‘Perché si continua a concentrarsi così tanto sulle mamme, come se l’essere genitori riguardasse solo loro?’
Francesca Sanzo – conosciuta in Rete anche come “Panzallaria” – è una delle personalità più importanti del web. Crea contenuti e strategie per i social media, ma non solo: è mamma di “Frollina”, che ha 7 anni. Purtroppo anche Francesca è stata colpita dalla depressione post partum dopo la nascita della figlia; ne è uscita chiedendo aiuto, insegnandoci mamme una cosa fondamentale: l’importanza del “mettersi in gioco” per poter ritornare a stare bene. Trovo molto schiette le risposte che ci ha dato e soprattutto ha aperto un dibattito interessante: perché quando si parla di genitorialità ci si riferisce quasi sempre solo alle mamme (le ricerche dicono infatti che anche i papà possono venire colpiti dalla depressione post partum)?
Francesca, come hai vissuto la tua gravidanza e come ti immaginavi come mamma?
Ho vissuto la gravidanza ad alti e bassi, come il resto della mia vita: picchi di entusiasmo e picchi di paura, angoscia e depressione. Come mamma mi immaginavo completamente incompetente.
Quando sei diventata mamma, la madre ideale e la mamma reale sono andate d’accordo fin da subito o hai avuto delle difficoltà?
Per natura non amo darmi degli “ideali”: quelle che non sono andate d’accordo sono state la madre reale che ero e la madre che gli altri volevano che fossi (società, stereotipi, ecc). Questo mi ha causato grande ansia e angoscia.
Parliamo di depressione post partum: hai detto di averne sofferto. Cosa provavi in quei momenti? Come ne sei uscita?
Pensavo di avere fatto l’errore peggiore della mia vita a riprodurmi 😉 Temevo di rendere mia figlia infelice, mi sentivo completamente inadeguata e immatura nel ruolo di genitore. Ne sono uscita perché mi sono ammalata (ho scoperto di avere malattia genetica) e dopo avere scavato sul fondo, ho capito che dovevo cercare di stare bene. Ne sono uscita con grande caparbia e supportata dal mio compagno. Ne sono uscita perché credo, sempre, nel cambiamento e mi metto in gioco. Ne sono uscita facendo un percorso con uno specialista.
Molte mamme hanno paura a rivolgersi alla psicoterapia perché forse ritengono di non essere delle brave madri se hanno bisogno d’aiuto. Io continuo a dire che la depressione post partum e’ guaribilissima, ma solo se ci si fa aiutare. Qual è il tuo pensiero in merito?
Concordo in pieno: bisogna chiedere aiuto, non avere paura di farlo. Siamo tutti imperfetti, abbiamo tutti delle debolezze ed è necessario farci i conti. Anche se il mondo ci chiede perfezione (specie legata alla genitorialità), ricordiamoci che sono spesso imposizioni di marketing e culturali, più che realtà e affidiamoci a chi ci vuole bene per farci aiutare. Ricordiamoci che un po’ ci passano proprio tutte le donne, anche le “insospettabili” ;-).
Ti reputavi una mamma informata quando eri incinta sulle difficoltà della maternità? Te ne avevano parlato durante il corso pre parto?
No. Sinceramente non ero nemmeno interessata: ho sempre preferito vivere in prima persona le cose e fin da subito ho colto nella iper informazione legata alla genitorialità un aspetto ossessivo che non era nelle mie corde.
Secondo te le mamme oggi sono informate in maniera sufficiente sugli aspetti meno piacevoli dell’essere madri oppure c’è ancora molta strada da compiere?
Io credo non sia tanto un problema di informazione quanto di “collaborazione”. Mi spiego: credo che si debba affrontare in maniera relazionale e empatica il fatto – ed è un fatto – che ogni persona è diversa, che si può essere madri imperfette senza dovere dimostrare qualcosa di assoluto e standard e che ci sia un gran bisogno di condivisione reale (e non solo online) tra le persone, senza dovere per forza dimostrare al mondo di essere brave a fare le mamme.
Tu sei una social media strategist, quindi utilizzi quotidianamente il web per il tuo lavoro. Secondo te in che modo si parla di maternità in Rete?
La deriva del fenomeno del mommyblogging (ormai fenomeno di marketing) ha reso tutto molto superficiale e poco naturale. La rete spesso fornisce troppe informazioni e troppo centrate sull’aspetto commerciale della genitorialità. Poi, altra cosa che mi preme sempre sottolineare: perché si continua a concentrarsi così tanto sulle mamme, come se l’essere genitori riguardasse solo loro? I padri sono importanti allo stesso modo e sarebbe bello coinvolgerli nel discorso, anche per agevolare una partecipazione da parte loro e ricordare alle mamme che non sono sole, prima di tutto nelle scelte e nella condivisione dei carichi, delle gioie e delle paure.
Francesca Sanzo: “Sono guarita dalla dpp e alle mamme dico ‘Fatevi aiutare'”
‘Perché si continua a concentrarsi così tanto sulle mamme, come se l’essere genitori riguardasse solo loro?’
Francesca Sanzo – conosciuta in Rete anche come “Panzallaria” – è una delle personalità più importanti del web. Crea contenuti e strategie per i social media, ma non solo: è mamma di “Frollina”, che ha 7 anni. Purtroppo anche Francesca è stata colpita dalla depressione post partum dopo la nascita della figlia; ne è uscita chiedendo aiuto, insegnandoci mamme una cosa fondamentale: l’importanza del “mettersi in gioco” per poter ritornare a stare bene. Trovo molto schiette le risposte che ci ha dato e soprattutto ha aperto un dibattito interessante: perché quando si parla di genitorialità ci si riferisce quasi sempre solo alle mamme (le ricerche dicono infatti che anche i papà possono venire colpiti dalla depressione post partum)?
Francesca, come hai vissuto la tua gravidanza e come ti immaginavi come mamma?
Ho vissuto la gravidanza ad alti e bassi, come il resto della mia vita: picchi di entusiasmo e picchi di paura, angoscia e depressione. Come mamma mi immaginavo completamente incompetente.
Quando sei diventata mamma, la madre ideale e la mamma reale sono andate d’accordo fin da subito o hai avuto delle difficoltà?
Per natura non amo darmi degli “ideali”: quelle che non sono andate d’accordo sono state la madre reale che ero e la madre che gli altri volevano che fossi (società, stereotipi, ecc). Questo mi ha causato grande ansia e angoscia.
Parliamo di depressione post partum: hai detto di averne sofferto. Cosa provavi in quei momenti? Come ne sei uscita?
Pensavo di avere fatto l’errore peggiore della mia vita a riprodurmi 😉 Temevo di rendere mia figlia infelice, mi sentivo completamente inadeguata e immatura nel ruolo di genitore. Ne sono uscita perché mi sono ammalata (ho scoperto di avere malattia genetica) e dopo avere scavato sul fondo, ho capito che dovevo cercare di stare bene. Ne sono uscita con grande caparbia e supportata dal mio compagno. Ne sono uscita perché credo, sempre, nel cambiamento e mi metto in gioco. Ne sono uscita facendo un percorso con uno specialista.
Molte mamme hanno paura a rivolgersi alla psicoterapia perché forse ritengono di non essere delle brave madri se hanno bisogno d’aiuto. Io continuo a dire che la depressione post partum e’ guaribilissima, ma solo se ci si fa aiutare. Qual è il tuo pensiero in merito?
Concordo in pieno: bisogna chiedere aiuto, non avere paura di farlo. Siamo tutti imperfetti, abbiamo tutti delle debolezze ed è necessario farci i conti. Anche se il mondo ci chiede perfezione (specie legata alla genitorialità), ricordiamoci che sono spesso imposizioni di marketing e culturali, più che realtà e affidiamoci a chi ci vuole bene per farci aiutare. Ricordiamoci che un po’ ci passano proprio tutte le donne, anche le “insospettabili” ;-).
Ti reputavi una mamma informata quando eri incinta sulle difficoltà della maternità? Te ne avevano parlato durante il corso pre parto?
No. Sinceramente non ero nemmeno interessata: ho sempre preferito vivere in prima persona le cose e fin da subito ho colto nella iper informazione legata alla genitorialità un aspetto ossessivo che non era nelle mie corde.
Secondo te le mamme oggi sono informate in maniera sufficiente sugli aspetti meno piacevoli dell’essere madri oppure c’è ancora molta strada da compiere?
Io credo non sia tanto un problema di informazione quanto di “collaborazione”. Mi spiego: credo che si debba affrontare in maniera relazionale e empatica il fatto – ed è un fatto – che ogni persona è diversa, che si può essere madri imperfette senza dovere dimostrare qualcosa di assoluto e standard e che ci sia un gran bisogno di condivisione reale (e non solo online) tra le persone, senza dovere per forza dimostrare al mondo di essere brave a fare le mamme.
Tu sei una social media strategist, quindi utilizzi quotidianamente il web per il tuo lavoro. Secondo te in che modo si parla di maternità in Rete?
La deriva del fenomeno del mommyblogging (ormai fenomeno di marketing) ha reso tutto molto superficiale e poco naturale. La rete spesso fornisce troppe informazioni e troppo centrate sull’aspetto commerciale della genitorialità. Poi, altra cosa che mi preme sempre sottolineare: perché si continua a concentrarsi così tanto sulle mamme, come se l’essere genitori riguardasse solo loro? I padri sono importanti allo stesso modo e sarebbe bello coinvolgerli nel discorso, anche per agevolare una partecipazione da parte loro e ricordare alle mamme che non sono sole, prima di tutto nelle scelte e nella condivisione dei carichi, delle gioie e delle paure.
Foto credits: Facebook Francesca Sanzo
Valentina Colmi
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