Chiara Bertora “Erodaria”: “Ci sono tanti modi per essere madri e va bene così”

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Se di mestiere non facesse l’agronoma, potrebbe fare benissimo la scrittrice. Oggi infatti intervisto l’autrice di un blog che amo molto perché 1) è scritto benissimo (cosa da non sottovalutare) 2) l’ho scoperto per caso e un po’ come l’amore, il buon vino e un bel libro, ciò che si trova senza cercarlo è il meglio che possa capitare. Lei si chiama Chiara Bertora ed è mamma di tre figlie: Signorina A, Mademoiselle C (giovani seienni) e Miss T (appena duenne). La sua quarta creatura si chiama “Erodaria” e questa è la sua storia.  Continua a leggere…

Perché la rivoluzione deve cominciare dalle madri

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Ho partecipato in Rete ad un dibattito su quanto sia difficile per una donna ammettere di stare male una volta divenuta madre. Proprio in questi giorni una ragazza di 22 anni si è impiccata dopo aver forse soffocato il proprio bambino di 5 mesi. Ovviamente la depressione post partum è stata subito tirata in ballo; sembra che la giovane fosse in vacanza assieme alla nonna del piccolo per potersi riprendere dalla malattia.Purtroppo, come sappiamo, dalla dpp non ci riprende spontaneamente, non basta cambiare aria per fare andare via i brutti pensieri. Posso scommettere che per Cecilia – questo era il suo nome – fossero davvero tanti, visto che era stata abbandonata anche dal padre di suo figlio. Forse avrà pensato che non poteva soffrire così, che non era giusto e che neanche il bambino avrebbe dovuto.

Nessuno si è accorto di nulla, prima. Mi domando perché nei corsi pre parto si parli di tutto tranne che di quello che potrà accadere dopo; forse perché le mamme stesse pensano di essere migliori di quelle poverette che invece non ce la fanno. Perché a volte a me le future madri fanno paura, così ignoranti nella loro sorda felicità. Non si tratta di spaventare, di dire che tutto andrà male e che i mesi successivi alla nascita saranno un rincorrersi di brutti momenti, ma semplicemente di dare un’informazione.  Se poi la si vuole seguire è una libera scelta, però intanto è entrata in circolo.

Deborah Papisca, una delle prime che in Italia ha parlato di dpp anche grazie al suo libro “Di materno avevo solo il latte” ha detto una cosa giusta: la rivoluzione deve cominciare dalle madri. Non possiamo pretendere che siano i sanitari a farlo per noi, perché spesso appunto nessuno si accorge di nulla. Non possiamo pretendere che siano i nostri famigliari a farlo per noi. Dobbiamo essere noi a cominciare appunto una rivoluzione culturale e sociale. 

Se la società di oggi è cambiata, perché non si può ammettere che sia cambiato anche il modo di essere madre? Paradossalmente oggi una donna in gravidanza e poi neo mamma ha a disposizione molte più risorse informative, eppure la mamma deve corrispondere ad un archetipo, che di per sé è un concetto vecchio di secoli. Perché se ci pensate bene, come gioca una bambina a “fare la mamma”? In maniera dolce, paziente, amorevole. E’ quasi come se l’archetipo fosse introiettato nel gene femminile fin dalla nascita. Ed è sbagliato. Ci sono centomila modi di esserlo, ma una cosa secondo me dovrebbe accomunarli tutti: la verità. 

Dovremmo essere noi le prime  a promuovere una maternità “taylor made”, su misura per ciascuna di noi, un po’ come il piano del parto. Da qualche tempo si può scegliere come partorire, chi avere vicino, in quale posizione si sta più comode per il travaglio. Ecco, ognuna può fare come vuole e come si sente, senza sentirsi giudicata.

Perché noi madri siamo abilissime in questo: magari a parole diciamo “figurati, fai come vuoi”, ma dentro di noi sappiamo che stiamo agendo meglio, che siamo più brave, che se a quella è venuta la depressione post partum è perché probabilmente c’aveva la famiglia disastrata. Basta solo concentrarsi sull’allattamento al seno. Che due balle. Lo sappiamo: fa bene. Ma se una non riesce ad allattare, o non vuole farlo, che cosa deve fare?

Siamo noi madri che dobbiamo cambiare il modo di vivere la maternità per tutte. Senza paure. Senza polvere sotto il tappeto. Sì alla terapia, ai gruppi di aiuti, ai corsi pre parto dove ti insegnano le emozioni, quelle vere, non quelle della famiglia dei biscotti. E diciamole queste cose, a voce alta. Basta abbassare gli occhi.

Voglio un lavoro per scappare dai miei figli

donna che lavora al computer

Ultimamente mi stanno contattando delle mamme in difficoltà: sono nel pieno della depressione post partum e provo ad aiutarle come posso e come credo, secondo quella che è la mia esperienza. Non potete immaginare quanto si sentano smarrite e confuse, ma quello che più mi colpisce è che spesso tutte, senza saperlo – visto che non si conoscono tra loro – mi dicono: “Vorrei un lavoro per scappare da mio figlio”. Continua a leggere…

Ornella Sprizzi, “mammamatta”: “Confrontiamoci tra madri reali, senza modelli irraggiungibili”

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Ho conosciuto modo di conoscere Ornella Sprizzi – alias mammamatta – tramite un docureality di Rai 3 che si chiama “Sconosciuti”. Lei e suo marito raccontavano la storia della loro famiglia e il modo in cui si è reinventata dopo essere stata licenziata perché incinta. Tutti conoscono i suoi bellissimi lavori: le t-shirt per donne in dolce attesa sono fantastiche (io ho la panza ma non sono aspetto nessuno, magari mi compro quella con la scritta “Portami la cioccolata e nessuno si farà male“), così come le stampe per la casa e per la stanza dei bambini. L’ho intervistata per capire la sua esperienza di quasi tris mamma (a breve arriverà una femminuccia).

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#bastatacere: è davvero informazione?

Pancia donna incinta

In questi giorni sta imperversando sui social il movimento #bastatacere dove si incoraggiano le donne a raccontare in forma anonima della violenza ostetrica che hanno subìto durante il parto. Spesso si parla della nascita come di un momento magico e meraviglioso – e per molte lo è per carità – ma quando le cose vanno male si tenta – almeno ad oggi – di non dirlo. Quasi come se ci si vergognasse perché il proprio corpo non è stato in grado di avere un travaglio veloce e di aver partorito senza epidurale. Continua a leggere…

Perché sono una brava mamma.

cuore con crepa

E’ arrivato aprile. Per noi è un mese di festa perché sono nate entrambe le nostre figlie: Paola il 15 e Vittoria il 21. Eppure  – nonostante la gioia per i compleanni – per me con questo mese inizia anche l’inquietudine. Un’ inquietudine che cominciava proprio nella notte di quel lunedì di 3 anni fa quando alle 3 di notte mi si ruppero le acque e non sapevo ancora cosa mi sarebbe successo. Continua a leggere…

Patrizia De Lio, psicoterapeuta: “La società ci vuole madri, ma non ci aiuta ad esserlo”

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Oggi un’intervista che mi ha fatto commuovere. Perché Patrizia De Lio ha scelto di condividere con me la sua esperienza di psicologa e psicoterapeuta con un vissuto particolare: sua madre ha sofferto di depressione post partum. Come sapete anch’io ho scoperto di avere avuto mia nonna che ha sofferto della stessa malattia e lei racconta qui che cosa ha significato crescere con una strana “compagna” presente nella vita sua e di sua madre. Vediamo che cosa ha raccontato.

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“Ritratti di pancia”: quando la ferita del cesareo diventa un’opera d’arte

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Ho intervistato Gisella Congia in occasione del suo lavoro intitolato Chiaroscuri nella maternità, un progetto fotografico nato nel 2011  in cui  ha fotografato 25 donne nella loro quotidianità di mamme, cercando di indagare senza filtri la vera essenza della maternità, che come sappiamo spesso è un’immagine anni luce lontano dalla realtà.

Ora Gisella è ripartita con un nuovo lavoro, prodotto dall’associazione L’Eptacordio e con la collaborazione de www.oasidellemamme.it: Ritratti di Pancia – Storie di Cesarei e di Ferite Emotive, che appunto mira a parlare della cicatrice lasciata dal parto. Io stessa ne ho avuti due e devo dire che la mia ferita l’ho vissuta in maniera diversa (in che modo lo vedrete alla fine di questo post). Ci sono donne però che si sentono sconfitte dal non aver partorito naturalmente, che non si capacitano di non esserci riuscite e che si sentono in colpa. Questo progetto – definito giustamente da Gisella “sociale” – squarcia il velo dell’omertà che spesso si cela dietro la parola “cesareo”. Lascio a lei la presentazione di Ritratti di Pancia. E grazie Gisella, perché le tue foto aiuteranno tante di noi.

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