‘Credo che non “ossessionarsi” sulla maternità ma continuare ad avere in parallelo la propria vita sia fondamentale. In fondo, la vita non finisce con un figlio’.
Mi sono imbattuta in Erica Vecchione quasi per caso. Stavo girovagando in rete e ho trovato il suo bellissimo post intitolato “Depressione post partum: il lato oscuro della maternità” pubblicato qualche giorno fa sul sito de Il Fatto Quotidiano. Il pezzo era ripreso dal blog personale di Erica, vitacasalinga.com, in cui ha raccontato le vicende della sua depressione post partum. L’ho contattata subito per ospitarla su post-partum.it e lei è stata velocissima nel rispondermi: leggendo la sua intervista mi rendo sempre più conto di quanto – tra mamme e donne – ci sia bisogno della condivisione delle proprie storie.
Nel tuo blog e su Il Fatto Quotidiano hai raccontato di aver sofferto di depressione post partum dopo la tua seconda gravidanza. Come ne sei uscita?
Io ne sono uscita con delle sedute di psico terapia. Ho dovuto fare il punto della situazione sulla mia vita e concentrare le mie energie su di me, ricominciando da capo. Nel mio caso, la gravidanza mi aveva cambiata non solo a livello personale ma aveva riparametrato tutti i miei riferimenti, ad esempio da lavoratrice indipendente ero diventata casalinga. Quindi, dopo qualche mese di terapia ho capito che per essere una madre serena dovevo prima essere una donna felice e appagata della propria vita. Nel giro di qualche mese abbiamo deciso di cambiare città, lavoro, vita. Cambiando scenario e prospettiva tutto è diventato più semplice. Ed ora, mentre ti scrivo, ho il mio terzo figlio di due mesi accanto a me. Credo che non “ossessionarsi” sulla maternità ma continuare ad avere in parallelo la propria vita sia fondamentale. In fondo, la vita non finisce con un figlio.
Come mai secondo te si fa ancora fatica a parlare dei chiaroscuri della maternità?
Si fa fatica in generale a parlare delle proprie debolezze. In Italia, dove l’immagine della donna come angelo del focolare è ancora viva e vegeta, si crede erroneamente che TUTTE le donne debbano essere madri felici, da Mulino Bianco per intenderci. Portatrici di gioia a tutto il nucleo famigliare e soddisfatte per il solo fatto di adempiere ai doveri domestici. Dunque, chi non prova immediatamente felicità nel’affacciarsi al ruolo di madre, si sente un mostro, una donna sbagliata, malvagia.Credo che parte della colpa sia delle donne stesse che spesso, invece di fare giocodi squadra, si fanno ostruzionismo e nonostante abbiano vissuto momenti di sconforto, faticano a condividere onestamente la propria esperienza con altre, per timore di essere giudicate. Si dà per scontato che genitori si nasca, mentre invece si diventa col tempo.
Le donne sono abbastanza informate sulle difficoltà dell’essere madre? Te lo chiedo perché ad esempio nel mio caso durante il corso pre parto mi avevano dipinto la maternità come il momento più bello della mia vita e quando è nata mia figlia e io non volevo nemmeno vederla, nessuno mi aveva avvisato che potesse succedere.
Assolutamente no! Il corso preparto verte sul parto appunto. Ma nessuno ti dice (con la prima è stata fonte di grandissimo stress) come fare a gestire il PIANTO del neonato, a bilanciare la propria vita di coppia, a capire che se un giorno ti viene da dire “ma chi me l’ha fatto fare?” … è normale! Su Internet ci sono molte informazioni – ed anche tanti libri – sulla DPP o baby blues etc, ma credo che l’esperienza diretta sia sempre la più efficace. Ed è quella a mancare.
Le mamme di oggi secondo te sono sole nell’affrontare le difficoltà della maternità o scelgono di esserlo perché è una vergogna ammettere di aver bisogno di aiuto?
Le mamme di oggi non dovrebbero essere sole perché il punto focale è capire che padre e madre hanno gli stessi oneri e onori nel crescere il proprio bambino (eccetto ovviamente l’allattamento). Quindi, le super mamme che vogliono fare tutto da sole – anche quando sono affiancate da mariti volenterosi – sono le prime a crollare quando capiscono di non farcela. Bisogna vivere la maternità in due, altrimenti si affonda. E credimi ho visto tante coppie di amici, anche le più solide, vacillare (a volte irreversibilmente) dopo l’arrivo di un figlio. Spesso perché la madre (forse perchè socialmente è l’unico lavoro riconosciuto ad appannaggio esclusivo della donna) focalizzava tutta l’attenzione sui figli. In ogni caso, sì. Credo che dire “sono depressa” sia in Italia ancora motivo di vergogna. Guarda il caso di Mia Martini, era depressa e dicevano che portava iella. Te la dice tutta sulla cultura in Italia…
Secondo te i media hanno delle responsabilità per l’immagine che – complici le donne dello spettacolo che partoriscono e dopo due giorni lavorano – viene data della maternità?
Certamente. Come scrivevo nel post sul FQ, se cerchi le immagini di “mamma” nel web, non ce n’è una senza sorriso. Tutte a cinquantacinque denti mentre sorreggono il pupo… Inoltre, si è venuto a snaturalizzare il periodo di puerperio. Una volta si coccolava la donna dopo il parto mentre ora deve essere una macchina pronta ad affrontare la vita come se nulla fosse successo.
Che consiglio daresti ad una mamma che sospetta di avere la depressione post partum?
Per prima cosa non isolarti. Parla in primis con tuo marito che oltre ad essere il padre del tuo bambino è anche il tuo compagno d’avventura. Non stare in casa, esci e frequenta gente. Quando io stavo in casa tutto il giorno l’angoscia mi divorava ma quando uscivo il tempo passava e la mia mente era impegnata. Non pensare di essere una supermamma…ti confido un segreto…NON esiste! E’ un mostro probabilmente inventato dalla Barilla!! Ma se alla fine, anche con tanta buona volontà, né il marito, nè gli amici, nè gli hobby aiutano, bisogna andare da uno specialista e intraprendere un piccolo o grande percorso di tipo psicologico.
Erica Vecchione: “Le supermamme non esistono!”
‘Credo che non “ossessionarsi” sulla maternità ma continuare ad avere in parallelo la propria vita sia fondamentale. In fondo, la vita non finisce con un figlio’.
Mi sono imbattuta in Erica Vecchione quasi per caso. Stavo girovagando in rete e ho trovato il suo bellissimo post intitolato “Depressione post partum: il lato oscuro della maternità” pubblicato qualche giorno fa sul sito de Il Fatto Quotidiano. Il pezzo era ripreso dal blog personale di Erica, vitacasalinga.com, in cui ha raccontato le vicende della sua depressione post partum. L’ho contattata subito per ospitarla su post-partum.it e lei è stata velocissima nel rispondermi: leggendo la sua intervista mi rendo sempre più conto di quanto – tra mamme e donne – ci sia bisogno della condivisione delle proprie storie.
Nel tuo blog e su Il Fatto Quotidiano hai raccontato di aver sofferto di depressione post partum dopo la tua seconda gravidanza. Come ne sei uscita?
Io ne sono uscita con delle sedute di psico terapia. Ho dovuto fare il punto della situazione sulla mia vita e concentrare le mie energie su di me, ricominciando da capo. Nel mio caso, la gravidanza mi aveva cambiata non solo a livello personale ma aveva riparametrato tutti i miei riferimenti, ad esempio da lavoratrice indipendente ero diventata casalinga. Quindi, dopo qualche mese di terapia ho capito che per essere una madre serena dovevo prima essere una donna felice e appagata della propria vita. Nel giro di qualche mese abbiamo deciso di cambiare città, lavoro, vita. Cambiando scenario e prospettiva tutto è diventato più semplice. Ed ora, mentre ti scrivo, ho il mio terzo figlio di due mesi accanto a me. Credo che non “ossessionarsi” sulla maternità ma continuare ad avere in parallelo la propria vita sia fondamentale. In fondo, la vita non finisce con un figlio.
Come mai secondo te si fa ancora fatica a parlare dei chiaroscuri della maternità?
Si fa fatica in generale a parlare delle proprie debolezze. In Italia, dove l’immagine della donna come angelo del focolare è ancora viva e vegeta, si crede erroneamente che TUTTE le donne debbano essere madri felici, da Mulino Bianco per intenderci. Portatrici di gioia a tutto il nucleo famigliare e soddisfatte per il solo fatto di adempiere ai doveri domestici. Dunque, chi non prova immediatamente felicità nel’affacciarsi al ruolo di madre, si sente un mostro, una donna sbagliata, malvagia.Credo che parte della colpa sia delle donne stesse che spesso, invece di fare giocodi squadra, si fanno ostruzionismo e nonostante abbiano vissuto momenti di sconforto, faticano a condividere onestamente la propria esperienza con altre, per timore di essere giudicate. Si dà per scontato che genitori si nasca, mentre invece si diventa col tempo.
Le donne sono abbastanza informate sulle difficoltà dell’essere madre? Te lo chiedo perché ad esempio nel mio caso durante il corso pre parto mi avevano dipinto la maternità come il momento più bello della mia vita e quando è nata mia figlia e io non volevo nemmeno vederla, nessuno mi aveva avvisato che potesse succedere.
Assolutamente no! Il corso preparto verte sul parto appunto. Ma nessuno ti dice (con la prima è stata fonte di grandissimo stress) come fare a gestire il PIANTO del neonato, a bilanciare la propria vita di coppia, a capire che se un giorno ti viene da dire “ma chi me l’ha fatto fare?” … è normale! Su Internet ci sono molte informazioni – ed anche tanti libri – sulla DPP o baby blues etc, ma credo che l’esperienza diretta sia sempre la più efficace. Ed è quella a mancare.
Le mamme di oggi secondo te sono sole nell’affrontare le difficoltà della maternità o scelgono di esserlo perché è una vergogna ammettere di aver bisogno di aiuto?
Le mamme di oggi non dovrebbero essere sole perché il punto focale è capire che padre e madre hanno gli stessi oneri e onori nel crescere il proprio bambino (eccetto ovviamente l’allattamento). Quindi, le super mamme che vogliono fare tutto da sole – anche quando sono affiancate da mariti volenterosi – sono le prime a crollare quando capiscono di non farcela. Bisogna vivere la maternità in due, altrimenti si affonda. E credimi ho visto tante coppie di amici, anche le più solide, vacillare (a volte irreversibilmente) dopo l’arrivo di un figlio. Spesso perché la madre (forse perchè socialmente è l’unico lavoro riconosciuto ad appannaggio esclusivo della donna) focalizzava tutta l’attenzione sui figli. In ogni caso, sì. Credo che dire “sono depressa” sia in Italia ancora motivo di vergogna. Guarda il caso di Mia Martini, era depressa e dicevano che portava iella. Te la dice tutta sulla cultura in Italia…
Secondo te i media hanno delle responsabilità per l’immagine che – complici le donne dello spettacolo che partoriscono e dopo due giorni lavorano – viene data della maternità?
Certamente. Come scrivevo nel post sul FQ, se cerchi le immagini di “mamma” nel web, non ce n’è una senza sorriso. Tutte a cinquantacinque denti mentre sorreggono il pupo… Inoltre, si è venuto a snaturalizzare il periodo di puerperio. Una volta si coccolava la donna dopo il parto mentre ora deve essere una macchina pronta ad affrontare la vita come se nulla fosse successo.
Che consiglio daresti ad una mamma che sospetta di avere la depressione post partum?
Per prima cosa non isolarti. Parla in primis con tuo marito che oltre ad essere il padre del tuo bambino è anche il tuo compagno d’avventura. Non stare in casa, esci e frequenta gente. Quando io stavo in casa tutto il giorno l’angoscia mi divorava ma quando uscivo il tempo passava e la mia mente era impegnata. Non pensare di essere una supermamma…ti confido un segreto…NON esiste! E’ un mostro probabilmente inventato dalla Barilla!! Ma se alla fine, anche con tanta buona volontà, né il marito, nè gli amici, nè gli hobby aiutano, bisogna andare da uno specialista e intraprendere un piccolo o grande percorso di tipo psicologico.
Foto credits: Twitter @vitadacasalinga
Valentina Colmi
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