‘Negli ultimi decenni in Italia le correnti di pensiero sulla maternità sono cambiate: si fa più fatica, infatti, a vedere l’arrivo di un bambino come una ricchezza perché l’attenzione è quasi sempre spostata sul “post-nascita” e sulle conseguenti difficoltà vere, ma –a mio parere- non le più importanti’.
Chiara ha 25 anni, abita a Cormano, in provincia di Milano e dopo il suo percorso formativo all’università ha iniziato il Servizio Civile Nazionale all’ Associazione Mani Tese, nell’area della cooperazione internazionale, affiancando il responsabile del Desk Africa. Si è spostata il 7 settembre 2013 con Michel, camerunense, e ad agosto avrà il suo primo figlio, Fomyn.
L’ho conosciuta durante l’incontro del Mip “Essere madri tra miti e realtà” e mi ha colpito per la sua maturità e consapevolezza. Ho voluto intervistarla per capire come sta vivendo questa attesa, anche in relazione al fatto che suo figlio nascerà e crescere in un contesto multiculturale. Ecco che cosa mi ha raccontato.
Quando hai scoperto di essere incinta cosa hai pensato?
È stato un mix di emozioni. Io e mio marito Michel desideravamo avere un bambino ma, nello stesso tempo, eravamo sposati da due mesi e io dovevo finire il mio percorso universitario scrivendo la tesi, quindi avevamo “deciso” di aspettare ancora qualche mese per cercarlo… invece, come ogni evento imprevedibile, è arrivato!
Durante le settimane che hanno preceduto il “fatidico” test mi sentivo fisicamente strana, intuivo che c’era qualcosa di diverso, “in più” in me, rispetto alla semplice stanchezza dovuta allo stress per scrivere la tesi. Quando ho fatto il test mio marito non era in casa.
In un breve frangente di tempo mi sono passati tanti pensieri per la testa, da “non ci credo, aspettiamo un bimbo!”… a “sarò pronta?”… a “ma è troppo presto”… a “cosa ci aspetterà?”: tutte queste emozioni sono esplose insieme ed in pochi secondi, senza riuscire quindi a distinguere i pensieri positivi da quelli un po’ meno gioiosi.
E poi c’era la questione del “vedo ma non vedo”: c’era quasi la certezza che qualcuno nel grembo stava crescendo ma non si vedeva e non si sentiva nulla tranne che i malesseri fisici… il primo periodo, infatti, è stato caratterizzato dalla certezza/incertezza di “convivere” nel mio stesso corpo con qualcun altro che stava portando tante trasformazioni e cambiamenti: abbiamo vissuto più o meno il cosiddetto “mistero della vita”.
Tuo marito è camerunense: come viene vissuta la maternità nella sua cultura e come pensi di rapportartene tu?
Nella cultura africana, camerunense e, in particolare, bamiléké (gruppo etnico di cui la mia “belle-famille” –famiglia di mio marito- fa parte) la gravidanza e, soprattutto, la maternità sono dei passaggi fondamentali nella vita di una donna, di una coppia e, più in generale, sono eventi molto importanti che vivono le famiglie degli sposi.
La nascita di un bambino è una ricchezza e un dono. Grazie al nuovo nato i genitori –la mamma soprattutto- acquisiscono più “importanza” all’interno dell’intera famiglia estesa. La Coppia si può definire tale in tutti i sensi, acquisendo un “grado” in più, diventando così Famiglia.
Negli ultimi decenni in Italia le correnti di pensiero sulla maternità sono cambiate: si fa più fatica, infatti, a vedere l’arrivo di un bambino come una ricchezza perché l’attenzione è quasi sempre spostata sul “post-nascita” e sulle conseguenti difficoltà (difficoltà economiche che ne deriveranno, minor tempo che potrà essere dedicato alla coppia e agli amici, totale dipendenza del bambino dalla mamma) vere, ma –a mio parere- non le più importanti.
Destino o coincidenza, vogliono che il pensiero trasmesso dai miei genitori durante l’infanzia e l’adolescenza si avvicina molto alla cultura e al pensiero secondo i quali è stato educato Michel: ritengo che l’arrivo di Fomyn sia una ricchezza ed un dono che, accompagnato dalle difficoltà che si incontreranno, diventerà parte della nostra Coppia… facendoci diventare Famiglia.
Come stai vivendo questa gravidanza? Stai facendo il corso pre parto?
In generale ho vissuto e sto vivendo bene questa gravidanza.
Ovviamente ci sono, ci sono stati (e ci saranno anche in questo ultimo mese e mezzo) alti e bassi, malesseri (soprattutto fisici) che si sono susseguiti: dalle nausee e stanchezza perenne dei primi quattro mesi, alle vene varicose del quinto mese che stanno aumentando sempre più, dal peso della pancia con un bimbo di 2 kg all’inizio dell’ottavo mese, alle gambe doloranti e, infine, questo arrivo improvviso del caldo. Ma se mi fermo un momento e mi metto a pensare: ho solo delle gambe doloranti, niente mal di schiena, niente vomiti continui, nessun kg “di troppo”, un marito che mi è accanto e mi supporta… e allora, di cosa mi posso lamentare?
Un altro aspetto fondamentale che caratterizza questa mia attesa è l’essere consapevole di tutto ciò che succede a me, alla coppia e al bambino.
Consapevolezza che mi ha guidato fin dai primi mesi: lettura di articoli medici relativi a sintomi e malesseri in gravidanza, crescita del bimbo (passo per passo, settimana per settimana) e cambiamenti nella mamma, comportamenti e regime alimentare da osservare, attività fisica a cui dare particolare attenzione.
Credo sia fondamentale, infatti, essere coscienti e presenti nelle varie situazioni che si affrontano, a maggior ragione durante la gravidanza: non è mai bene raggiungere gli eccessi e dare a questo periodo una sfumatura troppo “medicalizzata”, ma è indispensabile cercare e ricevere un’adeguata ed equilibrata dose di informazioni.
Si arriva così a comprendere e ad affermare che “non sono l’unica ad avere questi problemi e malesseri”, “ci sono donne che soffrono di più”, “ogni gravidanza è a sé ma tutti i cambiamenti basilari sono uguali e fondamentali”, “si può migliorare la condizione del momento ridimensionando il problema e… pensando a Fomyn che verrà!”.
Durante il primo corso sono state offerte informazioni sulla gravidanza, sul parto e sul post-parto, ed è stato caratterizzato da un’impronta più socio-psicologica, con un’attenzione particolare al dialogo e alla condivisione di sentimenti e stati d’animo. Durante il corso in ospedale, invece, verranno fornite prevalentemente informazioni di carattere fisico, tecnico e medico.
Essendo organizzati in due periodi diversi, ho ritenuto interessante (ed importante) ricevere inputs dai diversi aspetti, importanti in egual modo: quello socio-psicologico, con un’attenzione alla mente e al “non visibile” –i sentimenti-, e quello più tecnico e fisico che servirà durante l’atto della nascita “vera e propria”.
Pensi che le future mamme siano abbastanza informate sulla maternità?
Non credo che la maggior parte delle “future mamme” siano abbastanza informate sulla maternità né che acquisiscano un numero adeguato di informazioni che abbiano rilevanza qualitativa e siano totalmente veritiere. Credo manchi una diffusione corretta e poco “oppressiva” delle informazioni relative a questi periodi delicati della gravidanza e della maternità.
Mi spiego meglio: credo si tenda a vivere questo periodo appoggiandosi troppo sulle esperienze e sulle tradizioni vissute precedentemente dalle mamme o dalle nonne, oppure –all’opposto- ci si focalizza troppo sugli aspetti medici e sui conseguenti divieti, senza esplorare il mondo della gravidanza, del parto e del post-parto “ad occhi aperti” e con uno spirito critico per poter discernere così le “tradizioni” dalla “medicalizzazione” e dalla “non-consapevolezza” rispetto a quello che una quasi-mamma sta vivendo.
A mio parere, quindi, sì all’ascolto ponderato dei consigli e delle informazioni che vengono offerte ma, nello stesso tempo, si anche all’ascolto dei bisogni, delle necessità e delle volontà del proprio corpo, del proprio bimbo e del proprio marito.
Mantenere, poi, il proprio ritmo durante la giornata, dando maggior spazio però a passeggiate, esercizi di ginnastica, piscina, stando all’aria aperta, mangiando sano e, soprattutto, senza vedere la gravidanza e la maternità come una malattia: nel bene e nel male, portare e crescere un’altra vita nel proprio corpo è una cosa meravigliosa!
Maternità multietnica: Chiara e l’arrivo del piccolo Fomyn
‘Negli ultimi decenni in Italia le correnti di pensiero sulla maternità sono cambiate: si fa più fatica, infatti, a vedere l’arrivo di un bambino come una ricchezza perché l’attenzione è quasi sempre spostata sul “post-nascita” e sulle conseguenti difficoltà vere, ma –a mio parere- non le più importanti’.
Chiara ha 25 anni, abita a Cormano, in provincia di Milano e dopo il suo percorso formativo all’università ha iniziato il Servizio Civile Nazionale all’ Associazione Mani Tese, nell’area della cooperazione internazionale, affiancando il responsabile del Desk Africa. Si è spostata il 7 settembre 2013 con Michel, camerunense, e ad agosto avrà il suo primo figlio, Fomyn.
L’ho conosciuta durante l’incontro del Mip “Essere madri tra miti e realtà” e mi ha colpito per la sua maturità e consapevolezza. Ho voluto intervistarla per capire come sta vivendo questa attesa, anche in relazione al fatto che suo figlio nascerà e crescere in un contesto multiculturale. Ecco che cosa mi ha raccontato.
Quando hai scoperto di essere incinta cosa hai pensato?
È stato un mix di emozioni. Io e mio marito Michel desideravamo avere un bambino ma, nello stesso tempo, eravamo sposati da due mesi e io dovevo finire il mio percorso universitario scrivendo la tesi, quindi avevamo “deciso” di aspettare ancora qualche mese per cercarlo… invece, come ogni evento imprevedibile, è arrivato!
Durante le settimane che hanno preceduto il “fatidico” test mi sentivo fisicamente strana, intuivo che c’era qualcosa di diverso, “in più” in me, rispetto alla semplice stanchezza dovuta allo stress per scrivere la tesi. Quando ho fatto il test mio marito non era in casa.
In un breve frangente di tempo mi sono passati tanti pensieri per la testa, da “non ci credo, aspettiamo un bimbo!”… a “sarò pronta?”… a “ma è troppo presto”… a “cosa ci aspetterà?”: tutte queste emozioni sono esplose insieme ed in pochi secondi, senza riuscire quindi a distinguere i pensieri positivi da quelli un po’ meno gioiosi.
E poi c’era la questione del “vedo ma non vedo”: c’era quasi la certezza che qualcuno nel grembo stava crescendo ma non si vedeva e non si sentiva nulla tranne che i malesseri fisici… il primo periodo, infatti, è stato caratterizzato dalla certezza/incertezza di “convivere” nel mio stesso corpo con qualcun altro che stava portando tante trasformazioni e cambiamenti: abbiamo vissuto più o meno il cosiddetto “mistero della vita”.
Tuo marito è camerunense: come viene vissuta la maternità nella sua cultura e come pensi di rapportartene tu?
Nella cultura africana, camerunense e, in particolare, bamiléké (gruppo etnico di cui la mia “belle-famille” –famiglia di mio marito- fa parte) la gravidanza e, soprattutto, la maternità sono dei passaggi fondamentali nella vita di una donna, di una coppia e, più in generale, sono eventi molto importanti che vivono le famiglie degli sposi.
La nascita di un bambino è una ricchezza e un dono. Grazie al nuovo nato i genitori –la mamma soprattutto- acquisiscono più “importanza” all’interno dell’intera famiglia estesa. La Coppia si può definire tale in tutti i sensi, acquisendo un “grado” in più, diventando così Famiglia.
Negli ultimi decenni in Italia le correnti di pensiero sulla maternità sono cambiate: si fa più fatica, infatti, a vedere l’arrivo di un bambino come una ricchezza perché l’attenzione è quasi sempre spostata sul “post-nascita” e sulle conseguenti difficoltà (difficoltà economiche che ne deriveranno, minor tempo che potrà essere dedicato alla coppia e agli amici, totale dipendenza del bambino dalla mamma) vere, ma –a mio parere- non le più importanti.
Destino o coincidenza, vogliono che il pensiero trasmesso dai miei genitori durante l’infanzia e l’adolescenza si avvicina molto alla cultura e al pensiero secondo i quali è stato educato Michel: ritengo che l’arrivo di Fomyn sia una ricchezza ed un dono che, accompagnato dalle difficoltà che si incontreranno, diventerà parte della nostra Coppia… facendoci diventare Famiglia.
Come stai vivendo questa gravidanza? Stai facendo il corso pre parto?
In generale ho vissuto e sto vivendo bene questa gravidanza.
Ovviamente ci sono, ci sono stati (e ci saranno anche in questo ultimo mese e mezzo) alti e bassi, malesseri (soprattutto fisici) che si sono susseguiti: dalle nausee e stanchezza perenne dei primi quattro mesi, alle vene varicose del quinto mese che stanno aumentando sempre più, dal peso della pancia con un bimbo di 2 kg all’inizio dell’ottavo mese, alle gambe doloranti e, infine, questo arrivo improvviso del caldo. Ma se mi fermo un momento e mi metto a pensare: ho solo delle gambe doloranti, niente mal di schiena, niente vomiti continui, nessun kg “di troppo”, un marito che mi è accanto e mi supporta… e allora, di cosa mi posso lamentare?
Un altro aspetto fondamentale che caratterizza questa mia attesa è l’essere consapevole di tutto ciò che succede a me, alla coppia e al bambino.
Consapevolezza che mi ha guidato fin dai primi mesi: lettura di articoli medici relativi a sintomi e malesseri in gravidanza, crescita del bimbo (passo per passo, settimana per settimana) e cambiamenti nella mamma, comportamenti e regime alimentare da osservare, attività fisica a cui dare particolare attenzione.
Credo sia fondamentale, infatti, essere coscienti e presenti nelle varie situazioni che si affrontano, a maggior ragione durante la gravidanza: non è mai bene raggiungere gli eccessi e dare a questo periodo una sfumatura troppo “medicalizzata”, ma è indispensabile cercare e ricevere un’adeguata ed equilibrata dose di informazioni.
Si arriva così a comprendere e ad affermare che “non sono l’unica ad avere questi problemi e malesseri”, “ci sono donne che soffrono di più”, “ogni gravidanza è a sé ma tutti i cambiamenti basilari sono uguali e fondamentali”, “si può migliorare la condizione del momento ridimensionando il problema e… pensando a Fomyn che verrà!”.
Concluderò la gravidanza avendo partecipato a due corsi pre-parto: uno, appena finito, al Consultorio Decanale del Centro Famiglia di Bresso e l’altro all’Ospedale di Niguarda, dove ho intenzione di partorire.
Durante il primo corso sono state offerte informazioni sulla gravidanza, sul parto e sul post-parto, ed è stato caratterizzato da un’impronta più socio-psicologica, con un’attenzione particolare al dialogo e alla condivisione di sentimenti e stati d’animo. Durante il corso in ospedale, invece, verranno fornite prevalentemente informazioni di carattere fisico, tecnico e medico.
Essendo organizzati in due periodi diversi, ho ritenuto interessante (ed importante) ricevere inputs dai diversi aspetti, importanti in egual modo: quello socio-psicologico, con un’attenzione alla mente e al “non visibile” –i sentimenti-, e quello più tecnico e fisico che servirà durante l’atto della nascita “vera e propria”.
Pensi che le future mamme siano abbastanza informate sulla maternità?
Non credo che la maggior parte delle “future mamme” siano abbastanza informate sulla maternità né che acquisiscano un numero adeguato di informazioni che abbiano rilevanza qualitativa e siano totalmente veritiere. Credo manchi una diffusione corretta e poco “oppressiva” delle informazioni relative a questi periodi delicati della gravidanza e della maternità.
Mi spiego meglio: credo si tenda a vivere questo periodo appoggiandosi troppo sulle esperienze e sulle tradizioni vissute precedentemente dalle mamme o dalle nonne, oppure –all’opposto- ci si focalizza troppo sugli aspetti medici e sui conseguenti divieti, senza esplorare il mondo della gravidanza, del parto e del post-parto “ad occhi aperti” e con uno spirito critico per poter discernere così le “tradizioni” dalla “medicalizzazione” e dalla “non-consapevolezza” rispetto a quello che una quasi-mamma sta vivendo.
A mio parere, quindi, sì all’ascolto ponderato dei consigli e delle informazioni che vengono offerte ma, nello stesso tempo, si anche all’ascolto dei bisogni, delle necessità e delle volontà del proprio corpo, del proprio bimbo e del proprio marito.
Mantenere, poi, il proprio ritmo durante la giornata, dando maggior spazio però a passeggiate, esercizi di ginnastica, piscina, stando all’aria aperta, mangiando sano e, soprattutto, senza vedere la gravidanza e la maternità come una malattia: nel bene e nel male, portare e crescere un’altra vita nel proprio corpo è una cosa meravigliosa!
Foto credits: Chiara Alberti
Valentina Colmi
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