma da solo lo scudo non basta. Ci vogliono anche il coraggio, la passione e l’urgenza di raccontare.
Perché secondo lei sono proprio le famiglie che nascondono i peggiori segreti?
Perché sono delle comunità umane “condannate” alla convivenza e alla condivisione di spazi e interessi ristretti.
Fai bei sogni è un libro su una madre, ma è anche un libro su un padre. Che opinione si è fatto dei papà italiani anche in relazione alle mail che riceve e alla sua esperienza? Glielo chiedo perché molte mamme con cui ho parlato – e io stessa – lamentano o lamentavano una profonda solitudine dovuta alla non presenza del compagno dopo l’arrivo del figlio.
Anche i maschi stanno cambiando. Non tutti, non dappertutto. Ma oggi vedi in giro dei padri dedicati ai figli che sarebbero stati impensabili al tempo della mia infanzia. Ancora una minoranza, purtroppo. Ma in crescita costante.
Lei ha scelto di raccontare ciò che per 40 anni le era stato tenuto nascosto sulla morte di sua madre: “Fai bei sogni” ha venduto più di un milione di copie ed è stato tradotto in 23 Paesi. La decisione di dire la verità può – non solo in lei ma in tutti – influenzare il destino delle nostre vite?
Ci sono verità che è meglio tacere e altre che vanno rivelate al momento giusto. Se mi avessero detto a 9 anni che mia madre si era uccisa per depressione, sarebbe stato troppo presto. Averlo scoperto a 49, forse, è stato un po’ troppo tardi…
ps. Ci sono persone che nonostante l’importanza e gli impegni scelgono delle piccole realtà come questo sito. Diciamoci la verità: non ne avrebbero bisogno. Grazie, signor Gramellini: lei è la testimonianza che i più grandi sono anche i più umili.
Foto credits: dal web
Valentina Colmi
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