Adelaide di duevoltemamma.com: “La mia gioia per ogni progresso di Daniele”

‘La vita spesso di mette di fronte a cose che mai avremmo pensato di dover affrontare…ma io ho imparato molto da tutto questo, per esempio a non dare mai nulla per scontato’. 

Oggi non ospito una storia legata alla depressione post partum, ma una storia di mamma, quella di Adelaide  – blogger di duevoltemamma.com – e del suo primo bimbo, Daniele, nato a giugno 2012. Quando ho deciso di aprire post-partum.it avevo in mente un obiettivo in particolare: la possibilità di cogliere in un avvenimento difficile, doloroso, e che anche un po’ ti fa incazzare (della serie: “perché è successo proprio a me?”) una nuova opportunità. Io in questa mamma coraggiosa ci vedo questo, ma non voglio svelarvi oltre. Adelaide ha scritto un guest post commovente e pieno di forza. Grazie davvero.

E’ iniziato tutto così, un bel giorno di giugno nella camera di “rianimazione” dell’ospedale, dopo un tranquillo cesareo programmato per presentazione podalica.

E’ iniziato tutto così, con il primario di neonatologia col mio bimbo in braccio e tutti gli altri medici dietro, schierati in parata.

E’ iniziato tutto così, con questa frase: “Signora, ho una cosa da dirle.”

Io ero ancora rintontita dall’anestesia, ma non vedevo l’ora di abbracciare il mio cucciolo, stringerlo, baciarlo, e non capivo assolutamente cosa significasse tutto quel dispiegamento di forze lì accanto a me…

Quando il dottore ha pronunciato la fatidica frase, il mio sguardo credo fosse tra il dubbioso e l’interrogativo, ma quando ha continuato con un “…ecco suo figlio è nato senza le dita della mano…cioè ha solo il pollice…” è diventato un misto tra lo stordito e il “cavolo stai dicendo”, per poi piombare in un black-out assoluto quando ha terminato con un “…non sappiamo ancora se è sano, perché questo fatto potrebbe essere un segnale di una malformazione più grave”.

E poi me l’hanno dato finalmente, lui, con quegli occhioni azzurri, grandi, stupendi, quelle ciglia lunghissime…mi guardava e non piangeva, mi guardava quasi come se mi volesse dire “stai tranquilla mamma, vedrai che non ho niente”.

E non aveva nulla davvero, perché in tutto il tempo che sono stata in ospedale l’hanno rivoltato come un calzino, e il responso è stato che sì, era perfettamente sano, solo con quel qualcosina in meno…

Però io non lo sapevo quando l’ho stretto a me per la prima volta, quando improvvisamente il giorno che aspettavo da nove mesi e che immaginavo sarebbe stato il più bello della mia vita si è trasformato improvvisamente in un incubo, un incubo terribile dal quale non mi potevo svegliare…non facevo che ripetermi “no, non sta capitando proprio a me”.

E non mi vergogno a dire che guardavo le altre mamme gioiose con i loro bimbi perfetti, e piangendo mi domandavo perché loro sì e io no…e anche quando mi dicevano che comunque ero fortunata che c’erano bebè con patologie più gravi, annuivo e ma non riuscivo a consolarmi…

Ammiravo il mio dolce fagottino, così inerme, così bello…e mi incolpavo: “cos’ho fatto? cos’è che non avrei dovuto fare per ridurlo così?”. La risposta, ahimè, è che non è stato altro che un caso e questo fa ancora più male, perché se avessi saputo che era stata colpa mia, almeno mi sarei potuta mettere il cuore in pace, ma così…perché perché proprio a lui?

E tornati a casa dall’ospedale, non posso negare che avevo un po’ di remore a portarlo fuori, avevo paura che la gente notasse quel particolare (e come non vederlo?) e lo compatisse…e io non volevo incontrare gli sguardi compassionevoli della gente, quel “poverina…” che non potevano dirmi ma che capivo che pensavano.

Fino a che, un giorno, dopo un altro pianto a dirotto, ho capito che la dovevo smettere. Che la mia sofferenza doveva restare per me, nel mio cuore e basta, e che invece per lui dovevo essere forte, un leone nell’arena, lottare per poter trovare una soluzione al problema e non lasciarmi travolgere da esso.

E così, con mio marito, la mia roccia, abbiamo iniziato a leggere leggere e leggere tutta la documentazione possibile online, testimonianze di altri genitori, fino a trovare  chi a questi bimbi, da una chance: il prof. Pajardi.

E alla prima visita (aveva 20 giorni) ci ha detto che la sua malformazione si chiama simbrachidattilia, ma che la sua vita non era assolutamente compromessa, ma che avrebbe potuto fare tutto, un po’ diversamente dagli altri, ma che nulla gli era precluso; ci ha proposto varie “soluzioni”, e ciò che abbiamo deciso è stato il trasferimento di 2 falangine dalle dita dei piedi, al posto di anulare e mignolo, per consentirgli una maggior superficie di presa, oltre che un’opposizione su un segmento osseo anziché il palmo della mano.

E così è stato…a 9 mesi è stato operato ed ha recuperato davvero moltissimo! Vedendolo giocare, non ci si accorge che manca qualcosa, talmente è bravo a manipolare gli oggetti; certo, poi focalizzandosi è ovvio che il problema si nota, ma lui ha imparato ad arrangiarsi con ciò che ha e forse ciò nella vita gli sarà d’aiuto a cercare sempre di andare oltre, non fermarsi mai alla prima difficoltà.

Certo, non è finita: il suo cammino è ancora lungo, prossimamente tornerà sotto i ferri per un ulteriore intervento migliorativo e dovrà sempre stare sotto controllo, dovrà per anni fare fisioterapia, ma quello che abbiamo ottenuto è straordinario, perché siamo partiti dal niente ed ora abbiamo molto, moltissimo.

E io, come mamma, come mi sento?

Beh, ora sono passati quasi due anni da quella mattina di giugno, ma non passa giorno in cui non mi chieda perché…un perché a cui mai avrò risposta, ma un perché che tutti i giorni mi fa sanguinare li cuore.

Ma ci convivo, e aspetto il momento in cui sarà lui a chiedermi perché…e sono due anni che cerco di trovare le parole giuste per rispondergli, per non farlo sentire diverso dagli altri, per fargli capire che deve trasformare la sua debolezza in un punto di forza, che niente sarà impossibile se ci crederà veramente.

La vita spesso di mette di fronte a cose che mai avremmo pensato di dover affrontare…ma io ho imparato molto da tutto questo, per esempio a non dare mai nulla per scontato, cosa che prima facevo regolarmente: per noi ogni giorno è una conquista, ogni volta che lo vedo fare qualcosa di nuovo il mio cuore sussulta di gioia e mi da la convinzione che lui non si sentirà mai inferiore agli altri solo perché non può contare su dieci dita.

Foto credits: Instagram duevoltemamma

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4 comments

  1. Beat

    Bellissima testimonianza. Troppo spesso diamo per scontato la serenità intorno a noi e a volte la vita (purtroppo) ci apre gli occhi in “malo modo”….e brava Adelaide che ha trovato la forza e le parole per parlarne e magari aiutare altre mamme nella sua situazione (o simile). Per altro bambino bellissimo e pieno di forza come la mamma <3

    • Valentina Colmi

      Le mamme dovrebbero infatti fare Rete e parlarsi, ma non soltanto tramite lo schermo di un computer.

  2. federica

    Ciao mi chiamo Federica e anch’io sto affrontando quello che hai dovuto passare tu in quanto ho un bellissimo bimbo di 2 mesi che è nato con simbrachidattilia….per cui capisco bene di cosa parli.
    Se vuoi e te la senti mi farebbe piacere se mi contattassi anche perchè sto anch’io cercando di uscire dal tunnel in cui sono caduta mio malgrado…
    Grazie

    • Valentina Colmi

      Ciao Federica, ti metto in contatto con Adelaide:)

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