‘Quello che mi ha aiutato tanto è stata la consapevolezza di poter amare il mio meraviglioso bambino e di poter essere una buona madre o, almeno, una madre decente’.
Ci sono delle persone con cui vai subito d’accordo, anche se fisicamente non le hai mai viste. E’ la potenza della Rete che ti permette di conoscere qualcuno che ha vissuto la tua storia, che descrive con le stesse parole le sensazioni che hai provato tu. Io la chiamerei empatia liquida. A me è successo con Elisa, mamma coraggiosa che ha deciso per la prima volta di raccontarsi: ha sofferto di depressione post partum e qui c’è la sua storia. Lei è un’altra dimostrazione di resilienza e la ringrazio perché so quanto sia difficile dire di non essere stata felice quando invece tutti intorno a te continuano a ripeterti di esserlo.
Grazie, Elisa: spero che la tua volontà di condividere – come hanno già fatto Francesca Sanzo e Erica Vecchione– sia d’esempio per altre mamme in difficoltà. Perché la depressione post partum è solo un brutto periodo e da questo possono nascere tantissime belle opportunità di rinascita. Io ci credo: e voi?
“Io sono una mamma.
Mi fa ancora un po’ effetto dirlo, anche dopo 15 mesi.
Quando vado a prendere mio figlio al nido, prima di chiamarlo mi nascondo in un angolo e lo guardo mentre gioca. Lo guardo e penso: quella creatura meravigliosa è il mio bambino!
E mi pare impossibile, un privilegio troppo grande.
Ma non gli ho sempre voluto così bene. Non l’ho sempre guardato con gli occhi pieni di amore e commozione.
Io ho sofferto di depressione post partum e per mesi ho odiato essere madre e ho sperato che qualcun altro si prendesse cura di mio figlio.
Non sono stata subito male: ho un filmato in cui il mio bambino ha 6 giorni di vita e io me lo tengo stretto stretto e ripeto: quanto sono fortunata!
Poi, nelle settimane successive, qualcosa si è spezzato. Sapevo che la maternità, soprattutto all’inizio, non sarebbe stata facile ma non immaginavo di arrivare a provare un dolore così forte e profondo che mi impediva di sentire anche la minima gioia.
Mio marito usciva di casa la mattina e io mi sentivo soffocare dall’angoscia e dalla disperazione: dovevo rimanere da sola 10 ore con quella creatura che non sentivo mia e che mi faceva tanta pena perchè era capitata con una madre inetta e inadeguata. Non facevo altro che piangere, sempre.
Avevo provato a frequentare altre mamme ma la loro gioia, la loro capacità di godere del momento mi annientava, mi faceva sentire più sconfitta che mai.
So, perchè me l’hanno detto, che da fuori sembravo proprio una brava mamma: il piccolo era sempre ben vestito, lavato e curato.
In realtà prendermi cura di mio figlio era, a volte, anche doloroso fisicamente.
Per questo, appena potevo, lo davo in braccio ad amici e parenti e scappavo nell’altra stanza a prendere fiato. Mi chiedevo sempre: ma cosa ho fatto? perchè ho messo al mondo un figlio?
C’è voluto un po’ di tempo per trovare il coraggio di chiedere aiuto. Ero allo stremo delle forze fisiche e morali. Il processo di guarigione è stato lento e doloroso: io e mio figlio abbiamo dovuto raggiungere e superare vari momenti di crisi profonda ma ogni volta ne uscivano più forti e uniti. Quello che mi ha aiutato tanto è stata la consapevolezza di poter amare il mio meraviglioso bambino e di poter essere una buona madre o, almeno, una madre decente.
Ci sono tante persone che, consapevoli o meno del mio dolore, mi hanno aiutato a prendermi cura di mio figlio e a non impazzire. Ora sono una mamma stanca ma felice, una mamma sempre piena di dubbi e sensi di colpa ma con un marito ed un figlio fenomenali. Ce la possiamo fare.
Storie di resilienza: Elisa e la sua battaglia contro la depressione post partum
‘Quello che mi ha aiutato tanto è stata la consapevolezza di poter amare il mio meraviglioso bambino e di poter essere una buona madre o, almeno, una madre decente’.
Ci sono delle persone con cui vai subito d’accordo, anche se fisicamente non le hai mai viste. E’ la potenza della Rete che ti permette di conoscere qualcuno che ha vissuto la tua storia, che descrive con le stesse parole le sensazioni che hai provato tu. Io la chiamerei empatia liquida. A me è successo con Elisa, mamma coraggiosa che ha deciso per la prima volta di raccontarsi: ha sofferto di depressione post partum e qui c’è la sua storia. Lei è un’altra dimostrazione di resilienza e la ringrazio perché so quanto sia difficile dire di non essere stata felice quando invece tutti intorno a te continuano a ripeterti di esserlo.
Grazie, Elisa: spero che la tua volontà di condividere – come hanno già fatto Francesca Sanzo e Erica Vecchione – sia d’esempio per altre mamme in difficoltà. Perché la depressione post partum è solo un brutto periodo e da questo possono nascere tantissime belle opportunità di rinascita. Io ci credo: e voi?
“Io sono una mamma.
Mi fa ancora un po’ effetto dirlo, anche dopo 15 mesi.
Quando vado a prendere mio figlio al nido, prima di chiamarlo mi nascondo in un angolo e lo guardo mentre gioca. Lo guardo e penso: quella creatura meravigliosa è il mio bambino!
E mi pare impossibile, un privilegio troppo grande.
Ma non gli ho sempre voluto così bene. Non l’ho sempre guardato con gli occhi pieni di amore e commozione.
Io ho sofferto di depressione post partum e per mesi ho odiato essere madre e ho sperato che qualcun altro si prendesse cura di mio figlio.
Non sono stata subito male: ho un filmato in cui il mio bambino ha 6 giorni di vita e io me lo tengo stretto stretto e ripeto: quanto sono fortunata!
Poi, nelle settimane successive, qualcosa si è spezzato. Sapevo che la maternità, soprattutto all’inizio, non sarebbe stata facile ma non immaginavo di arrivare a provare un dolore così forte e profondo che mi impediva di sentire anche la minima gioia.
Mio marito usciva di casa la mattina e io mi sentivo soffocare dall’angoscia e dalla disperazione: dovevo rimanere da sola 10 ore con quella creatura che non sentivo mia e che mi faceva tanta pena perchè era capitata con una madre inetta e inadeguata. Non facevo altro che piangere, sempre.
Avevo provato a frequentare altre mamme ma la loro gioia, la loro capacità di godere del momento mi annientava, mi faceva sentire più sconfitta che mai.
So, perchè me l’hanno detto, che da fuori sembravo proprio una brava mamma: il piccolo era sempre ben vestito, lavato e curato.
In realtà prendermi cura di mio figlio era, a volte, anche doloroso fisicamente.
Per questo, appena potevo, lo davo in braccio ad amici e parenti e scappavo nell’altra stanza a prendere fiato. Mi chiedevo sempre: ma cosa ho fatto? perchè ho messo al mondo un figlio?
C’è voluto un po’ di tempo per trovare il coraggio di chiedere aiuto. Ero allo stremo delle forze fisiche e morali. Il processo di guarigione è stato lento e doloroso: io e mio figlio abbiamo dovuto raggiungere e superare vari momenti di crisi profonda ma ogni volta ne uscivano più forti e uniti. Quello che mi ha aiutato tanto è stata la consapevolezza di poter amare il mio meraviglioso bambino e di poter essere una buona madre o, almeno, una madre decente.
Ci sono tante persone che, consapevoli o meno del mio dolore, mi hanno aiutato a prendermi cura di mio figlio e a non impazzire. Ora sono una mamma stanca ma felice, una mamma sempre piena di dubbi e sensi di colpa ma con un marito ed un figlio fenomenali. Ce la possiamo fare.
Elisa”.
Foto credits: Elisa Carnevale
Valentina Colmi
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