I casi della vita. Sono inciampata in “Una donna perfetta” (Cairo Editore) per caso, ma è stato un incontro molto importante. Venivo da un secondo aborto, mi pareva di essere l’unica al mondo a stare da cani e invece – come spesso accade – sono i libri che ti danno le risposte o che comunque ti fanno sentire meno sola. La storia parla di Anna, ex giornalista in carriera che ha sposato Mahmoud, un uomo d’affari di Dubai, e della sua vita negli Emirati. In particolare questo capitolo affronta la difficile seconda gravidanza di Anna e i suoi dubbi e i timori legati ad una bambina “a rischio”. Ne consegue un vero e proprio viaggio che le farà capire molto di sé, del suo modo di essere madre e moglie. Ecco quello che mi ha raccontato la sua autrice, Melanie Francesca. Continua a leggere…
Avrete notato che è da un po’ che non scrivo. Cerco di essere sempre attiva sui social ma qui faccio un po’ più fatica, sarà che gli avvenimenti delle ultime settimane sono stati non facili da digerire.
Posso dire che sto molto meglio e questo perché mi sono data un tempo godermi il mio dolore. Ho deciso che dopo questo avrei smesso di soffrire e cercato nuove opportunità derivate proprio dal momento di crisi.
E’ da un po’ che non scrivo, è vero. Il mese di marzo è stato piuttosto impegnativo, tra trasloco e ben due operazioni chirurgiche che hanno coinvolto mio papà e mio marito. Per fortuna oggi va tutto bene, anche se mi dispiace molto non aver trovato il tempo per dedicarmi a post-partum.
E’ passato circa un mese dall’aborto. Come sto? Sinceramente non bene. Non riesco bene a confrontarmi con le emozioni che mi vengono addosso. Ho fatto una prima seduta di terapia e non è che mi abbia aiutato gran che. Forse perché non sono nella giusta predisposizione d’animo o forse perché la forza la devo trovare anche dentro di me e non posso sperare che ci sia una soluzione solo esterna che magicamente rimetta tutto al proprio ordine. Continua a leggere…
Il giorno dopo aver scritto questo post, ho cominciato ad avere le perdite, un aborto spontaneo insomma. Ciò è stato un bene perché proprio in questi giorni avevo in programma in raschiamento e per il momento sembra che non debba farlo (sembra, speriamo che ciò si trasformi in un “non è necessario”). Proprio ieri sono tornata in ospedale per una visita di controllo e la ginecologa mi ha confermato che non c’è più traccia di camera gestazionale e che insomma il peggio dovrebbe essere passato. Continua a leggere…
Era da tanto tempo che non scrivo su post-partum. La verità è che non sono stata bene. Speravo di riprendere i post con una bella notizia, ma purtroppo così non sarà.
Ho perso un altro bambino. Ho avuto un aborto interno per la precisione. Dal 24 ottobre, giorno in cui ho scoperto di essere incinta, le settimane sono state molto pesanti: siccome la mia precedente gravidanza era stata extrauterina, ho fatto esami e ecografie ogni settimana fino alla nona, quando mi hanno detto che il feto non era cresciuto e che non c’era alcun battito.
Ovviamente potete immaginare lo shock mio e di mio marito: ci siamo ritrovati nel giro di 6 mesi a dover rivivere l’incubo di marzo, solo che questa volta avevamo qualche speranza in più visto che l’impianto era in utero e le beta crescevano bene. Io mi sentivo tranquilla perché non avevo perdite né dolori e persino dopo la comunicazione dell’aborto ho continuato ad avere i sintomi della gravidanza, come le nausee.
In un attimo il nastro del tempo è stato riavvolto indietro veloce e ci si siamo ritrovati seduti nella stessa sala d’attesa dove la prima volta mi avevano diagnosticato la GEU. Ancora una volta ero seduta vicino a delle mamme con i pancioni che si salutavano e facevano le congratulazioni felici.
Non so perché proprio a noi. So che abbiamo già due bimbi in cielo che ci proteggono, ma fa tanto, tanto male. Sono davvero esausta, senza parole. Spero almeno di potermi evitare il raschiamento se riesco a espellere tutto da sola. Purtroppo questa volta non mi vengono in mente frasi di speranza. In questo momento scelgo coscientemente di vivere il mio dolore. Ho bisogno di non farmi forza. Ho bisogno di piangere. Ho bisogno di stare male e di attraversare questa perdita che per la seconda volta in poco tempo ci ha colpiti.
In tutto questo devo ringraziare apertamente mio marito, che – seppur provato – non mi ha mai lasciato sola un secondo. Siamo insieme da 8 anni e già abbiamo dovuto superare tante prove: se non è amore questo, non so come altro si possa chiamare. Per fortuna c’è lui e ci sono le mie bimbe, che in questo momento non hanno una mamma al 100%, ma che presto tornerà ad esserlo. Vorrei anche ringraziare Elena di Periodofertile, che mi ha ascoltato passo passo e che ha fatto il tifo per noi. Ringrazio le mie amiche, quelle vere, che non hanno detto parole di circostanza, ma che sono state zitte ad ascoltarmi.
“Ma forse Sally è proprio questo il senso, il senso/del tuo vagare/forse davvero ci si deve sentire/alla fine un po’ male/ forse alla fine di questa triste storia/qualcuno troverà il coraggio/per affrontare i sensi di colpa/e cancellarli da questo viaggio/per vivere davvero ogni momento/con ogni suo turbamento/e come se fosse l’ultimo”. In fondo la vita è questa: imprevedibile, mutevole, e va celebrata anche nei momenti terribili.
Adesso è il momento del lutto, ma anche da questa nuova perdita ci sarà una rinascita. Ne sono sicura.
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Ci sono vicende che accadono e ti chiedi perché. Perché proprio a te, che cosa hai fatto di male. In fondo non chiedevi poi tanto, volevi solo vivere una vita semplice fatta di cose normali, come una famiglia, dei figli, un lavoro che ti piace. Alexandra – la protagonista di Parlami di lei, romanzo della giornalista di Io Donna Michaela K. Bellisario – sembrerebbe avere tutto: un impiego che le permette di viaggiare, un marito che la ama, una bella casa e una bimba in arrivo quando ormai non ci sperava più. In un attimo tutto questo scompare e scopre com’è trascorrere i propri giorni sprofondata nel dolore. Una storia che ha vissuto in prima persona Michaela, che nel 2011 ha perso la figlia appena nata rischiando anche lei di morire.
Ho incrociato la storia di Michaela per caso (ma davvero sarà così?) questa estate, mentre non stavo bene per via dell’aborto. Le ho scritto proponendole l’intervista e quello che leggerete è la testimonianza preziosa di una donna che ha saputo – come viene riportato nel libro – “trasformare il suo veleno in medicina”, un concetto chiave del Buddismo che dovrebbe valere per tutti noi quando pensiamo di non farcela. Continua a leggere…
Ho scritto ampiamente sul mio post aborto, sull’importanza del non dimenticare, a quanto mi dicessero che “tanto tu sei forte”, alla necessità di piangere senza averne il tempo. Ebbene. Posso dire che dopo questo periodo di merda – perché non esistono parole migliori – finalmente comincio a stare meglio. E’ avvenuto quel famoso punto di svolta che mi ha permesso di compiere il percorso di risalita che fino a qualche tempo fa mi sembrava impensabile. Continua a leggere…
Stamattina facendo colazione ho trovato questo messaggio: “La pazienza paga”. Eppure mi pare che per il momento non funzioni. Il 14 giugno saranno 3 mesi da quando ho abortito. Tre mesi in cui io non abbia pensato un solo giorno a quello che mi è successo. Adesso avrei una piccola pancia di 4 mesi e forse saprei se avremmo avuto un’altra femmina o un maschio. Ho un’amica incinta che non riesco a vedere, non riesco proprio a condividere la sua gioia. L’altro giorno suo marito ci ha mandato le foto dei mobili che stanno montando per il bambino e un tempo avrei scritto molte parole piene di contentezza. Invece mi sono irrigidita e sono rimasta di pessimo umore per il resto della serata. Continua a leggere…